domingo, 18 de agosto de 2013

Sogno n.11 La Dittatura in Italia

 
Eravamo appena giunti all’aereoporto di Roma – Fiumicino, quando ci accorgemmo che, le cose erano cambiate.
Appena sbarcati dall’aereo, ci chiesero di documenti e lo scopo della visita in Italia.
Chi era di transito, fu deviato per un altro percorso.
Chi era in visita, un’altra direzione.
Chi aveva famiglia o andava a trovare amici o parenti; se lui o lei era italiano/a, veniva diviso.
La scusa era: Controllo.
Quale controllo? Non ci fu chiarito.
Anche io e mia moglie Maria, fummo divisi.
Prima di lasciarci, rimanemmo d’accordo, di ritroverci nell’atrio.
Ritirai i bagagli e aspettai l’arrivo di mia moglie.
Come tanti altri: chi marito o moglie.
Il tempo passava ma, non arrivò nessuno.
Eravamo tutti preoccupati; nessuno ci dava spiegazioni.
Quando le cose sembravano deteriorare, ci fu comunicato che: le mogli o i mariti stranieri, venivano espulsi dall’Italia come indesiderati e riimbarcati per i loro rispettivi paesi.
Ma come era possibile?
Che era successo?
Perché?
Nessuna risposta.
A questo punto, tanto valeva, tornare a Lisbona.
Andai al chek-in della Tap.
Gli impiegati della linea aerea non erano portoghesi ma italiani e per quanto riguardava il ritorno, non potevo utilizzare lo stesso biglietto perché aveva la data prefissata e  se volevo prendere l’aereo per Lisbona, dovevo pagare di nuovo.
Domandai, che fine aveva fatto il personale portoghese, mi fu risposto che era stato rimandato in Portogallo come tutti gli stranieri.
Chiesi, come mai, che era successo?
Risposero in modo sgarbato di leggere il giornale perché loro non erano tenuti a dare risposte senza autorizzazione.
Comprai il giornale “ Il Messaggero “ e lessi che: in Italia, c’era sta-to un Colpo di Stato e il nuovo Governo, si era staccato dalla Nato e dal M.E.C e in Italia ci dovevano vivere solo gli italiani.                                          
Per saperne di più, andai a casa di mia sorella e da lei seppi del caos che regnava in Italia.
I detenuti stavano fuori e facevano parte della guardia del Dittatore e gli oppositori, stavano in prigione.
Le famiglie miste le avevano divise e i figli stavano con il padre; se era italiano, in Italia, se era straniero, seguivano il padre nella sua terra.
Alle mogli o ai mariti italiani davano una scelta: se restavano in Italia, il loro matrimonio, non aveva più valore, se volevano seguire il coniuge, lo potevano fare, ma dovevano lasciare tutti i loro beni in Italia.
In Italia sembrava essere tornati al tempo del Fascismo o Nazismo; c’erano le
Brigate Partigiane che lottavano contro la Dittatura e c’erano esecuzioni sommarie, quando venivano presi.
Telefonai in Portogallo a Miguel, raccontandogli quello che era successo.
Quando Maria sarebbe tornata in Portogallo, di farmi telefonare, che sarei ripartito pure io.
Quel giorno passò, senza nessuna notizia di Maria.
Così pure gli altri giorni passarono e di Maria nessuna notizia.
Andai allo studio del mio avvocato e anche lì trovai il caos.
Lo studio era sovraccarico di lavoro.
Con il colpo di Stato, c’erano stati molti arresti e i familiari si rivolgevano agli avvocati (così voleva la nuova Legge) per avere notizie e il rilascio dei loro cari.
Sapendo come è lenta la giustizia, non mi restò altro che aspettare.
Tutte le sere telefonavo a Miguel, senza avere notizie di Maria.
Ero preoccupato.
Anche il mio amico Claudio era preoccupato sulla fine della sua moglie Isabel; in Portogallo non era tornata e lui e i suoi figli stavano in pensiero.
Non ci si poteva neppure rivolgere ai preti delle varie parrocchie perché avevano paura, dopo che avevano saputo quello che era successo al Vaticano.
Essendo il Vaticano indipendente dallo Stato italiano, era stato isolato dalla città con una muraglia tutta intorno e il Papa essendo tedesco, se non voleva tornare in Germania, non gli era concesso di girare liberamente per l’Italia.
Passai più di un mese in ansia e ripartii per il Portogallo solo dopo che Miguel mi telefonò annunciando l’arrivo della madre.
Con la mia partenza, dovetti firmare una carta in cui rinunciavo alla cittadinanza italiana con tutti i diritti che comprendeva, come pure, la mia pensione.
M’importava poco, quello che m’importava era mia moglie non la cittadinanza italiana.
Come arrivai a casa di Miguel, trovai mia moglie in uno stato terribbile,  raccontandomi tra le lacrime, quello che aveva passato quando stava presa.
Mi raccontò di stare con altre donne e che venivano trattate peggio delle bestie; dovevano subire violenze fisiche e i peggiori maltrattamenti.
Sentendola parlare sentii una rabbia tremenda.
Volevo tornare in Italia per unirmi ai Partiggiani e lottare con gli altri contro tutti quelli che appoggiavano la Dittatura.
Maria me lo sconsigliò e disse di dimenticare tutto.
In Portogallo come in tutti gli Stati del mondo, non c’erano più le Ambasciate d’Italia e gli italiani rimasti erano visti con diffidenza. 
Mi sono svegliato con una stretta al cuore, pensando: « Speriamo che il 2007 non ci porti davvero “ la dittatura in Italia “.
Meno male, fu solo un sogno.
















                                                      


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