Sin da piccolo, sempre mi piaceva modificare
l’aspetto delle cose.
I miei genitori non sapevano che regalarmi.
Tutto quello che
incontravo per strada o in depositi di rottami, c’era sempre qualcosa che mi
poteva interessare.
Ero la disperazione dei miei genitori.
Niente si salvava.
Qualsiasi
elettrodomestico era da me smontato e molte volte non sapevo come rimontare o
mi avanzavano dei pezzi.
A nulla valevano le
percosse e i castighi.
A nulla valevano le
promesse o giuramenti di non farlo più.
Alla prima occasione, il
tostapane, la radio, il televisione e altre cose, smettevano di funzionare o
funzionavano all’inverso; come fu per l’automobile di mio padre che, per causa
mia, distrusse e finì in ospedale.
Finii in collegio e ci
rimasi fino alla maggiore età.
Quando lo lasciai fu un
allivio per i conduttori del collegio.
I miei genitori non mi
volevano in casa, avevano paura di me.
Mi affittarono una casa e
andai a vivere da solo.
Trovai un lavoro in uno
sfasciaelettrodomestici.
Lì potevo smontare a
volontà, il mio lavoro consisteva di smontare i componenti e separarne i
singoli pezzi.
Di nascosto portavo a
casa tutto quello che mi interessava.
Un giorno conobbi una
ragazza che portai a casa.
Angela si aspettava che
aprissi la porta con la chiave, invece la porta si aprì alla mia voce: « Apriti
Sesamo. »
La cosa impressionò
Angela, come tutte le altre cose che vide nell’interno.
Alla domanda: « Chi ha
fatto tutto questo? », alla risposta: « Io! », rispose:
« Ma allora tu sei un
inventore! »
Così senza saperlo,
scoprii che da quando sono venuto al mondo, ero nato per fare l’inventore.
Fu pena che i miei
genitori non mi avevano capito e non sfruttarono le mie doti.
Ero un inventore, avevo
sempre avuto la mania di modificare le cose e farle funzionare alla maniera
mia.
Nelle ore libere, mi
perfezionai nei studi fino a prendere la laurea di Inventore.
Dopo gli studi, con la
Laurea che possedevo, andai a lavorare con una impresa di ricerche, che creava
cose nuove, le quali venivano create da una equipe di ricercatori.
La paga era buona e a chi
veniva una nuova idea da mettere sul mercato.veniva dato un premio in soldi.
Tra lo stipendio fisso e i premi, potevo sposarmi
e mettere su casa.
Dopo varie ricerche e delusioni, incontrai la mia
anima gemella
Quando parlammo del nostro futuro, lei mi disse di
voler tanti figli.
Quando mi sposai, il mio appartamento aveva due
camere da letto.
Al terzo figlio cambiammo
casa e continuammo a cambiare casa ad ogni nascere di figli.
Dopo il quarto figlio,
mia moglie non ce la faceva a fare tutto.
Assunsi una donna a ore, poi la cambiammo con una
fissa.
Cambiammo tante volte
casa, che finì per farmene costruire una alla nostra misura.
C’era tanto spazio.
Non sapendo quando mia moglie
si fosse stancata di fare figli, la casa aveva trenta camere, trenta bagni e
trenta lavabi.
I lavabi andavano dalla mia misura, alla misura di
un metro di altezza.
In trent’anni di
matrimonio abbiamo avuto 20 figli di cui 12 erano maschi, l’ultimo naque quando
mia moglie fece cinquant’anni e io sessanta.
La casa aveva un parco
che oltre a piante e fiori, era pieno di giochi.
Erano tutti automatici,
bastava sedere nell’altalena, che lei cominciava a muoversi da sola senza che
ci fosse nessuno a spingere.
Quando i figli
cominciarono ad andare a scuola e non potendo accompa-gnarli, assunsi un
autista; il quale pur essendo sposato, andava a molestare la donna di servizio.
Quando mia moglie mi
disse che aveva molestato anche lei, lo licenziai.
Voltai ad assumere un
altro autista sposato che venne a lavorare da noi insieme alla moglie, la quale
lavorava in casa e abitavano ad una dipendence vicino al cancello d’ingresso.
Con Peter non ebbi
problema.
Da quando cominciai a
lavorare, inventai e inventammo tante cose; come utilizzare i tre elementi
della natura: Il sole, il vento e la pioggia.
Inventammo le macchine
tuttofare che cucinavano o facevano dolci, bastava introdurre gli incredienti
da un lato e dopo poco tempo da un altro uscivano piatti pronti.
È vero che non avevano il
gusto delle cose casarecce, ma facevano risparmiare molto tempo. Nella mia
casa, in cucina ne avevamo cinque di queste macchine.
Ci occupammo poi
dell’inquinamento, inventando le automobili elettriche computerizate le quali
andavano alla velocità che era indicata dai cartelli segnaletici da noi
inventati.
Erano automatiche,
bastava dire dove si voleva andale e
loro andavano da sole e i passeggeri potevano stare seduti l’uni in fronte agli
altri a conversare, che la macchina
andava da sola.
Non ci si doveva
preoccupare neanche per eventuali incindenti, perché la macchina li evitava.
In trent’anni molte cose
mudarono; in meglio, non in peggio.
Grazie a dei cips
inseriti nel cervello delle persone (ai neonati veniva inserito, appena nati),
le persone non aveva pensieri cattivi, ma solo Amore e rispetto per la natura.
Non c’erano più fabbriche
che inquinavano l’aria e le stagioni tornarono come era prima.
Poi inventammo il modo di
viaggiare senza bisogno di usare mezzi, bastava
entrare in una gabina,
dire dove si voleva andare e la persona o gruppi di persone (bagagli compresi),
sparivano e riapparivano in gabine del luogo dove avevano detto dove volevano
andare.
La bellezza o la forma
estetica era apprezzata sia dagli uomini che dalle donne e quando passava per
strada una bella ragazza, si sentivano dei fischi di ammirazione e non parole
volgari.
Non esisteva più la
violenza domestica, né per strada, dato che tutti si amavano come fratelli
(salvo gli sposati o innamorati).
Le famiglie vivevano
felici e lavorava solo chi voleva (per sport).
Erano scomparsi i soldi e
tutto quello che si voleva; era solo chiederlo.
Peccato che, quando mi
sono svegliato, il mondo non era cambiato e l’inventore futurista, non era
ancora arrivato.
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