segunda-feira, 19 de agosto de 2013

Sogno n.21 La casa anno 2007

 
C’era un’onda di assalti, ogni sera alla televisione si sentiva: Assaltata una pompa di benzina, un negozio o ristorante, un’appartamento o un villino o  una casa di campagna.
E alle volte anche quando la gente stava a dormire.
La mia paura era di essere svegliato e trovarmi di fronte dei banditi che non si limitano a rubare, ma provocano delle violenze.
Ogni notte prima di addormentarmi  io e mia moglie pregavamo il Signore di guardare dalla nostra parte.
Una mattina appena svegliato e assolto il mio compito (quello di fare dei massaggi a mia moglie), andai nella stanza vicino all’ingresso dove dormivano i nostri gatti: Romeo e Giulietta e una volta aperta la porta della stanza e fatti uscire i gatti, aprii la finestra per cambiare aria.
Quella mattina mentre mi recavo alla stanza dei gatti, ho visto che la porta d’ingresso era aperta; era stata forzata.
Corsi da mia mogle e dissi quello che era successo.
Mia moglie si alzò dal letto e indossata la vestaglia venne con me all’ingresso.
Quello che avevo visto io, lo vede anche lei.
La porta era stata forzata.
Da chi?
Chi lo ha fatto, non era entrato perché non mancava niente.
Forse era stato disturbato ed aveva desistito.
Ma come avevano fatto se l’allarme non ci aveva svegliati.
Uscimmo fuori e bussammo alla porta del nostro vicino per far presente quello che era successo.
Non avendo subito un furto, pensai non era il caso di fare la denuncia ai carabinieri.
Così chiamammo il fabbro che venne a riparare la porta.
Vivendo in un paese, quando succede qualcosa, dopo un pó, lo sanno tutti.
Ricevemmo la visita oltre dai nostri vicini, anche da altri e ognuno aveva una cosa da dirci.
La giornata passò e tornammo al letto.
Prima di addormentarci, recitiammo le preghiere di ringraziamento per la giornata passata e per quella dei nostri cari e ci addormentammo.
La mattina dopo un pó titubante mi recai in cucina da dove attraverso una porta con dei vetri si vede la porta d’ingresso.
La porta sembrava chiusa.
Già pensando di essermi sbagliato, uscii dalla cucina e dopo aver percorso il corridoio mi avvicino alla porta e toccandola vidi che era chiusa.
L’aprii e a parte i segni lasciati la notte precedente, non si vedevano segni nuovi.
Tranquillizzato feci uscire i gatti, poi tornai in camera e dissi a mia moglie che i ladri non erano tornati.
Andò così per una settimana; poi ormai non ci pensavamo più, quando una mattina avvici-nandomi alla stanza dove dormivano i gatti, vidi la porta.
La porta stava aperta; si era ripetuta la stessa cosa della settimana passata e anche quella volta l’allarme non aveva suonato.
Come mai?
Andai a chiamare mia moglie per farle vedere quello che avevo visto io.
Anche quella volta i ladri non avevano toccato niente.
Quella volta chiamammo la polizia denunciando l’assalto subito.
Telefonammo pure all’agenzia che aveva istallato l’impianto di protezione.
Arrivarono contemporaneamente.
Il tecnico a controllare l’impianto, gli agenti a guardare la porta e chiederci cosa avevano rubato.
Dopo un controllo superficiale; dicemmo che non mancava niente.
E allora niente furto, niente denuncia di furto.
Così andò avanti per un pó.
Ormai la porta era talmente scassata che pensammo di sostituirla.
Quando la porta fu pronta, dissi di mettere la maniglia di apertura dal lato della strada.
Il fabbro mi chiese del perché, risposi: « Così i ladri non mi forzeranno la porta, basterà abbassare la maniglia ed entrare; » lui rimase stupito della mia risposta ma, fece quello che chiedevo.
Una volta montata la porta, con un pennello e della vernice scrissi sopra la porta: « La porta è aperta, non è necessario romperla per entrare. »
La nostra vita continuò come sempre, tutto andava come il solito.
Da un pó di tempo, la gente del paese vedeva delle macchine parcheggiate un pó qua, un pó là.
All’inizio nessuno ci fece caso; ma poi quando cominciarono ad ingombrare, cominciarono a lamentarsi.
Alla televisione veniva trasmesso di frequente, non più di assalti ma, di sparizione di persone.
Un giorno tornando da un viaggio trovammo una macchina parcheggiata d’avanti alla nostra porta.
Non ci impediva di entrare, ma non potevavo parcheggiare la nostra macchina; così chiamammo la polizia che, con calma arrivò.
Non era per denunciare chissà quale furto, l’unica cosa era che quella macchina ci dava impiccio.
Mentre la polizia era da noi cominciarono ad arrivare i nostri vicini e presero a lamentarsi di tante macchine abbandonate nelle loro proprietà.
Così la polizia dovette far venire non mi ricordo quanti carriattrezzi per portare via tutte le macchine abbandonate.
La notizia arrivò ai giornali e la sera alla televisione ne parlarono.
Qualche giorno dopo, alla televisione dicevano che alcune macchine appartenevano a persone scomparse.
Il nostro paese fu invaso da giornalisti i quali rivolgevano un pó a tutti, tante domande.
Quando arrivarono da noi, raccontammo dei vari tentativi di furto, delle tante volte in cui la porta ci veniva forzata, tanto che avevo risolto la questione modificando l’apertura della porta che presero a fotografare.
La notizia arrivò alla televisione che ne trasmise la notizia.
Apriti cielo.
Cominciammo a venir disturbati dalle telefonate, tutti volevano sapere: del marito, di un figlio o vari figli, dei mariti, dei fratelli o sorelle.
Noi rispondevamo di non saperne niente, fino a quando arrivarono le guardie.
Dopo le domande, arrivarono con i mandati di perquisizione.
Cominciarono a scavare nel terreno senza trovare niente; niente nel terreno, niente nel pozzo.
Volevano scavare nel pavimento della nostra casa.
Ci opponemmo.
Non avendo nulla da nascondere, non vedevamo del perché di tutta quella
persecuzione.
Il giorno dopo fummo invitati a recarci al posto di polizia nella città a cui il nostro paese apparteneva.
Una volta alla presenza di un superiore fummo interrogati.
La prima volta insieme, ma poi ci divisero.
Facendomi credere che mia moglie aveva parlato, volevano sapere dove era stata nascosta tutta la gente scomparsa.
Non sapendolo, non me lo potevo inventare.
A nulla valsero le minacce.
Non avendo la coscenza sporca, non avevo nulla da temere.
Dopo averci tenuto mezza giornata, ci lasciarono tornare nella nostra casa.
Aveve ripreso a lavorare il campo che mi avevano rivoltato come un calzino.
Ormai non rispondevamo alle telefonate se non erano dei nostri amici.
Seguitammo la nostra vita.
Un giorno tornati da fare delle compere trovammo una macchina della polizia di fronte alla nostra casa.
Nella macchina non c’era nessuno e nessuno nella nostra casa che, con la maniglia fuori della porta, si poteva accedere all’interno con facilità.
Pensando che i poliziotti della macchina erano in giro per il paese, non ci facemmo caso.
Non era passata la giornata quando il campanello della porta suonò.
Come aprii vidi due poliziotti fuori della porta.
Uno di loro mi chiese se poteva entrare, lo feci accomodare in cucina.
Il poliziotto ci disse che quella mattina era venuto da noi un poliziotto e che poi non aveva dato nessuna notizia e poco dopo anche il compagno che era restato in macchina cessava di comunicare con la centrale.
Non credette alle nostre risposte e ci invitò a seguirlo alla Centrale.
Un pó scocciati, non ci potemmo rifiutati di seguirlo.
Ancora una volta dovemmo sopportare un lungo interrogatorio a cui, le nostre risposte, non convincevano.
Era notte quando ci concessoro di tornare a casa.
Non avendo la macchina, chiamammo un taxi.
Ci stavamo salendo sopra quando arrivò una macchina della polizia che a momenti investiva il taxi.
Ne scese un poliziotto tutto agitato.
Il taxi si stava mettendo in moto quando arrivarono dei poliziotti che ci ordinarono di tornare dentro.
Di nuovo alla presenza del questore, venimmo a sapere che, mentre eravamo al posto di polizia, una macchina della polizia si era recata a casa nostra ed erano entrati nella nostra casa a fare una nuova perquisizione e che poi avevano cessato di comunicare con quello che era restato in macchina.
Indignato per l’abuso che avevano fatto presi a protestare.
Il questore mi disse di stare zitto e rispondere alle sue domande.
Voleva sapere: dove erano finiti i poliziotti che erano entrati nella nostra casa?
Che potevo rispondere; dissi di non saperne niente.
Voleva sapere dove stavano i trabocchetti.
Quali trabocchetti?
La nostra casa è vero era vecchia; almeno la parte che dava sulla strada, ma che sapevamo, non ci sembrava, ci fossero dei trabocchetti.
Potevano chiederlo al padrone che ci aveva venduto la casa.
Lo mandarono a chiamare e lui disse di non sapere di esserci dei trabocchetti.
Ci rimandarono a casa a dormire ma una macchina restò a sorvegliarci per non
farci fuggire.
Il giorno dopo venne una squadra di poliziotti-operai e presero a sfasciare il pavimento di casa noncuranti dei danni che ci provocavano.
Quando dopo aver scavatto tutti i pavimenti e non trovano niente, cercarono nelle pareti.
La nostra casa essendo una vecchia casa, aveva le pareti esterne e quelle maestre spesse.
Ma quando un operaio ponendo lo scalpello ad una parete e colpendolo con il martello si sentì un grido.
Il poliziotto si fermò e girandosi attorno chiese chi avesse strillato.
A risposta negativa riprese a colpire lo scalpello.
Di nuovo un grido.
Di nuovo una fermata.
I poliziotti si guardarono intorno non capindoci niente.
Che stava succedendo in quella casa.
Anche colpendo da un altro lato, si sentiva uno strillo.
Una volta di un uomo, una volta di una donna.
Poi fu lo strillo di un poliziotto scomparso.
Ancora una volta fummo sottoposti ad interrogatorio.
Volevano sapere delle aperture nascoste.
Non sapendone niente di aperture nascoste, non potevamo rispondere.
La cosa andò avanti tutto il giorno.
Ogni volta che veniva colpita una parete si sentiva uno strillo come se veniva colpito qualcuno, non una parete di mattoni o di pietra.
Il giorno passò e ci lasciarono tornare nella nostra casa.
Se casa si poteva chiamare; sembrava un cimitero, solo che, non c’erano corpi sepolti.
Il giorno dopo arrivò un ordine dal capo dei capi.
L’ordine era di demolire la casa per trovare le persone nascoste.
A nulla valsero i gridi che si sentivano e che tutti gli abitanti del paese e delle vicinanze sentivano.
Quando la casa e la parete del vicino, fu un cumulo di macerie, le grida cessarono.
Le grida cessarono.
La casa fu demolita e le persone nascoste non furono trovate.
Mistero!
Che era successo?
Pensandoci un pó, riuscii a capire.
Fu una cosa di fantascenza.
Noi eravamo ospiti ben accetti della Casa.
I cattivi, i non accetti, venivano ingoiati dalla casa e restavano prigionieri della stessa.
Una volta distrutta la Casa.
La Casa morì e con essa tutte le persone che ne facevano parte.
Poi mi sono svegliato.













                                  


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