Ho sempre sognato di essere un’eroe, come Zorro;
difensore dei deboli, punire i cattivi, fare ciò che la giustizia terrena non
fà, non riesce a fare o non vuole fare e se stavo aspettando che i malvaggi
morissero di morte naturale, passava molto tempo e loro continuavano a fare del
male.
Così cominciai a colpire chi faceva del male.
I primi tempi li denunciavo e se poi con le loro
amicizie non pagavano il male che avevano fatto, ci pensavo io lasciando come
segno, una z sulla fronte fatta con il mio piccolo ma affilatissimo temperino.
Dopo le prime punizioni, i giornali cominciarono a
parlare di me, come: Il Giustiziere della notte.
Nessuno mi aveva visto in volto e chi lo aveva fatto,
non era andato poi a raccontarlo.
Non portavo la maschera negli occhi come Zorro, ma tante maschere.
Ero un fuorilegge; ma non perché facevo il delinquente,
ma perché non rispettavo la legge facendomi giustizia da solo.
Avevo amici fidati e nemici accaniti; tutti mi volevano.
Chi per chiedermi aiuto, chi per uccidermi.
Fu così che conobbi Gina.
Gina era una prostituta.
Lo era diventata non per vocazione, ma con la forza.
Erano passati tre anni e non aveva trovato chi l’aiutasse ad uscirne fuori.
Ci incontrammo a casa della contessa Romanoff, dove lavorava.
Attraverso l’amico Carlo (banchiere), mi
introdussi nella Villa Torponia, facendomi passare per un’industriale tedesco;
un certo barone Von Ludovik Rol.
Avevo ottenuto la maschera facciale del barone e con il mio italiano con accento
tedesco, fui accettato.
Il vero Barone era un accanito giocatore di poker,
anche se perdeva spesso, non smetteva di giocare.
Era anche amante di belle e giovani donne.
In una serata, persi 5 milioni di euro.
Mi rifeci andando a letto con una ragazza.
Una sera scelsi Gina come ragazza di letto e
quando fummo soli e coperti, ci mettemmo a parlare.
Un registratore copriva le nostre voci e mettendo
gemiti e parolacce in cattivo italiano.
Gina mi raccontò la sua storia.
Aveva sempre vissuto in un collegio delle suore Orsoline.
Una volta raggiunti i 18 anni, fu mandata a servizio a Roma presso una
signora.
Aveva la valigia con i suoi vestiti e la borsetta
con dei soldi dateli dalla madre superiora.
Con il treno giunse alla stazione Termini e una
volta fuori, chiese ad un signore se gli indicasse i mezzi per raggiungere la
casa dove doveva andare.
Mentre parlava con quel signore, aveva posato la
valigia in terra e mentre quello gli indicava l’autobus che doveva prendere, due
ragazzi si erano avvicinati senza farsene accorgere e mentre uno gli prendeva
la valigia, l’altro gli strappava la borsetta dalle mani, fuggendo via.
Gina scoppiò in lacrime e quel signore l’abbracciò
con fare paterno, dicendole:
« Su non pianga, sono cose che capitano a Roma,
non ti puoi distrarre, che subito qualcuno ne approfitta. Comunque ho letto
dove devi andare, ti ci porto io con la mia macchina. »
Quel signore aveva un’aria distinta che, Gina si
fidò di lui e lo seguì. Con la macchina
uscirono fuori città, giungendo ad una villa.
Una volta dentro, il signore la presentò ad una
signora dicendole che era quella da cui doveva andare a servizio.
Dopo aver salutato la signora con un inchino, quel
signore se ne andò.
La signora si presentò come Contessa Anastasia
Romanoff ultima discendente dello zar di Russia.
Facendole conoscere quali erano i suoi compiti, la
contessa l’affidò ad un’altra collega che l’accompagnò nella sua stanza
facendole vedere gli abiti che doveva indossare, il giorno dopo.
Quando cenò con tutte le altre ragazze, bevve un
bicchiere di succo d’arancia che finito di cenare le provocò un pesante sonno.
Giselle (una compagna) l’accompagnò nella sua
stanza.
Una volta sola, si spogliò e non trovando una
camicia da notte, si mise a letto con le mutandine e il reggiseno.
Riuscì a dire le preghiere, prima di
addormentarsi.
Passò una notte piena di incubi.
Sognò di stare sul letto e i due ragazzi che
l’avevano derubata la stavano spogliando. Cercava di reagire, ma non ci
riusciva.
Una volta nuda, presero a fotografarla, facendogli
assumere varie posizioni.
Come ebbero finito, la rivestirono e la coprirono
con le coperte ed andarono via.
Quando si svegliò era tutta sudata.
A colazione ne parlò con Giselle che la consolò
dicendole: « È stato solo un sogno; solo un brutto sogno. »
Dopo colazione le fu presentato il “ Principe “.
Il Principe era quel signore distinto che l’aveva
aiutata quando era arrivata a Roma ed era stata derubata.
Si presentò baciandole la mano; « Sono il Principe
Luigi Pignorelli, vedovo senza prole, alla ricerca di una nuova moglie. Se lei
mi accetta, farà di me l’uomo più felice del mondo e lei sarà padrona oltre del
mio cuore; di vari castelli sparsi un pó per tutta l’Italia. »
A sentire quella proposta, Gina non voleva credere
a quello che aveva sentito.
Sembrava gli fosse stato concesso
un miracolo.
Accettò senzameno e il Principe rivolgendosi alla
Contessa, disse: « Ci potremo sposare
nella sua cappella privata. »
La Contessa Anastasia accettò e fu combinato che
la cerimonia si sarebbe svolta nel pomerigio alle 18,30.
Tutta la mattinata la passò con il Principe.
Lui gli parlò dei piaceri che avrebbe avuto una
volta diventata sua moglie; delle crocere che avrebbero fatto per tutto il
mondo, degli abiti e gioielli che avrebbe avuto; tutto questo e altro, lo
avrebbe avuto se lo avesse dimostrato, dandogli piacere.
Verso le 16 avrebbe seguito la sua cameriera
Giselle, che l’avrebbe preparata per la cerimonia.
All’ora stabilita, Anna seguì Giselle nella sua
camera.
Una volta giunti in camera, Giselle le disse di
spogliarsi mentre lei gli preparava il bagno.
Gina si spogliò restando in mutande e reggiseni.
Quando tornò Gisella e la vide così vestita, le
andò vicina, dicendole: « Non vorrai fare il bagno con questa roba. » e
passandole di dietro, le tolse, il reggiseni e le mutande (in collegio non
erano ammessi indumenti ridotti), poi dandole la mano l’accompagnò nella stanza
da bagno.
La stanza da bagno oltre alle maioliche, era piena
di specchi; dal pavimento al soffitto.
Una volta dentro, la fece entrare nella vasca
piena d’acqua calda e spuma di sapone.
Gina avrebbe voluto restare sola per lavarsi, ma
Gisella fu perentoria dicendole:
« Sono gli ordini del signor Principe, mi devo
accertare che sia ben pulita. Al Principe non piacciono le donne sporche. »
Tenendola in piedi, cominciò ad insaponarla,
facendole passare la spugna tra i seni e in mezzo alle gambe.
Gina anche se turbata da tutto quello che Giselle
le stava facendo, non si opponeva trattandosi di una ragazza come lei e come
lei pure nuda.
Dopo il bagno, l’aiutò ad asciugarsi e facendola
accomodare d’avanti ad una specchiera, le prese ad asciugare i capelli con il
Phoone e a pettinarla.
Quando i capelli furono asciutti e ben pettinati,
Giselle si occupò del viso e del corpo.
Dopo due ore di estenuanti trattamenti, Giselle
l’aiutò a vestirsi.
Il vestito da sposa era corto, gli arrivava a
malapena sulle ginocchia.
Gina avrebbe preferito un vestito lungo da
trascinare, ma Giselle gli disse che era di moda.
Come stabilito alle 18,25 scesero e accompagnati
da amici (del Pricipe) e parenti (della signora Anastasia), si diressero verso
la cappella dove l’aspettava il Principe e il prete che avrebbe celebrato il
matrimonio.
Andò tutto bene, alla fine dopo lo scambio delle
fedi e la consueta: « Vi dichiaro Marito e moglie ». il prete rivolgendosi ad Gina,
gli disse: « Oltre ai doveri che entrambi avete espresso, tu gli dovrai
obbedienza; fare e dire tutto quello che tuo marito ti chiederà, anche se
alcune cose ti sembreranno sporche, le dovrai fare, tutto per dare piacere a
tuo marito. » Dopo la cerimonia, ci fu
la cena.
Gina sedeva accanto al Principe, che non mancava
l’occasione per mettere la mano sotto il tavolo e in mezzo alle sue ganbe.
A lei, questo dava fastidio ma non si opponeva
pensando a quello che gli aveva detto il prete.
La cena fu lunga e quando finirono era tardissimo
(a detta del Principe) per andare al castello di Bracciano.
Il Principe chiese alla Contessa se poteva
rimanere quella notte.
La Contessa ne fu contenta e gli mise a
disposizione la stanza rosa; quella dedicata agli ospiti illustri.
Poco dopo furono accompagnati nella stanza e
lasciati soli.
Una volta soli, il Principe le disse: « Qui
nessuno ci diturberà e sarà la nostra prima notte d’amore. »
Poco dopo, la stanza fu invasa da una musica
soave.
Fu una notte meravigliosa.
Gina fece tutto quello che il Principe (suo
marito) gli chiedeva di fare.
Era già mattina quando si svegliò.
Suo marito non c’era, si doveva essersi alzato.
Gina andò al bagno e dopo aver fatto i bisogni
corporali, si immerse nella vasca per un bagno rilassatore. Era tutto un dolore.
Gli faceva male tutto il corpo che il Principe
aveva posseduto e strapazzato.
Fatto il bagno e asciugata, tornò in camera.
Non volendo rindossare l’abito da sposa, non
avendo altro, indossò una vestaglia tutta di seta.
Così vestita lasciò la stanza alla ricerca di suo
marito.
Le si fece incontro la Contessa Anastasia,
dicendole che suo marito era andato a comprarle dei vestiti nuovi.
La invitò a fare colazione insieme alle sue
nipotine.
Finita la colazione, suo marito non era ancora
tornato.
La Contessa la invitò, nell’attesa a vedere il
filmino del suo matrimonio.
Gina la seguì in salotto e insieme a loro si unì
Giselle.
La fecero accomodare nella poltrona di mezzo.
Sulla sua sinistra si sedette la signora
Anastasia, sulla destra, Giselle.
Sulla tela posta nella parete di fronte si
cominciò a vedere il filmino.
Ma non era la ripresa che era stata fatta nella
cappella; era quello che aveva fatto quando era salita in camera con Giselle
per prepararsi per il matrimonio.
La mostrava in tutti i particolari più intimi.
Indignata fece per alzarsi, ma si trovò bloccata
nella poltrona da due mani (quella della Contessa e quella di Giselle).
« Lasciatemi, lo dirò a mio marito, quando lo
saprà, ve la farà pagare. »
Alle sue parole ci fu uno scoppio di riso.
« Tuo marito? Sai chi è tuo marito? È un uomo che
ha tanti soldi da permettersi ogni volta che capita, una verginella come te. E
poi, neanche è tuo marito, il matrimonio era finto, come finto era il prete,
per farti stare tranquilla e fare tutto quello che il Principe voleva che tu
facessi. In cambio ci lasciava filmare il tutto, come tu vedrai.»
Gina vide e sentì tutto quello che aveva fatto in
camera con quello che credeva fosse suo marito.
Si voleva alzare, fuggire via, ma non poteva
muoversi.
« Perché avete fatto questo; che volete da me? »
disse singhiozzando.
« Devi sapere che quella villa dove abito, è pure
un bordello in cui vengono tanti signori pieni di grana e si vogliono divertire
con le ragazze come te. »
« Volete dire che...dovrò fare la prostituta?
Questo non lo farò mai.
« Lo farai, sì che lo farei, se non vuoi che
questo filmino altre ad andare al tuo colleggio, verrà messo in circolazione e
tutti sapranno quello che hai fatto. »
Non potendo fare altrimenti, gli toccò di accettare
forzatamente.
Per tre anni Gina lavorò per la Contessa, rimase
incinta tre volte; tutte e volte dovette dare il suo corpo fino al giorno gli
vennero i dolori del parto.
Fu portata in una clinica particolare, dove
partorì non sapeva cosa, perché non le fecero vedere cosa aveva partorito.
Gli levarono sua figlia o figlio e una volta
ripresa, dovette tornare a lavorare.
Quando i suoi seni erano pieni di latte, c’era
sempre chi...mentre la prendeva, si attaccava ai suoi capezzoli e succhiava il
latte come se fosse un neonato.
Ogni anno,
in occasione del colpleanno della contessa, alla villa si riunivano tante
persone e in quell’occasione, da vari orfanatrofi, arrivavano tante ragazze
ancora vergini; che venivano date a chi offriva di più.
Il compleanno della contessa era il 18 Settembre e
il quella occasione, lo champagne veniva bevuto come se fosse acqua.
Eravamo in Agosto e avevo poco tempo per prepararmi.
Facendo qualche domanda; qua e là, seppi quale era
l’impresa che forniva lo champagne alla contessa e quale era la marca.
Avevo diversi amici (anche tra la polizia), che mi dovevano dei favori.
Così; da uno ebbi lo champagne, da un altro un
veleno e da altri, il camion che veniva usato per le consegne.
Avuto lo champagne e il veleno, con una siringa,
un tecnico specialezzato, lo introdusse in ogni bottiglia.
Quando l’impresa mandò il camion con lo champagne per la contessa, il
camion fu assaltato, svuotato e l’autista sequestrato.
Lo champagne avvelenato, sostituì quello rubato e
la consegna fu fatta da me stesso vestendomi con i stessi abiti dell’autista.
Fatta la consegna, andai via e il camion fu
portato, nello stesso posto dove era stato assaltato.
Quella sera Gina, le amiche più fidate e le
ragazze arrivate, non bevettero lo champagne.
Mezz’ora dopo che era stato bevuto; il veleno
cominciò a fare effetto.
Il veleno; oltre che incolore, non aveva odore e sapore.
Nessuno se ne accorse, fino a quando cominciarono a sentire i dolori.
Il veleno era composto da un acido corrosivo e una volta entrato in
circolazione, corrodeva tutti i tessuti, provocando una morte attroce.
Quando la polizia e le varie autombulanze non riuscirono
ad entrare nel parco della villa (un
camion carico di pietre, alcune molto grosse, si era ribaltato, di fronte al
cancello della villa, ostruendone il passaggio.
Solo dopo diverse ore, erano riusciti a farsi un largo ed entrare.
Chi aveva bevuto lo champagne non era sopravissuto.
Tra i morti, oltre la Contessa, Giselle e altri
collaboratori, c’erano vari Senatori e Deputati, Giudici, Avvocati, Il primario
della Clinica Salus (di proprietà dei vari padroni di bordelli), Registi e
Attori del cinema e della televisione, un Cardinale, due Vescovi, quattro Preti
e le Badesse dei vari orfanatrofi che fornivano il bordello, di ragazze future
prostitute (tra cui Suor Terensia), la Badessa delle Orsoline.
Tutti i morti avevano sulla fronte il mio segno (fatto con il temperini),
una Z.
Dopo aver ispezionato la villa, oltre alle
ragazze-prostitute, trovarono tanti bambini e bambine (figli di prostitute) che
venivano usati dai pedofili che, lì si trovavano.
Documenti, foto e filmini porno, dove ritrattavano gli invitati in verie
posizioni con ragazze e bambini.
Prima dell’arrivo della polizia, io ed Anna avevamo sottratto diversi
fascicoli.
Chi non era presente alla festa, avrebbe ricevuto
lo stesso trattamento quando meno se lo sarebbero aspettato.
Quando non funzionava la Giustizia, ci pensava...Il Giustiere della notte.
Peccato sia stato solo un sogno.
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