terça-feira, 20 de agosto de 2013

Sogno n.33 L'amico, amica anno 2008


Mi è sempre piaciuto andare a cavallo e nei miei sogni, possedevo un cavallo che si chiamava: Vento.
Veloce come il vento.
Purtroppo però non sempre i miei sogni si avverano, così l’unica cosa che mi restava era: noleggiare un cavallo per una settimana o per una sola giornata e andarmene per la campagna o monti, in sella a quello che per quel giorno, era
il mio cavallo.
Ogni anno durante il mese di ferie, andavo a...alla fattoria del signor...e per tutto il tempo che volevo, noleggiavo uno dei suoi cavalli.
Un anno capitai che c’era la fiera del bestiame.
Come tanti turisti me ne andai in giro a curiosare e gira che te rigira, capitai in un recinto dove c’erano i cavalli.
Rimasi vicino alla staccionata a guardare e immaginare di essere un compratore venuto li per comprare dei cavalli.
Stavo lì con i miei pensieri a sognare ad occhi aperti quando mi sentii urtare ad una spalla.
Mi girai e vidi che ad urtare la mia spalla era stato un cavallo.
Era un cavallo pezzato ed aveva come una stella sulla fronte.
Gli accarezzai il muso e lui mi leccò la mano.
Mentre stavo accarezzando quel cavallo si avvicinò il signor...proprietario della fattoria in cui ogni anno noleggiavo dei cavalli.
« Sei venuto a comprare un cavallo? »
« Magari e poi lo porto a Roma nel mio appartamento di città. »
« Se ci mettiamo d’accordo, poi lo puoi lasciare alla fattoria e ogni volta che vieni, sai che questo è il tuo cavallo. E ti risparmi pure di portarti appresso ogni volta quella tenuta che ti fà sembrare un cow-boy. »
Ci mettemmo d’accordo sul prezzo e per lo stallaggio.
Poi gli chiesi se il cavallo aveva un nome.
« A parte il fatto che non è un cavallo, ma una cavalla; ancora non ha un nome, se glielo vuoi dare tu? »
Riguardando la fronte del cavallo, dissi: « Lo chiamerò Stella per quella macchia che sembra una stella. »
Fatto l’affare, fui invitato a pranzo a casa sua dove ebbi occasione di conoscere tutta la famiglia.
Da quel giorno, non avevo l’obbligo di tornare la sera a...per riportare il cavallo noleggiato, alle volte mi fermavo a passare la notte dove capitava.
Un giorno mentre cavalcavo tra le montagne alla ricerca di una fonte, mi imbattei con un ragazzo che aveva tutta l’aria di aver fatto a botte con qualcuno.
Fermai il cavallo vicino a lui e gli chiesi dove potevo trovare una fonte e lui mi indicò con la mano un posto.
Lo ringraziai e mi diressi dove mi aveva indicato.
Una volta giunto, vidi che si trattava di una fonte con una vasca per l’abbeveratoio degli animali.
Dissellai il cavallo e dopo avergli asciugato il sudore, lo lasciai bere e pascolare.






Stesi la coperta sotto una pianta e dalla tasca della sella tirai mezza pagnotta e un quarto di una forma di cacio.
Stavo per cominciare a mangiare quando vidi da dietro un cespuglio il ragazzo.
Lo chiamai: « Puoi uscire fuori, guarda che ti ho visto, vieni a dividere con me quello che ho portato. »
Ma il ragazzo non venne.
« Ma che hai paura, guarda che non ti mangio. Di solito mangio solo pane e formaggio. »
Titubante il ragazzo uscì da dietro il cespuglio e si avvicinò.
Gli tagliai un pezzo di pane e del formaggio e glielo diedi.
Mentre mangiavo il mio pezzo, lo guardai.
Lui aveva già finito.
Si vedeva che aveva fame.
Tagliai un altro pezzo, riservando per me solo un pezzetto e glielo diedi e lui come prima li divorò in un attimo; così pure le mele.
Non avevo più niente da dargli.
« Come ti chiami? »
Lui dopo averci pensato un pó, disse: « Roberto »
« Io mi chiamo Renato e sono di Roma e tu? »
Disse un nome di un posto che non conoscevo.
Poi gli chiesi con chi aveva fatto a botte.
Roberto, dopo un poco disse: « Con il mio padrasto. »
« E perché hai fatto a botte? »
Non me lo disse.
« Mbè! Sono affari suoi », pensai.
« Che fai a Roma? » chiese Roberto.
« Ho un negozio di frutta e verdura. »
« È un lavoro faticoso? »
« Un pó, specie quando c’è d’andare al mercato generale a prendere la roba. »
« Non ti serve una mano? Io sono forte. »
« Tu! Non farmi ridere. »
Roberto alzandosi andò verso il cavallo e dopo averlo accarezzato, ci si mise sotto e...incredibile...lo sollevò.
Non avevo parole dopo quello che avevo visto.
« Quanti anni hai? »
« Diciotto. »
Lo disse troppo in fretta per essere vero.
« Se vuoi venire a lavorare con me, ti dovrai fare una lettera da tua madre che ti autorizza ad andare via di casa e a lavorare per me. Domani in mattinata torno a Roma, se per le dieci e mezza, ti fai trovare alla fattoria del Signor..., vieni con me; se nò, ci rivedremo il prossimo anno. »                                                     
Il giorno dopo, mentre caricavo la macchina, arrivò di corsa e tutto sudato Roberto, che una volta giunto, tirò fuori dalla tasca un foglio e me lo diede.
Nel foglio c’era scritto quello che avevo chiesto.
« Dove sono le tue cose? »
Alzando le spalle disse: « Non le ho. »







« Per ora Sali in macchina, alla roba ci pensiamo dopo. »
Montai in macchina e partii.
Il tempo per arrivare a Roma non era lungo, così non mi fermai a mangiare per strada.
Una volta giunto a casa e scaricata la macchina, andai in cucina e preparai una spaghettata.
Di solito, mezzo chilo di pasta, mi basta per tre giorni, quel giorno Roberto mi fece capire che, mezzo chilo era sufficiente solo per lui.
Roberto anche se più piccolo, aveva la mia stessa misura, così gli potei dare qualche indumento; per la roba intima, gli dissi che l’avremmo comprata alla Standa la cui spesa, gliela avrei scontata con il primo stipendio.
Il giorno dopo, prima di riaprire il negozio, andammo al mercato generale a fare rifornimento settimanale e Roberto fu ammirato per la sua forza.
Andò tutto bene, Roberto lavorava sodo, solo una cosa mi disturbava; quando andava al bagno si chiudeva dentro e non apriva, anche se avevo urgenza.
Mi toccò da comprare due vasi da notte (anche se servivano più di giorno che per la notte), uno per casa, l’altro per il negozio.
Alle mie proteste, rispondeva: « Quando sono al bagno non mi va di essere disturbato, se non ti sta bene, mi andrò a trovare un’altra casa. »
« Nò, nò! Per carità. »
Roberto quando dormiva, non sentiva neppure la sveglia e se non lo scuotevo, non lo avrebbero svegliato nemmeno le cannonate.
Da quando era a Roma, Roberto era cambiato; non era più quel burino che avevo incontrato in montagna, (come si dice a Roma), s’era scafato.
Andava sempre pulito e profumato (neanche fosse una donna) ed era corteggiato da tutte le ragazze de quartiere, che con una scusa o l’altra stavano sempre al negozio a fargli gli occhi dolci.
A Roberto non piaceva il mare, ne aveva paura e non ci fu niente da fare per convincerlo, diceva che al mare, ci si affoga facilmente e mi mostrava i giornali in cui c’era sempre notizia di un affogamento qui, o là.
« Ma al mare non si va solo per fare il bagno, se non ti và, puoi sestare sulla spiaggia e prendere la tintarella, così quando vai al tuo paese, i tuoi genitori e gli amici, invidieranno la tua abbronzatura. »
Al mare non ci veniva e neanche andava al suo paese.
Roberto era un tipo scontroso con le ragazze, non legava con nessuna, fino a quando non conobbe Vincenza.
Vincenza era una ragazza timida e si era attaccata a Roberto come l’edera e non lo lasciava, neanche quando lui la mandava (a quel paese).
Ogni anno durante le ferie, andavo a...e riprendevo la mia cavalla e con lei, me
Ne andavo in giro, in lunghe cavalcate.
Fu così che conobbi Maria.
Maria era una ragazza che aveva otto anni meno di me, anche lei aveva la passione per i cavalli e ogni anno andava con un gruppo di amici a fare lunghe cavalcate.
Ci incontrammo per caso.






Io venivo da una parte e lei con gli altri, venivano da un’altra.
Svoltato una grossa macchia, ci scontrammo.
« Ei! Amici, abbiamo sbagliato strada, siamo finiti in America. Che ci fai cow-boy, stai guidando le tue mandrie? »
Detto questo da una donna, specialmente da una che aveva l’aria di essere una sbarazzina, mi fece diventare tutto rosso e impacciato nel risponderle.
Scostandomi di lato la lasciai passare senza risponderle.
E lei: « Come dicevo, abbiamo sbagliato strada e quello non ha capito quello che ho detto. »
Dopo che erano passati tutti, spronai il cavallo e mi allontanai.
La sera mi fermai in un posto dove si poteva bivaccare e accendere un fuoco.
Avevo cotto delle braciole e mi accingevo a metterle tra due fette di pane, quando vidi un gruppo di cavalieri avvicinarsi.
« Ti dispiace se ci accampiamo anche noi qui? » disse un uomo.
« Per me...potete usare pure il fuoco, quello che dovevo cuocere, l’ho cotto, ora è tutto per voi. »
« Ei! Ma tu non sei quello che abbiamo incontrato prima? E quelle sono le tue mandrie? »
Questa volta non mi prese contropiede e seppi rispondere.
« Non sono le mie mandrie, quando sono arrivato, stavano già lì e poi non ho nessuna mandria. »
« E allora che fai vestito da cow-boy? »
« Oltre al fatto che non ci conosciamo, e poi non ho da dare spiegazioni ad una bambina. »
« Ei! Guarda che non sono una bambina, ho...»
« Comunque sia, sono affari miei. »
E non risposi più alle sue domande.
« Scusa Maria, di solito non fa così, Mi chiamo Claudio e tu? »
« Renato, sono di Roma e mi piaciono i cavalli, tanto che ne ho comprato uno, anzi, una. Si chiama Stella. »
Feci un fischio e la mia cavalla si avvicinò e strusciò il muso alla mia spalla.
« Come hai fatto a comprarla, quanto di ha costato e come fai a mantenerla? »
« L’ho comprata al Signor...che ha una fattoria a...per...Dato che tra l’altro la fattoria è pure un Agro-turismo, così ogni volta che vengo da queste parti, sto alla fattoria e vicino al mio cavallo. »
Parlando del più e del meno, ci scambiammo i nostri biglietti da visita.
Una volta tornato a Roma e al lavoro, capitò Maria con la scusa di fare compere e dopo di allora venne stesso che finì che mi divenne anche simpatica, tanto che, la invitai un sabato a venire a ballare.                                                           
Ci andavo già con Roberto e amiche occasionali, poi ci andai sempre con Maria.
Un anno dopo le chiesi se si voleva fidanzare con me e tre mesi dopo ci sposammo.
Roberto voleva andare via, ma Maria lo convinse a rimanere.
Un sabato mentre eravamo a...a ballare, io con Vincenza e Roberto con Maria, chiesi a Vincenza: « Quando ci mangiamo i tuoi confetti? »
« Quali confetti? Quelli con Roberto non li mangerai mai. »






« Perché? State tanto bene, siete fatti l’uno per l’altro. »
« Il fatto è...che...Roberto non è un uomo, è una donna. »
« Vuoi dire che è un gay? »
« Nò, nò, in verità è...che è proprio una donna, come lo sono io o Maria. »
« Ah! Ora capisco perche si chiude sempre in bagno e perché non vuole andare al mare. Mbè! Mi dispiace sia andata così; eravate fatti uno per l’altro. »
Il lunedì mentre tornavamo dal Mercato Generale dissi a Roberto: « Sò tutto, Vincenza mi ha detto di te; Roberta. Perché ti fai passare per un uomo, se non lo sei? »
« Da quando sono nata che ha sempre saputo che ero nato con il sesso sbagliato, non mi è mai piaciuto giocare con le bambole e ha cercato sempre di sviluppare i muscoli per giocare alle lotte con gli altri ragazzi. Quando era vivo mio padre, lui mi capiva e mi lasciava comportare come un maschio. Dopo la sua morte, il mio padrino, come scoprì che ero una donna, cercò di approfittare di me, ho dovuto lottare, e sono scappato di casa per non cedergli. Sono venuto con te a Roma e lavoro come un uomo, oltre a un tuo lavorante, sono un tuo amico, lo vorrei essere ancora, solo che dovrai scegliere tra Roberto e Roberta. Se scegli Roberto resto, se scegli Roberta, vado via. »
« Per me puoi restare, Roberto o Roberta a me fa poca differenza, se tu vuoi continuare a comportarti come un uomo, rispetterò il segreto. Ora Roberto siamo arrivati e dobbiamo scaricare il camioncino. »
Poi mi svegliai.















                                                                                                        
  

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