sábado, 31 de agosto de 2013

Sogno n.60 Angelo Gabriele anno 2010


Il lavoro dell’angelo non è facile, è pieno di imprevisti; come l’ultimo, quando fui preso e messo in prigione con l’accusa di aver aggredito una donna, per fortuna il Signore mi aiutò facendo cadere l’accusa e potei aiutare altre persone in difficoltà come quel pomeriggio:
Una giovane donna stava seduta in una panchina in un piccolo parco, con in braccio un neonato che strillava e la donna non faceva nulla per calmarlo.
Mi sedetti nella stessa panchina, vicino alla donna chiedendole se le potevo essere di aiuto.
Lei dopo avermi guardato, cercò di dirmi qualcosa, ma dalle sue labbra non uscì nessun suono.
Capii che sia la donna che il neonato dovevano aver fame.
Le dissi che, se mi avesse seguito; in un Bar, le avrei offerto qualcosa da mangiare.
Le diedi il braccio per alzarsi, ma lei, dopo aver tentato di alzarsi, ricadde a sedere.
In quel momento passava un taxi, feci un cenno e il taxi si fermò vicino al marciapiede.
Dopo aver parlato con l’autista, aiutato da lui, aiutammo la donna ad alzarsi e sedersi nel taxi.
Dissi all’autista di accompagnarci ad un Bar lì vicino.
Era a cinquanta metri.
Sempre aiutato dall’autista facemmo scendere la donna e sedersi ad un tavolino nel Bar.
Volli pagare la breve corsa, ma lui non volle niente.
Lo ringraziai e sedetti in un’altra sedia vicino al tavolino.
Come venne una impiegata, chiesi un bicchiere di latte caldo, ben zuccherato e delle brioche.
Mentre la donna mangiava, presi in braccio il neonato che non smetteva di strillare.
Dopo aver cercato in tutti i modi di farlo zittire (compreso mettendogli un dito in bocca); gli scostai i panni che lo avvolgevano, sentii la causa del suo trillare.
Era sporco.
Chiesi all’impiegata se voleva prendere il mio posto che, sarei andato ad una farmacia a comprare quello che mi serviva.
Per fortuna, la farmacia rta lì vicino.
Stava chiudendo, ma sentendo la mia necessità, mi fece entrare, così potei prendere dei pannoloni e tutto quello che serviva per il neonato.
Tornato al Bar, vidi che la donna aveva ripreso in braccio il suo neonato.
Insieme, al bagno, sull’opposita tavola, sfasciammo il neonato, che poi era una neonata; lavata, asciugata e ricoperta, tornammo al tavolino.
« Se mi dice dove abita, l’accompagno a casa. »
Con le lacrime che cominciavano a scenderle, disse di non sapere dove andare.
« Se si fida di me, cercherò di aiutarla. Per questa notte dovremo andare in un Hotel, domani si vedrà. »
Non avendo altra scelta, accettò.
Uscimmo dal Bar, dopo aver chiesto dove potevamo trovare un Hotel, lì vicino.
Proprio accanto al Bar c’era un negozio di borse e valigie.
Entrammo e comprai una borsetta per Olga e una buona valigia per me, ci mesi gli oggetti comprati in farmacia, dopo aver pagato, uscimmo e porgendogli il braccio, ci dirigemmo verso l’Hotel indicatoci.
Dopo aver consegnato il mio documento, ritirammo la chiave e saliti al secondo piano, entrammo nella stanza 212.
Come entrammo in camera vidi dall’espressione di Olga che avrebbe preferito due
letti separati.
La tranquillizzai dicendole che, avrei dormito nella poltrona.
Quando Evelina (la neonata) cominciò a strillare (segno che aveva fame) e Olga si vergognava a mistrarmi un seno, dissi che avrei fatto due passi.
Scesi al piano terra dove, avevo visto che c’era un ristorante.
Dicendo ad un cameriere che mia moglie non stava bene, se poteva mandarci la cena in camera.
Scelsi un menù leggero, poi tornai in camera.
Bessai alla porta e dopo aver detto chi ero, Olga aprì la porta e mi fece entrare.
« Ho ordinato la cena, ce la dovrebbero portare tra non molto. »
« Me lei poi cosa vuole in cambio? »
« Niente! Non ci crede? Vede, io sono un angelo e gli angeli sono fatti per aiutare il prossimo senza chiedere nulla in cambio. Non crede, sia un angelo? Va bene, vorrà dire che sono una buona persona che si chiama Angelo Gabtilele. Così va meglio? »
Dopo che ci fu servita la cena, mangiato e fatto portare via i piatti vuoti, chiesi ad Olga se mi voleva raccontare la sua storia.
Olga era bulgara, aveva fatto parte dell’ochestra sinfonica di Sofia come flautista.
Il lavoro le piaceva, solo che era mal pagata; oltre a suonare nei vari concerti, doveva lavorare in una fabbrica tessile.
Durante una tourné in Italia a Milano, era fuggita dalla casa dove erano ospitate.
Cercò di farsi assumere nell’orchestra sinfonica della Scala.
Non avendo i documenti (le autorità bulgare per evitare fughe, toglievano loro i passaporti ogni volta che l’orchestra andava all’estero.
Senza documenti, la volevano far prendere dai carabinieri.
Per paura di venir poi ricondotta dove c’erano gli altri e venir punita, fuggì di nuovo e dopo aver girato senza meta per la città, si incontrò con altri due musicisti che stavano suonando in una piazzetta.
Uno era russo, si chiamava Dimitri e suonava la chitarra russa (Balalaika), l’altro era rumeno, si chiamava Boris e suonava la fisarmonica.
Finito di suonare e raccolti i soldi che venivano gettati in una scatola, Olga si presentò.
Quando era fuggita aveva portato con sé il suo flauto.
Fu accolta a far parte del duetto.
Dimitri e Boris abitavano in una soffitta che avevano in affitto.
Avevano solo un letto e Olga dovette dividerlo con loro.
Sulle prime, la lasciarono in pace, ma poi: prima Dimitri dicendo che era innamorato di lei, la prese, poi fu la volta di Boris, alla fine, dovette subire da tutti e due, fino a quando non rimase incinta.
Erano a Mantova, quando non riuscì più a suonare e a stare in piedi, fu accompagnata in ospedale.
Lasciata in una sala d’attesa, dicendo che andavano a sistemare il suo ricovero, l’abbandonarono lì fino a quando fu presa dalle doglie e portata nella sala parto.
Quando fu dimessa, non volle tornare nella soffitta dove stavano Dimitri e Boris. Cominciò a camminare senza meta, senza mangiare nulla, fino a quando sfinita si era seduta nella panchina.
Se non fossi passato di lì, sarebbero morte durante la notte.
Fu il Signore a guidare i miei passi.
Quando vidi Olga sbadigliare, andai al bagno, dando a lei la possibilità di spogliarsi e mettersi a letto, poi presa una coperta, mi sistemai nella poltrona e dopo aver pregato il Signore, mi addormentai.
La mattina, dopo aver fatto colazione, uscimmo e trovato un Centro Commerciale e il reparto, comprai tutto quello che serviva a Evelina, a Olga e per me.
Con tante buste tornammo in Hotel.
Due notti dopo, Olga mi permise di dormire con lei.
Non facemmo l’amore, perché gli angeli non hanno sesso: ne maschile ne femminile.
Il terzo giorno cercai un’Agenzia Immobiliare e lì con Olga dissi che cercavamo un appartamento nuovo da comprare, in una zona tranquilla.
Ne avevano, ma non a Mantova, ma a Brescia, se per noi andava bene, ci avrebbe accompagnato.
Per noi, un posto valeva un altro.
Ne visitammo diversi, fino a trovare quello che piaceva ad Olga, lo prendemmo.
Il contratto di acquisto e gli altri contratti, furono fatti a nome di Olga Scultz.
Sculz era un cognome tedesco, si vede che Olga era figlia di un tedesco e di una bulgara.
Grazie ad un amico angelo, ottenni i documenti di Olga e il permesso di soggiorno.
Essendo proprietaria di un appartamento, sarebbe stato più difficile che non gli avessero nel futuro, rinnovato il Permesso di Soggiorno.
Continuammo a stare nell’Hotel Paradiso di Brescia, fino a quando l’appartamento non fu completamento arredato, poi ci trasferimmo lì.
Un giorno mentre stavo uscendo dalla doccia (anche gli angeli fanno il bagno), Olga entrò nel bagno e mi vide; restò bloccata per quello che vide.
Una volta terminato di asciugarmi, tornai in camera.
« Te lo avevo detto che gli angeli non hanno sesso, ora mi hai visto e avrai capito, quando ti dissi che ero un angelo. »
Un giorno, tornando a casa, dal mio giro di buone azioni, presi la mano sinistra di Olga e le infilai al dito anulare una fede d’oro, dicendole: « Ora quando uscirai a portare a spasso Evelina, non ti dovrai vergognare, potrai sempre dire di essere sposata, anche se non è vero, purtroppo gli angeli non si sposano. »
Un altro giorno tornando da Milano le portai un regalo.
Aprendolo, vide il suo flauto.
Era il suo flauto, perché nella custodia c’erano le sue iniziali.
« Il mio flauto, come l’hai trovato, l’avevo lasciato a casa di Dimitri. »
« Mi trovavo a Milano e l’ho visto in un negozio di strumenti musicali. »
« Non sò come ringraziarti? Il mio flauto...il mio flauto. »
Mi abbracciò e mi diede un bacio.
« Quando Evelina sarà più grande e tu vorrai tornare a lavorare in una orchestra sinfonica, ti farò assumere, noi angeli abbiamo molte conoscenze. »
Una mattina svegliandomi, sentii che quel giorno stava succedendo qualcosa.
Mi vestii e salutando Olga con un bacio, uscii di casa e andai, dove il Signore guidava i miei passi.
Accanto al parapetto di un ponte, vidi un uomo che stava scavalcandolo.
Feci una corsa e lo bloccai.
Aveva una corda al collo e una grossa pietra legata.
« Ma che fà, è matto? »
« Lasciami, lasciami, voglio morire, voglio morire. »
« Perché vuoi morire? La vita è tanto bella, non la puoi buttare via. »
« Perché sono un disgraziato. »
« Senti perché non andiamo a prenderci un caffè, ne parliamo un pó e poi se non ti posso aiutare, non mi opporrò al tuo suicidio. »
Convinto, mi seguì.
Poco dopo seduti in un tavolino un pó appartato, iniziamo le presentazioni.
« Mi chiamo Angelo, sono un imprenditore, e tu? »
« Mi chiamo Augusto e sono un ingegnere fallito. »
« Fallito, perché? »
« Perche sono un viziato al gioco. Gioco e perdo e più perdo e più continuo a giocare. Per il mio vizio mi sono coperto di debiti e ho coperto di debiti la mia famiglia. Non ho più amici, nessuno vuole essere amico di uno che chiede soldi in prestito e non li restituisce. Ecco perché mi voglio uccidere. La mia vita, ormai non vale più nulla. »
« Non è vero, ci si può sempre fermare e ricominciare una nuova vita. »
« Non è vero, mi dispiace per il tuo tentativo di convincermi. Ora se non ti dispiace, torno al ponte e la faccio finita. »
« Va bene, come promesso non interferò nella tua decisione. »
Mentre Augusto mi parlava di lui, mi ero portato alle sue spalle e massaggiandogli le tempie, con il pensiero e con l’aiuto del Signore, gli facevo odiare il gioco.
Usciti dal Bar e diretti verso il ponte, passammo vicino ad una casa da gioco.
« Senti Augusto, mi è venuta voglia di giocare un pó di soldi, tu che sei un esperto mi devi dire come devo fare. »
« Vuoi giocare? Non lo fare, finirai per prendere il vizio e ti rovinerai come me.»
« Va bene, vorrà dire che darò i soldi a te e tu giocherai per me. »
« No! No, non voglio più giocare, per me il gioco è finito, se potessi ritornare indietro, non mi farò più invischiare dal vizio del gioco e sconsiglierò tutti di non giocare. »
« Allora se non vuoi giocare, ti darò un lavoro per la tua specialità. Vedi, faccio parte di una società di costruzioni e da un pó che andiamo alla ricerca di un buon Ingegnere, se vuoi lavorare, ti farò una lettera di presentazione. Dato che non vuoi più giocare e vuoi ricominciare una nuova vita, tanto per cominciare, torna a casa, torna dalla tua famiglia. »
« Dalla mia famiglia, con che coraggio mi ripresenterò, dopo tutto quello che ho fatto per loro. »
« Se hai paura di ripresentarti, ti accompagnerò. A proposito hai fratelli? »
« Ne ho sette, perché? »
« Tua moglie li conosce tutti? »
« Non tutti. »
« Benissimo, allora sarò tuo fratello Angelo. »
« Ma tu non sei mio fratello. »
« È vero, ma come dice il Signore Dio; siamo tutti fratelli. Sarò tuo fratello per finta, solo tu lo saprai. Allora che ne dici fratello Augusto? »
Restando d’accordo, chiamai un taxi e ci facemmo portare dove abitava Augusto.
Arrivati davanti la porta dell’appartamento dove abitava, Augusto non voleva suonare il campanello, lo feci per lui.
Aprì la porta una donna che, anche se non era tanto giovane, non per questo fosse di mezza età, a occhio e croce, non doveva avere più di quarant’anni.
« È questa l’ora di tornare, dove sei stato tutto il giorno? Di certo a giocare. »
« No! Non stava a giocare, era in cerca di lavoro, ci siamo incontrati per caso. »
« E lei chi è, un creditore se è venuto a chiedere soldi, ha sbagliato porta. »
« No! Non sono venuto a chiedere soldi, semmai sono venuto a portarli. Mi chiamo Angelo e sono il fratello di Augusto. »
« Tuo fratello, non mi hai mai parlato di lui? »
« In famiglia siamo tanti e non tutti andiamo d’accordo. »
« Se è il fratello di mio marito, allora è anche mio cognato. Si accomodi, purtroppo non le posso offrire un caffè, per colpa sua non abbiamo neanche un tozzo di pane. »
« Allora vorrà dire che vi inviterò a cena in un buon ristorante e mentre mangeremo, mi direte dei vostri guai, vedrò come posso rimediare. »
Poco dopo, Augusto, Anna (la moglie), Maria (la figlia) e Mario (il figlio), seduti a tavola a mangiare: Fettuccine all’uovo con il ragù alla bolognese e un bicchiere di Chianti (Coca Cola per i ragazzi), parlavamo del più e del meno.
« Come ho detto ad Augusto, faccio farte di una società edilizia e cercavamo un buon Ingegnere, ho chesto ad Augusto se vuole lavorare per noi. Non mi ha dato ancora la risposta, allora accetti o non accetti. Ti verranno dati tremila Euro al mese più i premi di trasferta. Che mi rispondi? L’unica cosa che però devi promettere, non giocare più e pensare solo alla famiglia. »
Rispose Anna per lui: « Accetta, se non accetta, chiederò il divorzio. »
« Va bene, accetto e prometto di non giocare più. »
« Allora siamo intesi, domanimattina ti presenterai all’ufficio assunzioni con questa lettera, comincerai subito a lavorare. Per i tuoi debiti, li salderò io, poi me li ridarai con comodo. Ora però vi devo lasciare, mia moglie starà in pensiero, ci rivedremo domani mattina. »
Pagai il conto e chiamato un taxi mi feci riportare a casa.
Olga stava già a letto, cercai di non svegliarla.
Fu Evelina a svegliarla.
Mentre l’attaccava al seno volle sapere come era andata la giornata.
Le raccontai tutto e anche di quello che avrei fatto il giorno dopo.
« Solo un angelo poteva fare quello che hai fatto tu. Ora sì che credo che esistono gli angeli. »
« Ti ringrazio, ma non devi dimenticare di ringraziare sempre il Signore di averci fatto incontrare e di tutto quello che hai e di quello che avrai in futuro, lo devi più a lui che a me. »
« Te lo prometto, pregherò sempre il Signore, come mi hai insegnato tu. »
Il giorno dopo ero di nuovo a casa di Augusto e dopo aver saldato tutti i debiti con la mia Carta di Credito, portai Anna, Mario e Maria ad un Centro Commerciale dicendo loro di comprare tutto quello che volevano, avrebbe offerto lo zio Angelo.
Anna e Maria si comprarono dei vestiti, Mario volle un compiuter dicendo che quello che aveva glielo aveva preso il padre.
Tornati a casa diedi ad Anna la mia Carta di Credito dicendole: « Questa Carta non dà soldi, paga solo, ma non paga tutto, paga solo le cose necessarie. Non vi preoccupate, quando Augusto tornerà a guadagnare, me la ridarete. Un’altra cosa, tra due mesi devo battezzare mia figlia Evelina, vorrei che tu e mio fratello foste i suoi padrini, accettate? »
Anna dandomi un bacio (sulla guancia) disse: « Accetto, sarà un onore. »
Salutandola, me ne tornai a casa.
Poi mi sono svegliato; era stato solo un sogno, un bellissimo sogno.





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