sexta-feira, 30 de agosto de 2013

Sogno n.52 Il Giustiziere della notte anno 2010


Ho sempre sognato di essere un’eroe, come Zorro; difensore dei deboli, punire i cattivi, fare ciò che la giustizia terrena non fà, non riesce a fare o non vuole fare e se stavo aspettando che i malvaggi morissero di morte naturale, passava molto tempo e loro continuavano a fare del male.
Così cominciai a colpire chi faceva del male.
I primi tempi li denunciavo e se poi con le loro amicizie non pagavano il male che avevano fatto, ci pensavo io lasciando come segno, una z sulla fronte fatta con il mio piccolo ma affilatissimo temperino.
Dopo le prime punizioni, i giornali cominciarono a parlare di me, come: Il Giustiziere della notte.
Nessuno mi aveva visto in volto e chi lo aveva fatto, non era andato poi a raccontarlo.
Non portavo la maschera negli occhi come Zorro, ma tante maschere.
Ero un fuorilegge; ma non perché facevo il delinquente, ma perché non rispettavo la legge facendomi giustizia da solo.
Avevo amici fidati e nemici accaniti; tutti mi volevano.
Chi per chiedermi aiuto, chi per uccidermi.
Fu così che conobbi Gina.
Gina era una prostituta.
Lo era diventata non per vocazione, ma con la forza.
Erano passati tre anni e non aveva trovato chi l’aiutasse ad uscirne fuori.
Ci incontrammo a casa della contessa Romanoff, dove lavorava.
Attraverso l’amico Carlo (banchiere), mi introdussi nella Villa Torponia, facendomi passare per un’industriale tedesco; un certo  barone Von Ludovik Rol.
Avevo ottenuto la maschera facciale del barone e con il mio italiano con accento tedesco, fui accettato.
Il vero Barone era un accanito giocatore di poker, anche se perdeva spesso, non smetteva di giocare.
Era anche amante di belle e giovani donne.
In una serata, persi 5 milioni di euro.  Mi rifeci andando a letto con una ragazza.
Una sera scelsi Gina come ragazza di letto e quando fummo soli e coperti, ci mettemmo a parlare.
Un registratore copriva le nostre voci e mettendo gemiti e parolacce in cattivo italiano.
Gina mi raccontò la sua storia.
Aveva sempre vissuto in un collegio delle suore Orsoline.
Una volta raggiunti i 18 anni, fu mandata a servizio a Roma presso una signora.
Aveva la valigia con i suoi vestiti e la borsetta con dei soldi dateli dalla madre superiora.
Con il treno giunse alla stazione Termini e una volta fuori, chiese ad un signore se gli indicasse i mezzi per raggiungere la casa dove doveva andare.
Mentre parlava con quel signore, aveva posato la valigia in terra e mentre quello gli indicava l’autobus che doveva prendere, due ragazzi si erano avvicinati senza farsene accorgere e mentre uno gli prendeva la valigia, l’altro gli strappava la borsetta dalle mani, fuggendo via.
Gina scoppiò in lacrime e quel signore l’abbracciò con fare paterno, dicendole:
« Su non pianga, sono cose che capitano a Roma, non ti puoi distrarre, che subito qualcuno ne approfitta. Comunque ho letto dove devi andare, ti ci porto io con la mia macchina. »
Quel signore aveva un’aria distinta che, Gina si fidò di lui e lo seguì.  Con la macchina uscirono fuori città, giungendo ad una villa.
Una volta dentro, il signore la presentò ad una signora dicendole che era quella da cui doveva andare a servizio.
Dopo aver salutato la signora con un inchino, quel signore se ne andò.
La signora si presentò come Contessa Anastasia Romanoff ultima discendente dello zar di Russia.
Facendole conoscere quali erano i suoi compiti, la contessa l’affidò ad un’altra collega che l’accompagnò nella sua stanza facendole vedere gli abiti che doveva indossare, il giorno dopo.
Quando cenò con tutte le altre ragazze, bevve un bicchiere di succo d’arancia che finito di cenare le provocò un pesante sonno.
Giselle (una compagna) l’accompagnò nella sua stanza.
Una volta sola, si spogliò e non trovando una camicia da notte, si mise a letto con le mutandine e il reggiseno.
Riuscì a dire le preghiere, prima di addormentarsi.
Passò una notte piena di incubi.
Sognò di stare sul letto e i due ragazzi che l’avevano derubata la stavano spogliando. Cercava di reagire, ma non ci riusciva.
Una volta nuda, presero a fotografarla, facendogli assumere varie posizioni.
Come ebbero finito, la rivestirono e la coprirono con le coperte ed andarono via.
Quando si svegliò era tutta sudata.
A colazione ne parlò con Giselle che la consolò dicendole: « È stato solo un sogno; solo un brutto sogno. »
Dopo colazione le fu presentato il “ Principe “.
Il Principe era quel signore distinto che l’aveva aiutata quando era arrivata a Roma ed era stata derubata.
Si presentò baciandole la mano; « Sono il Principe Luigi Pignorelli, vedovo senza prole, alla ricerca di una nuova moglie. Se lei mi accetta, farà di me l’uomo più felice del mondo e lei sarà padrona oltre del mio cuore; di vari castelli sparsi un pó per tutta l’Italia. »
A sentire quella proposta, Gina non voleva credere a quello che aveva sentito.
Sembrava gli fosse stato concesso un miracolo.                   
Accettò senzameno e il Principe rivolgendosi alla Contessa,  disse: « Ci potremo sposare nella sua cappella privata. »
La Contessa Anastasia accettò e fu combinato che la cerimonia si sarebbe svolta nel pomerigio alle 18,30.
Tutta la mattinata la passò con il Principe.
Lui gli parlò dei piaceri che avrebbe avuto una volta diventata sua moglie; delle crocere che avrebbero fatto per tutto il mondo, degli abiti e gioielli che avrebbe avuto; tutto questo e altro, lo avrebbe avuto se lo avesse dimostrato, dandogli piacere.
Verso le 16 avrebbe seguito la sua cameriera Giselle, che l’avrebbe preparata per la cerimonia.
All’ora stabilita, Anna seguì Giselle nella sua camera.
Una volta giunti in camera, Giselle le disse di spogliarsi mentre lei gli preparava il bagno.
Gina si spogliò restando in mutande e reggiseni.
Quando tornò Gisella e la vide così vestita, le andò vicina, dicendole: « Non vorrai fare il bagno con questa roba. » e passandole di dietro, le tolse, il reggiseni e le mutande (in collegio non erano ammessi indumenti ridotti), poi dandole la mano l’accompagnò nella stanza da bagno.
La stanza da bagno oltre alle maioliche, era piena di specchi; dal pavimento al soffitto.
Una volta dentro, la fece entrare nella vasca piena d’acqua calda e spuma di sapone.
Gina avrebbe voluto restare sola per lavarsi, ma Gisella fu perentoria dicendole:
« Sono gli ordini del signor Principe, mi devo accertare che sia ben pulita. Al Principe non piacciono le donne sporche. »
Tenendola in piedi, cominciò ad insaponarla, facendole passare la spugna tra i seni e in mezzo alle gambe.
Gina anche se turbata da tutto quello che Giselle le stava facendo, non si opponeva trattandosi di una ragazza come lei e come lei pure nuda.
Dopo il bagno, l’aiutò ad asciugarsi e facendola accomodare d’avanti ad una specchiera, le prese ad asciugare i capelli con il Phoone e a pettinarla.
Quando i capelli furono asciutti e ben pettinati, Giselle si occupò del viso e del corpo.
Dopo due ore di estenuanti trattamenti, Giselle l’aiutò a vestirsi.
Il vestito da sposa era corto, gli arrivava a malapena sulle ginocchia.
Gina avrebbe preferito un vestito lungo da trascinare, ma Giselle gli disse che era di moda.
Come stabilito alle 18,25 scesero e accompagnati da amici (del Pricipe) e parenti (della signora Anastasia), si diressero verso la cappella dove l’aspettava il Principe e il prete che avrebbe celebrato il matrimonio.
Andò tutto bene, alla fine dopo lo scambio delle fedi e la consueta: « Vi dichiaro Marito e moglie ». il prete rivolgendosi ad Gina, gli disse: « Oltre ai doveri che entrambi avete espresso, tu gli dovrai obbedienza; fare e dire tutto quello che tuo marito ti chiederà, anche se alcune cose ti sembreranno sporche, le dovrai fare, tutto per dare piacere a tuo marito. »  Dopo la cerimonia, ci fu la cena.
Gina sedeva accanto al Principe, che non mancava l’occasione per mettere la mano sotto il tavolo e in mezzo alle sue ganbe.
A lei, questo dava fastidio ma non si opponeva pensando a quello che gli aveva detto il prete.
La cena fu lunga e quando finirono era tardissimo (a detta del Principe) per andare al castello di Bracciano.
Il Principe chiese alla Contessa se poteva rimanere quella notte.
La Contessa ne fu contenta e gli mise a disposizione la stanza rosa; quella dedicata agli ospiti illustri.
Poco dopo furono accompagnati nella stanza e lasciati soli.  
Una volta soli, il Principe le disse: « Qui nessuno ci diturberà e sarà la nostra prima notte d’amore. »
Poco dopo, la stanza fu invasa da una musica soave.
Fu una notte meravigliosa.
Gina fece tutto quello che il Principe (suo marito) gli chiedeva di fare.
Era già mattina quando si svegliò.
Suo marito non c’era, si doveva essersi alzato.
Gina andò al bagno e dopo aver fatto i bisogni corporali, si immerse nella vasca per un bagno rilassatore. Era tutto un dolore.
Gli faceva male tutto il corpo che il Principe aveva posseduto e strapazzato.
Fatto il bagno e asciugata, tornò in camera.
Non volendo rindossare l’abito da sposa, non avendo altro, indossò una vestaglia tutta di seta.
Così vestita lasciò la stanza alla ricerca di suo marito.
Le si fece incontro la Contessa Anastasia, dicendole che suo marito era andato a comprarle dei vestiti nuovi.
La invitò a fare colazione insieme alle sue nipotine.
Finita la colazione, suo marito non era ancora tornato.
La Contessa la invitò, nell’attesa a vedere il filmino del suo matrimonio. 
Gina la seguì in salotto e insieme a loro si unì Giselle.
La fecero accomodare nella poltrona di mezzo.
Sulla sua sinistra si sedette la signora Anastasia, sulla destra, Giselle.
Sulla tela posta nella parete di fronte si cominciò a vedere il filmino.
Ma non era la ripresa che era stata fatta nella cappella; era quello che aveva fatto quando era salita in camera con Giselle per prepararsi per il matrimonio.
La mostrava in tutti i particolari più intimi.
Indignata fece per alzarsi, ma si trovò bloccata nella poltrona da due mani (quella della Contessa e quella di Giselle).
« Lasciatemi, lo dirò a mio marito, quando lo saprà, ve la farà pagare. »
Alle sue parole ci fu uno scoppio di riso.
« Tuo marito? Sai chi è tuo marito? È un uomo che ha tanti soldi da permettersi ogni volta che capita, una verginella come te. E poi, neanche è tuo marito, il matrimonio era finto, come finto era il prete, per farti stare tranquilla e fare tutto quello che il Principe voleva che tu facessi. In cambio ci lasciava filmare il tutto, come tu vedrai.»
Gina vide e sentì tutto quello che aveva fatto in camera con quello che credeva fosse suo marito.
Si voleva alzare, fuggire via, ma non poteva muoversi.
« Perché avete fatto questo; che volete da me? » disse singhiozzando.
« Devi sapere che quella villa dove abito, è pure un bordello in cui vengono tanti signori pieni di grana e si vogliono divertire con le ragazze come te. »
« Volete dire che...dovrò fare la prostituta? Questo non lo farò mai.  
« Lo farai, sì che lo farei, se non vuoi che questo filmino altre ad andare al tuo colleggio, verrà messo in circolazione e tutti sapranno quello che hai fatto. »
Non potendo fare altrimenti, gli toccò di accettare forzatamente.
Per tre anni Gina lavorò per la Contessa, rimase incinta tre volte; tutte e volte dovette dare il suo corpo fino al giorno gli vennero i dolori del parto.
Fu portata in una clinica particolare, dove partorì non sapeva cosa, perché non le fecero vedere cosa aveva partorito.
Gli levarono sua figlia o figlio e una volta ripresa, dovette tornare a lavorare.
Quando i suoi seni erano pieni di latte, c’era sempre chi...mentre la prendeva, si attaccava ai suoi capezzoli e succhiava il latte come se fosse un neonato.
 Ogni anno, in occasione del colpleanno della contessa, alla villa si riunivano tante persone e in quell’occasione, da vari orfanatrofi, arrivavano tante ragazze ancora vergini; che venivano date a chi offriva di più.
Il compleanno della contessa era il 18 Settembre e il quella occasione, lo champagne veniva bevuto come se fosse acqua.
Eravamo in Agosto e avevo poco tempo per prepararmi.
Facendo qualche domanda; qua e là, seppi quale era l’impresa che forniva lo champagne alla contessa e quale era la marca.
Avevo diversi amici (anche tra la polizia), che mi dovevano dei favori.
Così; da uno ebbi lo champagne, da un altro un veleno e da altri, il camion che veniva usato per le consegne.
Avuto lo champagne e il veleno, con una siringa, un tecnico specialezzato, lo introdusse in ogni bottiglia.
Quando l’impresa mandò il camion con lo champagne per la contessa, il camion fu assaltato, svuotato e l’autista sequestrato.
Lo champagne avvelenato, sostituì quello rubato e la consegna fu fatta da me stesso vestendomi con i stessi abiti dell’autista.
Fatta la consegna, andai via e il camion fu portato, nello stesso posto dove era stato assaltato.
Quella sera Gina, le amiche più fidate e le ragazze arrivate, non bevettero lo champagne.
Mezz’ora dopo che era stato bevuto; il veleno cominciò a fare effetto.
Il veleno; oltre che incolore, non aveva odore e sapore.
Nessuno se ne accorse, fino a quando cominciarono a sentire i dolori.
Il veleno era composto da un acido corrosivo e una volta entrato in circolazione, corrodeva tutti i tessuti, provocando una morte attroce.
Quando la polizia e le varie autombulanze non riuscirono ad entrare  nel parco della villa (un camion carico di pietre, alcune molto grosse, si era ribaltato, di fronte al cancello della villa, ostruendone il passaggio.
Solo dopo diverse ore, erano riusciti a farsi un largo ed entrare.
Chi aveva bevuto lo champagne non era sopravissuto.
Tra i morti, oltre la Contessa, Giselle e altri collaboratori, c’erano vari Senatori e Deputati, Giudici, Avvocati, Il primario della Clinica Salus (di proprietà dei vari padroni di bordelli), Registi e Attori del cinema e della televisione, un Cardinale, due Vescovi, quattro Preti e le Badesse dei vari orfanatrofi che fornivano il bordello, di ragazze future prostitute (tra cui Suor Terensia), la Badessa delle Orsoline.
Tutti i morti avevano sulla fronte il mio segno (fatto con il temperini), una Z.
Dopo aver ispezionato la villa, oltre alle ragazze-prostitute, trovarono tanti bambini e bambine (figli di prostitute) che venivano usati dai pedofili che, lì si trovavano.
Documenti, foto e filmini porno, dove ritrattavano gli invitati in verie posizioni con ragazze e bambini.
Prima dell’arrivo della polizia, io ed Anna avevamo sottratto diversi fascicoli.
Chi non era presente alla festa, avrebbe ricevuto lo stesso trattamento quando meno se lo sarebbero aspettato.
Quando non funzionava la Giustizia, ci pensava...Il Giustiere della notte.
Peccato sia stato solo un sogno.

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