segunda-feira, 19 de agosto de 2013

Sogno n.29 L'Inventore futurista anno 2008

 
Sin da piccolo, sempre mi piaceva modificare l’aspetto delle cose.
I miei genitori non sapevano che regalarmi.
Tutto quello che incontravo per strada o in depositi di rottami, c’era sempre qualcosa che mi poteva interessare.
Ero la disperazione dei miei genitori.
Niente si salvava.
Qualsiasi elettrodomestico era da me smontato e molte volte non sapevo come rimontare o mi avanzavano dei pezzi.
A nulla valevano le percosse e i castighi.
A nulla valevano le promesse o giuramenti di non farlo più.
Alla prima occasione, il tostapane, la radio, il televisione e altre cose, smettevano di funzionare o funzionavano all’inverso; come fu per l’automobile di mio padre che, per causa mia, distrusse e finì in ospedale.
Finii in collegio e ci rimasi fino alla maggiore età.
Quando lo lasciai fu un allivio per i conduttori del collegio.
I miei genitori non mi volevano in casa, avevano paura di me.
Mi affittarono una casa e andai a vivere da solo.
Trovai un lavoro in uno sfasciaelettrodomestici.
Lì potevo smontare a volontà, il mio lavoro consisteva di smontare i componenti e separarne i singoli pezzi.
Di nascosto portavo a casa tutto quello che mi interessava.
Un giorno conobbi una ragazza che portai a casa.
Angela si aspettava che aprissi la porta con la chiave, invece la porta si aprì alla mia voce: « Apriti Sesamo. »
La cosa impressionò Angela, come tutte le altre cose che vide nell’interno.
Alla domanda: « Chi ha fatto tutto questo? », alla risposta: « Io! », rispose:
« Ma allora tu sei un inventore! »
Così senza saperlo, scoprii che da quando sono venuto al mondo, ero nato per fare l’inventore.
Fu pena che i miei genitori non mi avevano capito e non sfruttarono le mie doti.
Ero un inventore, avevo sempre avuto la mania di modificare le cose e farle funzionare alla maniera mia.
Nelle ore libere, mi perfezionai nei studi fino a prendere la laurea di Inventore.
Dopo gli studi, con la Laurea che possedevo, andai a lavorare con una impresa di ricerche, che creava cose nuove, le quali venivano create da una equipe di ricercatori.
La paga era buona e a chi veniva una nuova idea da mettere sul mercato.veniva dato un premio in soldi.
Tra lo stipendio fisso e i premi, potevo sposarmi e mettere su casa.                
Dopo varie ricerche e delusioni, incontrai la mia anima gemella
Quando parlammo del nostro futuro, lei mi disse di voler tanti figli.
Quando mi sposai, il mio appartamento aveva due camere da letto.
Al terzo figlio cambiammo casa e continuammo a cambiare casa ad ogni nascere di figli.
Dopo il quarto figlio, mia moglie non ce la faceva a fare tutto.
Assunsi una donna a ore, poi la cambiammo con una fissa.
Cambiammo tante volte casa, che finì per farmene costruire una alla nostra misura.
C’era tanto spazio.
Non sapendo quando mia moglie si fosse stancata di fare figli, la casa aveva trenta camere, trenta bagni e trenta lavabi.
I lavabi andavano dalla mia misura, alla misura di un metro di altezza.
In trent’anni di matrimonio abbiamo avuto 20 figli di cui 12 erano maschi, l’ultimo naque quando mia moglie fece cinquant’anni e io sessanta.
La casa aveva un parco che oltre a piante e fiori, era pieno di giochi.
Erano tutti automatici, bastava sedere nell’altalena, che lei cominciava a muoversi da sola senza che ci fosse nessuno a spingere.
Quando i figli cominciarono ad andare a scuola e non potendo accompa-gnarli, assunsi un autista; il quale pur essendo sposato, andava a molestare la donna di servizio.
Quando mia moglie mi disse che aveva molestato anche lei, lo licenziai.
Voltai ad assumere un altro autista sposato che venne a lavorare da noi insieme alla moglie, la quale lavorava in casa e abitavano ad una dipendence vicino al cancello d’ingresso.
Con Peter non ebbi problema.
Da quando cominciai a lavorare, inventai e inventammo tante cose; come utilizzare i tre elementi della natura: Il sole, il vento e la pioggia.
Inventammo le macchine tuttofare che cucinavano o facevano dolci, bastava introdurre gli incredienti da un lato e dopo poco tempo da un altro  uscivano piatti pronti.
È vero che non avevano il gusto delle cose casarecce, ma facevano risparmiare molto tempo. Nella mia casa, in cucina ne avevamo cinque di queste macchine.
Ci occupammo poi dell’inquinamento, inventando le automobili elettriche computerizate le quali andavano alla velocità che era indicata dai cartelli segnaletici da noi inventati.
Erano automatiche, bastava  dire dove si voleva andale e loro andavano da sole e i passeggeri potevano stare seduti l’uni in fronte agli altri  a conversare, che la macchina andava da sola.
Non ci si doveva preoccupare neanche per eventuali incindenti, perché la macchina li evitava.
In trent’anni molte cose mudarono; in meglio, non in peggio.
Grazie a dei cips inseriti nel cervello delle persone (ai neonati veniva inserito, appena nati), le persone non aveva pensieri cattivi, ma solo Amore e rispetto per la natura.
Non c’erano più fabbriche che inquinavano l’aria e le stagioni tornarono come era prima.
Poi inventammo il modo di viaggiare senza bisogno di usare mezzi, bastava
entrare in una gabina, dire dove si voleva andare e la persona o gruppi di persone (bagagli compresi), sparivano e riapparivano in gabine del luogo dove avevano detto dove volevano andare.
La bellezza o la forma estetica era apprezzata sia dagli uomini che dalle donne e quando passava per strada una bella ragazza, si sentivano dei fischi di ammirazione e non parole volgari.
Non esisteva più la violenza domestica, né per strada, dato che tutti si amavano come fratelli (salvo gli sposati o innamorati).
Le famiglie vivevano felici e lavorava solo chi voleva (per sport).
Erano scomparsi i soldi e tutto quello che si voleva; era solo chiederlo.
Peccato che, quando mi sono svegliato, il mondo non era cambiato e l’inventore futurista, non era ancora arrivato.
































   

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