terça-feira, 27 de agosto de 2013

Sogno n.50 Babbo Natale anno 2010


Sempre desiderai essere Babbo Natale per il mese di dicembre.
Quando ero più giovane, lo interpretavo per mio fratello che aveva un negozio di Carto-libreria a Roma.
Nel mese di dicembre, indossavo il vestito di Babbo Natale e passavo la giornata distribuendo, da un sacco piccolo, caramelle ai bambini e da un sacco più grande, regali a chi mi consegnava un biglietto che dava mio fratello.
La notte del 24 ero richiesto per consegnare i regali ai bambini e adulti in varie case.
Quanti bei ricordi; vedere le facce dei bambini più piccoli che mi guardavano con occhi spalancati.
Poi i tempi sono passati e la pubblicità e le industrie hanno rovinato l’atmosfera natalizia, invadendo il mondo di tanti Babbi Natale:
Piccoli e grandi, maschi e femmine; ce né fu una invasione.
Facevano anche delle mini maratone vestiti di Babbo Natale.
Nò così non poteva andare.
I bambini non credevano più all’esistenza di Babbo Natale.
Il 1º dicembre dell’anno xxxx cominciò in me una trasformazione.
Cominciò a crescermi la barba e i capelli.
Più la tagliavo e più mi cresceva, tanto che...rinunciai a tagliarla e la lasciai crescere.
Oltre alla barba e ai capelli, mi cominciò a crescere la pancia.
Mia moglie mi rimproverava di mangiare troppo.
Anche se seguivo la sua dieta, continuavo ad ingrassare.
Meno male che c’erano dei negozi per gente grassa; così non mi preoccupai per i vestiti.
Una mattina nella cassetta della posta, trovai un busta al mio nome.
Non c’era il mittente.
Pensando ad una pubblicità, l’aprii.
Dentro c’era un foglio con le istruzioni.
Dovevo aprire dei Conti Bancari in varie località dell’Europa di 2 milioni di euro ciascuno, a nome di Babbo Natale.
2 milioni di euro; e chi ce li aveva? Io non di certo.
Ci doveva essere un’errore.
Rimisi il foglio nella busta che lasciai sul tavolo dello mio studio.
Nel pomeriggio, mentre stavo facendo un pennichella, il campanello della porta suonò a lungo.
Un pó scocciato e pronto a mandare a quel paese quell’importuno, mi alzai facendo cigolare le molle del letto.
Quando aprii la porta, fuori non c’era nessuno, ma davanti alla porta c’era un grosso pacco.
Lo presi e vidi che era destinato a me.
Chi l’aveva portato, e perchè non aveva aspettato che aprissi la porta?
Portai il pacco in cucina e poggiandolo sul tavolo, lo aprii.
Dentro c’era una valigetta e una volta aperta, vidi che; era piena di banconote da cento euro nuove di zecca tenute a mazzetti con una fascetta.
Oltre ai soldi c’era un biglietto: « Ci sono 2 milioni di euro, devi aprire il Conto presso il Banco Ambrogiani, a nome di Babbo Natale. Se non segui le istruzioni della lettera, ti succederanno tanti guai a non finire.
Di guai ne avevo già troppi, per cercarmene degli altri.
Cominciando dallo Stato in cui mi trovavo, mi recai alla Banca indicatami e una volta arrivato il mio turno, mi avvicinai al bancone e dissi all’impiegato: « Vorrei aprire un Conto di 2 milioni di euro. »
Un Conto di 2 milioni di euro, fanno un certo effetto.
L’impiegato cominciò a riempire il modulo.
Quando chiese il nome del destinatario del Conto, dissi: « Babbo Natale. »
« Mi state prendendo in giro? Anche se avete l’aspetto di un Babbo Natale, non lo siete di certo. Potete mostrarmi un documento che lo provi? »
E qui cascava l’asino.
Il mio nome non era Babbo Natale, bensì Italo Bianchi.
Non sò come, ma mano sinistra si portò all’interno della giacca e cavò il portafoglio, aiutato dalla mano destra, lo aprii e presi la Carta d’Identità, consegnandola all’impiegato.
« Qui ci sta scritto, che il signore si chiama Babbo Natale, che razza di nome Babbo Natale. »
Invece di arrabbiarmi, gli chiesi: « Scusi; lei come si chiama? »
Lui mostrandomi la targhetta posta sul taschino della giacca, potei leggere: Pinco Pallino.
« Pinco Pallino, ma che razza di nome avete, come può una persona chiamarsi Pinco Pallino. »
Stavamo quasi a litigare, quando attirato dalle voci (mia e dell’impiegato) arrivò il direttore della Banca.
Saputo quello che era successo, mi chiese di seguirlo nel suo ufficio.
« Mi scusi per il mio impiegato, purtroppo con il nome che si ritrova, spesso è preso in giro dai colleghi. Allora signor Babbo Natale, lei vuole aprire un Conto presso la nostra Banca di 2 milioni di euro, ha con lei l’assegno di tale importo? »
« Nò! »
Mostrando la valigetta e apertola, ne mostrai il contenuto.
« Può controllare, sono 2 milioni di euro. »
Lui senza dire una parola, prese un mazzo di banconote e tolta la fascetta li mise in una macchinetta, che li contò.
« Sì; è esatto, sono 2 milioni di euro. »
Oltre al Libretto di Banca, chiesi duecento assegni già a mio nome.
Salutatolo con una stretta di mano, me ne tornai a casa con la valigetta vuota.
Secondo le istruzioni, ogni giorno dovevo aprire due Conti.
Ma la valigetta era vuota.
Più per curiosità che per certezza, l’aprii.
Non mi meravigliai, trovandola di nuovo piena di banconote.
Oltre alle banconote c’era il biglietto d’aereo per lo stesso giorno.
Non portavo altro oltre la valigetta, non ci furono controlli, mi recai al posto d’imbarco e all’ora prevista, presi l’aereo che mi portò all’aereoporto presso Madrid.
Recatomi al Banco Bilbaù e Barza, in perfetto spagnolo dissi:
« Vorrei aprire un Conto presso di voi, di 2 milioni di euro.
Quando dissi il mio nome, successe la stessa cosa che successe la stessa cosa della mattina; ma poi il direttore del Banco risolse tutto e potei ripartire con la valigetta.
Il giorno dopo fu la volta dell’Italia e dell’Austria.
Poi seguirono, gli altri ventisei Stati dell’Europa.
Dopo quindici giorni, la valigetta non si riempì di soldi, ma di buste già intestate a seimila persone.
In ogni busta dovevo mettere un assegno di diecimila euro.
Sempre seguendo le istruzioni, feci quello che mi fu chiesto.
A partire dal giorno 16 dovevo cominciare a consegnare le buste.
Sembrava facile farlo, c’era solo un problema; non conoscevo le varie località sparse per l’Europa.
Era tardi ed era ancora il 15 dicembre; il giorno dopo avrei trovato la soluzione.
Il giorno dopo, non arrivò nessuna lettera, telefonata o messaggio nel computer.
Sarebbe passato il giorno senza che avessi cominciato le consegne.
Passai tutto il giorno in agitazione.
Arrivò la sera, stavo sempre in attesa di un segnale, quando sentii il tocco di una campanella.
Non era il tocco della campanella che avevo installato sopra il cancello del patio.
La campanella continuò a toccare, il suono veniva dal patio.
Aprii la porta che dallo studio dava al patio e rimasi bloccato.
Fuori nel patio c’era una slitta, tirata da quattro renne.
Chiamai mia moglie e insieme a lei uscimmo dallo studio avvicinandoci alla slitta.
Sul sedile oltre alle redini c’era un vestito rosso con il bordo bianco.
« Che aspetti ad indossarlo, non abbiamo tempo da perdere. »
Chi aveva parlato, di certo non le renne; ci doveva essere un altoparlante nella slitta.
Presi il vestito e una volta dentro casa, lo indossai.
Era stato fatto sulla mia misura.
Dopo aver dato un bacio a mia moglie, presi la valigetta e salii sulla slitta.
Non avevo preso in mano le redini che le renne partirono.
« Ferme, il cancello è chiuso, datemi il tempo di aprirlo. »
Invece le renne, quasi arrivate al cancello, si sollevarono e...volarono.
Una volta stabilizzata la rotta, dissi: « Da dove cominciamo? » e una voce: « Dalla Spagna. »
Nella valigetta presi il mazzo delle buste destinate alla Spagna.
Al buio non si vedeva niente, mi lasciai guidare dalle renne.
Arrivammo sul tetto di una casa di campagna.
Fidandomi della scelta presi la prima busta e scesi dalla slitta.
« Come faccio ad entrare, mi ci vorrebbe una scala per scendere dal tetto. »
Ma la scala non apparve.
Guardai nel sedile posteriore e oltre un sacco rosso (vuoto) non c’era altro.
Come presi il sacco, questo cominciò a gonfiarsi e sollevarsi.
Non riuscendo a staccare le mani dal sacco, mi sentii sollevare e trasportare sopra il comignolo.
« Fermo, come faccio ad entrare con la pancia che mi ritrovo? »
Invece come gli stivali toccarono il comignolo, questo o si allargò o io dimagrii; fatto sta che entrai e atterrai in un camino (per fortuna spento).
Il camino stava in una piccola e umile cucina e sala da pranzo.
C’era un piccolo presepio.
Presi la busta e la poggiai ai piedi del bambinello.
Ripresi il sacco, aspettando che si gonfiasse per uscire da dove ero entrato.
Ma il sacco non si gonfiò, anzi mi sembrava che pesava.
Misi la mano dentro e tirai fuori una scatola avvolta in carta colorata.
Vicino al fiocco c’era un bigliettino con un nome.
Presi il pacco e lo posai vicino al presepio.
Dal sacco tirai fuori altri cinque pacchi che lasciai vicino a quello di prima.
Svuotato il sacco, si gonfiò e risalii dal camino e uscii dal comignolo.
Risalii sulla slitta che, ripartì subito dopo.
Facemmo tante soste.
Alle volte oltre la busta non c’era altro o un solo pacchetto.
Stava albeggiando quando tornai a casa.
Fermato nel patio e sceso dalla slitta, questa sparì.
Ero ancora vestito di Babbo Natale, quando entrai in casa.
Mia moglie si era alzata vedendomi arrivare.
« Sei stanco? Vieni spogliati e vai a letto. »
Mi svegliai alle 10 e mentre facevo colazione raccontai tutto quello che avevo fatto.
Così tutte le altre notti.
Un volta mentre ci dirigevamo verso la Norvegia, passammo accanto ad un aereo se seguive la nostra stessa rotta.
Di solito le renne andavano alla velocità del suono e se qualche aereo ci avesse visto, ci avrà scambiato per una stella cadente.
Quella volta fu differente, perché andarono alla velocità dell’aereo, come se volessero essere viste, poi aumentarono la volocità superando l’aereo e sparendo poco dopo.
L’accaduto non passò inosservato, tanto che; il giorno dopo, la notizia fu trasmessa al telegiornale con tanto di foto che qualcuno dall’aereo ci aveva tirato (anche se non nitide) e testimonianze orali sia dai passeggeri, che dai piloti.
Con il lavoro che svolgevo come Babbo Natale, inventammo una scusa per non festeggiare il Natale con i nipotini.
Il 24, la consegna era per il Portogallo e quella notte, mia moglie veniva con me.
Una volta giunti a Oeiras ci fermammo di lato della casa Miguel.
Dalla finestra della sala, vidi la mia nipotina Joanna seduta nel divano a giocare con il suo computator portatile.
Bussai nel vetro della finestra, fino ad attirare la sua attenzione.
Quando mi vide rimase a bocca aperta e poco dopo corse via e tornò con la madre, la quale aprì la finestra.
« Boa Noite Pai Natal, cosa ci porti di buono? »
Diedi a lei una busta e a Joana un pacchettino.
« Questo è da parte di tuo nonno Italo. Ciao e Buon Natale. »
Affastandomi dalla finestra, mi allontanai (volando) con la slitta.
Poco prima della mezzanotte, eravamo in un paese del Nord e ci posammo accanto ad una chiesa.
Stava per iniziare la messa, quando le porte principali si aprirono e insieme a lei (vestita da folletto) entrammo in chiesa.
Tutta la gente presente rimase come paralizzata, continuava a guardave verso l’altare come se non ci vedesse.
Insieme a noi entrarono altri quattro folletti che trasportavano varie scatole che andavano ad accatastare accanto al presepio.
Il prete fu l’unico che ci vide e a lui consegnai una grossa busta contenente altre buste da consegnare ai rispettivi proprietari.
Finita la consegna i quattro folletti (le renne trasformate, uscirono e tornarono al loro posto.
Noi restammo ad assistere alla funzione e solo quando finì, lasciammo la chiesa e continuammo a fare le consegne ad altri paesi.
Fuori della chiesa lasciammo un pulmino che il Centro Sociale aveva chiesto per il trasporto degli anziani.
Nelle consegne di quella notte, passammo per un villaggio in mezzo alle motagne, coperte di neve.
Il villaggio era composto di una ventina di case.
Ci stavamo posando sul tetto di una casa, quando le luci si accesero e usci gente da quella casa e dalle case vicine.
« Venite, vi stavamo aspettando, » disse una donna tutta infagottata.
Scendemmo con la slitta e ci fermammo in uno spiazzo, subito circondati da uno stuolo di ragazzi e bambini (alcuni in braccio ai più grandi).
« È arrivato Pai Natal, è arrivato Pai Natal » strillavano tutti insieme, da non capire quello che dicevano.
Distribuimmo caramelle e dolci per tutti e quando cominciai a chiamare chi era segnato nella busta, la consegnavo e mia moglie
prendeva dei pacchi o pacchetti.
« Venite, venite a cenare con noi. »
« Sì va bene, però non ci possiamo trattenere; dobbiamo terminare le consegne. »
Entrammo in una casa, stretti da tutta la gente che era riuscita ad entrare.
Mangiammo del baccalà con patate, e verdure varie e bevemmo un paio di becchieri di vino.
Nessuno aveva delle macchine fotografiche, ma non importava, si sarebbero ricordati di noi per chissà quanti anni.
All'uscita non potemmo ripartire, la slitta era stipata da tutti i bambini.
« Va bene, vi farò fare un giro, ma poi dovete scendere, ci sono altri bambini che mi aspettano. »
Risalito sulla slitta, questa si sollevò e fece un giro del villaggio.
I bambini dall'alto salutavano i loro genitori i quali rispondevano loro.
Tornato a terra i bambini scesero, chiedendomi di tornare il prossimo Natale; promisi e dopo che mia moglie salì sulla slitta e si mise comoda, ripartii, salutato da tutta la gente del villaggio.
La mattina dopo festeggiammo il Natale in casa e con l’occasione abbiamo telefonato, facendo gli auguri di Natale e a chi avevo lasciato qualcosa, chiedevo: « Cosa vi ha portato Babbo Natale? » e alle loro risposte dicevo: « Ma nò! Babbo Natale non esiste, sono sempre stati i nostri genitori. »
Così imparavano, quando dicevano che Babbo Natale non esisteva..
La sera ripresi (da solo) i viaggi per l’Europa fino alla fine dell’anno.
Il 1º gennaio, quando mi svegliai, non avevo più la barba, né capelli bianchi e lunghi, ne la grande pancia, ne il vestito di Babbo Natale.
Era stato solo...un bellissimo sogno.

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