sábado, 31 de agosto de 2013

Sogno n.57 Il Compagno Vasco anno 2010


Vasco non era il suo vero nome, il suo nome era un altro, come pure il suo ideale.
Il suo vero ideale era di libertà, cosa che nel tempo in cui viveva non era permesso pensare di libertà.
Grazie all’aiuto del padre che era un fanatico del regime che comandava, obbligava anche i figli a pensarla come lui.
Ma Vasco non la pensava come lui, ma aveva paura di dirlo; paura del padre e della polizia di cui ne aveva sentito parlare male di quello che faceva a quelli che pensavano a cambiare.
Dopo i studi, grazie alle conoscenze del padre, entrò a lavorare al Ministero degli Interni.
Il Ministero degli Interni era la Direzione dove la polizia civile e politica aveva sede.
Era al Ministero degli Interni che arrivavano le spiate ed era da lì che venivano inviate le perquisizioni e le detenzioni.
Vasco voleva aiutare chi lottava per la libertà, ma non sapeva come farlo.
Fino a quando involontariamente mentre era in un caffè, sentì una conversazione tra due uomini.
Capì che erano due partigiani.
Senza farsene accorgere, scrisse su un pezzetto di carta: « Sono il compagno Vasco, posso aiutare i compagni, ma non sò come farlo. »
Passando accanto al tavolo dei due uomini, dopo aver urtato uno di loro, mise nella sua tasca, il pezzetto di carta.
Avevdo una memoria fotografica, il giorno dopo di pomerigio quando il personale era ridotto, fu a consultare l’archivio dove erano archiviati i nomi e le fotografie dei partigiani che lavoravano per la polizia facendo la spia.
Non trovò la foto di quei due uomini.
Cercò tra gli uomini che la polizia teneva d’occhio, perché sospetti di essere partigiani.
Li trovò e lesse i loro nomi e dove abitavano.
Prese la foto di una spia e se la mise in tasca.
Il giorno dopo tornò allo stesso caffè, ma non vide nessuno dei due uomini.
Tornò tutti i giorni, fino a quando uno dei due uomini apparve.
Quando lo vide dirigersi verso il bagno, poco dopo seguì il suo esempio.
Quell’uomo stava orinando, andò alche lui a orinare e mentre orinava, disse:
« Paolo sei sorvegliato dalla polizia. »
Paolo disse: « Chi sei? »
« Mi chiamo Vasco e sono un compagno infiltrato della polizia. »
« E chi mi dice che non sei un poliziotto? »
« Non lo sono e te lo posso dimostrare, quando hai finito e te ne stai tornando al caffè, mi urterai e io ti metterò in tasca una foto; è la foto di una spia. Dopo averla vista, rimettimela in tasca. »
Così fece e il giorno dopo rimise la foto dove l’aveva presa.
Qualche giorno dopo, la polizia trovò il corpo di un uomo morto; prima di ucciderlo, lo avevano torturato.
Il giorno dopo diedi un’altra foto e qualche giorno dopo, la polizia trovò un altro uomo torturato e ucciso.
Nel Ministero degli Interni erano preoccupati per quelle due morti e non riceveva notizie dagli altri uomini spia.
La polizia doveva fare una irruzione in una casa dove era solito riunirsi dei collaboratori di partigiani.
Con il solito pezzetto di carta Vasco avvertì sia Paolo che Mario e quando la polizia
fece irruzione in quella casa, invece di trovare chi doveva trovare, trovò solo un gruppo di donne a dire il rosario.
Dato che il movimento di Vasco nel caffè, poteva far sorgere dei sospetti, gli diedero la possibilità di incontrarsi con una ragazza che faceva il doppio gioco; alla presenza di tutti era una fervida attivista del regime, e di nascosto dava informazioni ai partigiani.
Cominciarono a namorare, così tra un bacio e l’altro, Vasco gli forniva i messaggi per i partigiani.
La loro relazione durò fino a quando la polizia l’arrestò.
Quando gli amici la trovarono in una fossa in un bosco, videro che era stata torturata.
Anche Vasco fu interrogato (non torturato), ma non scoprirono niente, ma lo tennero d’occhio.
Era il periodo in cui si sentiva parlare di un colpo di Stato.
La polizia fece diversi arresti, arrestò: Generali, Colonnelli, Capitani, ma le voci non smettevano di dire quello che la polizia non voleva che si dicesse.
Fino a quando una Compagnia di Carristi, partendo dal nord (con la coplicità di alcuni poliziotti corrotti), giunsero alla capitale e appoggiati dal popolo, fecero cadere il regime dittatoriale arrestando i capi del governo.
Finalmente arrivò la pace e con la pace, arrivò la libertà.
Ma la libertà non fu per tutti.
Dopo aver diramato in tutta la nazione, fu chiesta la cessazione delle ostilità tra i partigiani e la polizia del vecchio regime e fu consigliato a tutti i partigiani di consegnare le armi ai vari posti di polizia.
Quando attraverso informazioni, non c’erano più bande di partigiani armati, la polizia arrestò tutti i partigiani che al consegnare le armi, a loro insaputa erano stati fotografati.
Una mattina sparsi per varie città furono trovati dei volantini in cui c’era scritto:
« Così il nuovo governa rispetta la fine della dittatura, arrestando chi ha lottato per la libertà? Se la polizia pensa di aver preso tutti i partigiani, si inganna, c’è ancora il Compagno Vasco in libertà a combatterla. »
Ora dato che la polizia non aveva una foto di questo fantomatico Vasco, non sapeva chi arrestare.
Vasco, quando si parlava di un’eventuale colpo di Stato, aveva fatto le fotocopie di tutti gli appartenenti alla polizia segreta.
Dopo il colpo di Stato al Ministero degli Interni avevano bruciato tante cartelle compromettenti.
Ma se i responsabili pensavano di non essere scoperti per quello che avevano fatto durante la dittatura, non potevano fuggire al Compagno Vasco.
Dopo vari volantini in cui il Compagno Vasco intimava al Governo la liberazione dei partigiani arrestati e tenuti nelle varie prigioni; cominciarono a morire gli ex appartenenti alla polizia segreta.
Ad ogni morto veniva trovato un biglietto: Appartenente alla ex polizia segreta.
La polizia non sapeva dove sbattere la testa, perché Vasco continuava a lavorare al Ministero degli Interni ed era considerato da tutti un Coniglio per il suo modo di fare.
Invece di notte il Coniglio Vasco usciva di casa truccato da prete, da dottore, da cieco ecc. ecc., andava e uccideva gli appartenenti alla ex polizia segreta.
Non scappava neppure chi ormai era: vecchio o malato.
Ad ogni morto c’era chi (pagato da Vasco) spargeva i volantini.
« Ci stanno ancora centoventisei ex appartenenti alla ex polizia segreta. Più i miei Compagni restano in prigione, più ex poliziotti moriranno. »
Dal  Governo  in  cui  facevano  parte  Capi  della  ex  polizia segreta, cominciarono a
Emanare  ordini  di  liberazione  dei  partigiani  detenuti  i  quali  raccontavano  i  mal
trattamenti in cui erano soggetti e di quelli che erano morti sotto le torture subite.
Vasco vendicò quelle morti con il solito biglietto: per il detenuto Gianni morto per causa vostra.
A nulla valevano i premi per la cattura del Compagno Vasco.
Il Compagno Vasco nelle vesti del Coniglio Riccardo, continuava a muoversi liberamente, spargendo disordine tra i documenti del Ministero.
Fino a quando durante una manifestazione elettorale per la candidatura alla carica di Presidente della Repubblica; durante un comizio nella capitale del maggior candidato, mentre stava parlando, ci fu una distorzione dagli altoparlanti. « Chi parla è il Compagno Vasco, il candidato che sta parlando è il maggior responsabile di tutte le attrocità commesse durante la dittatura, ed è arrivata la sua ora. »
Dopodicé dagli altoparlanti si senti l’inno dell’Internazionale.
La polizia, i Guardacosta del Deputato armi in pugno guardavano la folla, pronti a sparare.
Ci fu un caos, la gente fuggiva, si urtava, cadeva ed era calpestata.
Il Senatore spalleggiato dai suoi guardacosta raggiunse la macchina e si allontanò, era in un punto dove non c’era gente, quando la macchina esplose e da quel botto...mi svegliai.      

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