Una notte sognai di essere tornato giovane e dopo
essere diventato maggiorenne, ho
sempre fatto il donatore di sangue.
Non per interesse, ma per aiutare il prossimo in
caso di bisogno; le prime volte me lo facevo togliere ogni sei mesi, poi
vedendo che non mi dava fastidio o malore, di miuii il tempo; a cinque, a
quattro o tre mesi.
Un giorno mentre aspettavo il mio turno, qualcuno
vicino a me disse: « Perché oltre a donare il sangue, non doni anche il seme? »
Il seme? Sapevo che chiedevano il Midollo Spinale,
ma del seme, era la prima volta che ne sentivo parlare.
« E quanto me lo pagano? Il sangue lo dò per
salvare una vita, il seme non salva nessuno », risposi.
« A me danno 10 euro, se ti interessa, vai a
questo indirizzo e per il compenso, ti puoi mettere d’accordo »; e mi allungò
un cartoncino, nel quale c’era scritto: Clinica delle Rose, l’indirizzo e il
numero di telefono.
« Porta con te il tesserino di donatore del sangue; fa più effetto ».
Finita la donazione, avevo la giornata di riposo e la passai andando a far
visita a quella clinica.
Arrivato, chiesi allo sportello a chi mi dovevo
rivolgere per le donazioni di seme; mi fu indicato un ufficio.
Ci andai e mi ricevette una donna; tale Dottoressa Chiara ...
Mi presentai e poi dissi che quella mattina a fare
la mia solita donazione di sangue, qualcuno mi aveva suggerito di donare il
seme.
Volevo sapere quanto mi avrebbero dato.
La Dottoressa mi domandò: quanti anni
avevo, se ero sposato e se avevo figli.
Dissi di si e per quanto riguardava i figli; non
potevo avere la certezza che fossero i miei perché come si voleva dire dei
figli: Madre certa, padre incerto.
La dottoressa mi disse che si doveva fare
un’analisi del mio seme per vedere se era riproduttivo o nò.
Dato che avevo donato il sangue non potevo dare il
seme (il darlo mi avrebbe indebolito ancora di più; mi disse di tornare la
settimana successiva.
Quando ci tornai, mi diede una fiala della
grandezza del pene e poi se volevo una rivista per eccitarmi.
Le risposi: « Non ne ho bisogno, mi basta pensare
ad una donna; per esempio a lei, per avere il piacere ».
Alla dottoressa, non fece, ne caldo ne freddo;
sicuramente ci era abituata a quelle frecciate.
Andai nello stanzino e dopo meno di cinque minuti,
tornai con la fiala tappata, quasi piena.
La diedi alla dottoressa che ci mise una etichetta
con il mio nome, poi mi disse che potevo andare, mi avrebbe richiamato al
numero che le avevo dato (quello dell’ufficio).
Passò una settimana prima che mi chiamasse.
Mi invitò ad andare alla clinica e una volta giunto mi fece una proposta:
ad ogni donazione mi avrebbero dato dieci euro.
« Per quella somma, mi tengo il mio seme ».
E lei mi disse: « Lo sà signor Bianchi quanti
donatori abbiamo? Finora nessuno si è lamentato; non sarà lei il primo a farlo.
»
« Mbè! Se avete tanti donatori, potete fare a meno di me. »
Mi alzai dalla sedia e feci per andarmene.
La dottoressa mi richiamò.
« I suoi spermatozzoide sono di ottima qualità, potremmo darle quindici
euro; più degli altri, la prego accetti ».
Lo disse con un sorriso accattivante.
« Lo sà quanto chiedono per un flaccone di sangue
all’Avis o alla Croce Rossa? 200 euro e a noi ci danno un bicchiere di
aranciata e una pasta. Ora il sangue non si dovrebbe pagare, ma lo fanno pagare;
il seme, non lo date gratis; quanto lo fate pagare? Ne voglio la metà. »
« Impossibbile, neanche fosse il seme di un re. E
poi lo sà lei quanti lavori bisogna fare prima che venga iniettato in un ovolo?
»
« A me non interessa, io lo posso iniettare direttamente
alla richiedente; così risparmiate tutti i lavori. »
« Possiamo arrivare a venti euro e non se ne parla più! »
« Avete ragione...non se ne parla più; addio. »
Mi alzai e me ne andai via pensando di non risentirla più.
Invece mi richiamò.
Capii che poi, non erano tanti i donatori di seme.
Una volta nel suo ufficio, la Dottoressa Chiara
mi disse: « Con lei non si può ragionare, se ci ragioniamo con calma, si
potrebbe arrivare ad un accordo ».
Va bene; non
sò quanto lo fate pagare, se voglio lo posso sapere. Per ogni iaculazione in
fiala, mi darete cinquanta euro. Per ogni iaculazione diretta; mi darete il 50%
»
« Il 50% è troppo, e poi come facciamo a sapere se
la cliente ne rimarrà soddisfatta? Facciamo il 5% »
Cominciammo a contrattare: io scendevo, lei
saliva; alla fine ci accordammo al 20%.
« Come fate a sapere che valete tanto? »
« Vedete, quando sono nato, sono stato registrato:
di pura razza ariana. Ora come sapete; la razza ariana era classificata come la
migliore del mondo. Tutti i migliori scenziati sono tedeschi; di certo “ ariani
” , io non sono uno scenziato, ma i miei figli lo diventeranno di certo. »
La dott.sa Chiara rimase impressionata dalla mia spiegazione.
Avendo concluso l’accordo, la salutai e me ne tornai a casa.
Un giorno si e uno nò, andavo alla clinica a dare il mio contributo.
Versavo il seme nella fiala, passavo dalla Cassa e
ricevevuto i miei cinquanta euro pattuiti e me ne andavo via.
Un giorno fui chiamato dalla dott.sa Chiara, mi disse che la cliente voleva
fare la inseminazione diretta.
Non domandai: se era bella o brutta; se giovane o
vecchia; per me, era solo: lavoro.
Mi accompagnò in un gabinetto, dicendomi di togliermi
i pantaloni e gli slip e dopo essermi lavato con un disinfettante, indossare il
camice verde ed entrare per la porta opposta di dove ero entrato.
Quando fui pronto, bussai alla porta, prima di
entrare.
La stanza era in penombra, la donna aveva il sesso scoperto e il viso
coperto.
Mi stesi su di lei.
Quando finii, le dissi: « Suo figlio sarà un bel ragazzo. »
Lei disse: « Grazie ».
Poi andai al bagno a lavarmi e mi rivestii.
Dopo essermi rivesto, passai dalla Cassa per il pagamento.
Di quelle prestazioni non ne ebbi molte, ma quasi
tutte, una volta uscito dalla Clinica, mi aspettavano fuori e con la scusa:
dell’ora o del mezzo che dovevano prendere, finivano per dirmi: « Volevo
conoscere il padre di mio figlio. »
Una volta, la donna che dovevo inseminare, stava tutta rigida e fredda
(sembrava un baccalà).
« Si rilassi; pensi che a starlo a fare, invece di essere io, sia suo
marito. »
« Io non ho marito, sono nubile. »
« Allora come ha fatto per essere accettata? »
« Ho mentito; io voglio un figlio non un marito. »
« Vivi con una compagna? »
« Nò, vivo con i miei genitori. »
« E come giustificherai quando ti crescerà la pancia? »
« Dirò che sono stata illusa da un uomo che poi ha detto di essere sposato.
»
« È un pó complicato e quando tuo figlio o tua
figlia ti chiederà chi è suo padre, cosa gli risponderai? »
« Non lo sò; quando sarà il momento ci penserò. »
« Di regola non ti dovrei prendere e denunciarti alla dottoressa Chiara. »
« Se lo farai; mi ucciderò. »
« Un momento non andiamo sul dramma. »
« Voglio solo un figlio e ho pagato 500 euro per averlo; mi aiuti. »
« Va bene, l’aiuterò, però si rilassi, così mi
impedisce di entrare, pensi a un ragazzo che ha conosciuto e che avrebbe fatto
volentieri l’amore. »
« Non conosco nessun ragazzo, ho vissuto sempre con i miei genitori al
paese. »
« Mbè; allora pensi a me, sono un uomo sposato e non te l’ho detto, mentre
ti ho sempre detto di essere innamorato di te. »
Si cominciò a rilassare e dicendole dolci parole
d’amore, le tolsi la verginità e depositai in lei il mio seme.
Alla fine non accettai nessun compenso extra.
Quando lasciai la clinica per tornare a casa, una
ragazza mi chiese l’ora.
Sulle prime cercai di fare il muto, mostrandole
l’orologio, ma poi non sò come, le dissi qualcosa involontariamente.
Mi ringraziò dicendomi: « Volevo conoscere il
padre di mio figlio. »
« È la prima volta che lo faccio. Quando nascerà
nostro figlio, me lo faccia sapere, lo riconoscerò dandogli il mio cognome,
godrà i stessi diritti dei figli che ho, ma che non ho la certezza che sono
miei figli.»
Gli diedi il numero telefonico dell’ufficio.
Mi diede un bacio e scappò via.
In una di queste prestazioni, ebbi il piacere di farlo con la Dottoressa Chiara.
Anche se aveva il viso coperto e non disse una
parola, ebbi l’impressione di conoscerla, e ne ebbi la conferma quando andai
nel suo ufficio con l’assegno.
Una volta dentro le dissi: « la donna che ho avuto il piacere di conoscere,
non mi ha soddisfatto, mi ha fatto faticare e non ha goduto nemmeno una volta.
»
« Non è vero! », disse la dottoressa e poi
avvampò: divenne rossa come un peperone essendosi scoperta.
Mi avvicinai a lei e le dissi: « È vero, è stata la migliore che ho avuto.
Con lei ho fatto l’amore con vero amore. Mi levi una curiosità; perché l’ho
fatto? »
« Ho sempre desiderato avere di nuovo un figlio,
ma mio marito è sempre preso con i suoi impegni, che ogni volta che glielo
chiedevo, rimandava sempre a Domani, così l’ho voluto fare da sola e con lei. »
« Mbè! Questo mi fa piacere. », e per
dimostrarglielo, strappai l’assegno.
Dopo quella volta, ce ne furono altri di quegli
incontri, ma non nella clinica ma in Hotel dove ci registravamo come: marito e
moglie.
Un giorno dovendo rinnovare la Carta d’Identità, alla voce:
Professione, scrissi: Seminatore; e alla domanda: « Che mestiere è? », dissi: «
Sono specializzato nella semina, come semino io, non lo semina nessuno; salvo
chi ha frequentato il
corso di: Seminazione. »
L’impiegata non seppe che dire e su tutti i
documenti in cui si chiedeva; la professione, scrivevo: Seminatore.
Quando mostrai la Carta d’Identità a Chiara, scoppiò a ridere
dicendo: « Solo tu potevi fare quello che hai fatto. »
Nella mia lunga carriera di seminatore, a conti
fatti, feci fare piì di 299 figli, come un certo prete il cui nome era: Francisco Costa portoghese di Trancoso che
visse nel 1425.
Poi mi sono svegliato.
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