Nella nostra terra in Italia, la vita non era facile.
Chi voleva lavorare, era sfruttato e mal pagato.
Da tempo sentivamo parlare dell’America e chi
poteva e aveva coraggio, vendeva tutto e partiva.
Dopo averci pensato a lungo e passate tante notti
a parlarne, decidemmo di partire anche noi.
Vendemmo tutto quello che avevamo e con il
ricavato ci comprammo due biglietti per il transatlantico e dopo un viaggio di
tre mesi, giungemmo in America.
All’arrivo, dopo aver svolto le necessarie
formalità, ci venne rilasciato un foglio su cui c’era scritto che, da quel
momento eravamo proprietari di un ranch, che era appartenuto a una famiglia di
tedeschi, che erano stati uccisi dagli indiani.
Fuori dal porto, ci aspettava una carovana di
venti carri, e un drappello di soldati che ci avrebbero scortati; proteggendoci
da eventuali attacchi.
Caricato sul quarto carro, quello che eravamo
riusciti a portare con noi, poco dopo, la carovana si mise in movimento diretto
verso l’Est.
Il viaggio fino a Kaycee nel Texas fu lungo.
Ad ogni sosta, dopo aver fatto cerchio con i
carri, i soldati ci insegnavano a sparare; era necessario saper sparare, se
volevamo salvare la vita o venderla ben cara, bisognava saper sparare.
Noi, io e Maria, non avevamo mai sparato e avemmo
delle difficoltà ad apprendere.
Dopo una settimana, Maria sparava meglio di tutti.
Sembrava, fosse nata con la pistola in pugno.
Invece di mirare, guardava il bersaglio e facendo
come; il sergente Rudabaugh gli aveva insegnato, estraeva rapidamente la
pistola dal fodero e sparava dritto al bersaglio e (se era fortuna o nò), i
bersagli (barattoli o bottiglie), li colpiva sempre.
Ogni volta era applaudida, sia dagli uomini, che
dai soldati; tanto che (i soldati), presero a chiamarla Calamity Kid, in
omaggio a una legendaria pistolera.
La sua mira e destreggia, salvò più di una vita,
ogni volta che venivamo attaccati.
Il lavoro di Maria (prima di partire) era di:
sarta e quando vendemmo tutto quello che avevamo per pagarci il viaggio, non si
volle staccare dalla sua macchina da cucire.
Quella macchina gli fu utile durante il viaggio,
non mancava roba da rammendare.
Anche se non chiedeva molto, alla fine del
viaggio, si era potuta comprare una pistola Remington ’44-40.
Non era una pistola automatica; ogni volta,
bisognava tirare indietro il grilletto, prima di sparare.
Maria ci riusciva benissimo.
Anche se non era mancina, la portava sulla
sinistra e nell’occorrenza, la estraeva e aiutandosi con la mano destra, sparava
tanto veloce che sembrava, fosse automatica.
Maria andava fiera della sua pistola, la portava
sempre con se, anche quando non era necessaria.
Il ranch che avevamo avuto dal governo americano,
era stato bruciato quando era stato attaccato.
In attesa della ricostruzione del ranch, ci
eravamo stabiliti nell’unico Hotel esistente a Kaycee.
Kaycee era considerata una piccola città.
Aveva due chiese, una scuola, il Tribunale,
l’ufficio dello sceriffo e vari negozi.
Dopo aver fatto un giro per i vari negozi, Maria
vide un locale vuoto e decise di aprire una Sartoria (che mancava).
Kaycee, una volta era un Forte, ma poi si era
andato sempre più allargandosi, che era diventata, una città cintata.
A Kaycee c’era un distaccamento di cavalleggeri il
cui compito era di mantenere la calma, tra i bianchi e i pellirossa.
I pellirossa del posto erano Navaios.
I navaios era un popolo tranquillo; si dedicava
alla caccia e scambiava le pelli degli animali (bisonti per lo più), con i
prodotti, come: farina, zucchero e cereali e tessuti per le loro donne.
C’erano però altri indiani che migravano e alle
volte attaccavano sia i ranch isolati, che i piccoli villaggi Navaios.
In quei casi, interveniva l’esercito a punire i
colpevoli e calmare gli animi.
Nel Texas c’era la pena di morte.
I cattivi (bianchi o rossi) una volta presi
(vivi), venivano impiccati, sulla collina detta: La collina degli impiccati.
Con l’aiuto di altra gente e il lavoro di Maria
(Maria aveva aperto un negozio in città), ricostruimmo l’abitazione,
rinforzando il tetto, con delle lastre di pietra.
In quel modo, le frecce incendiarie degli indiani,
non avrebbero attaccato le tavole del tetto.
La terra intorno al ranch, non era coltivabile,
era adatta più da pascolo.
Cominciammo con una vacca e piano piano, le vacche
aumentarono, tanto che: ebbi bisogno di aiuto.
Diedi lavoro a due meticci; Dutch, figlio di un
tedesco e una apache, Nick Tana, figlio di un kiowa e una bianca catturata.
Dutch era un vecchio mandriano, mi fu molto utile,
dato che di bestiame non ne sapevo niente.
Nick Tana era bravo nella doma dei cavalli; era
fissato per le donne, quando trovava una che ci stava, non perdeva il tempo,
per spassarsela.
Ci provò pure con Maria, ma quando lei con un
colpo di pistola gli fece una riga in mezzo ai capelli, si tenne alla larga.
Quando Maria si affacciava per dirci che il
mangiare era pronto; se Nick aveva il sorriso sulle labbra (di certo pensando a
una donna), alla vista di Maria e della sua pistola, il sorriso gli spariva
d’incanto, solo pensando alla riga tra i capelli, gli veniva la pelle d’oca.
Non eravamo razzisti, andavamo d’accordo con tutti
i (buoni), siano bianchi che rossi.
Quando eravamo arrivati, avevamo avuto una visita
da un ragazzo indiano, oltre che affamato, aveva gli abiti in brandelli.
Maria gli aveva rammendato i vestiti mentre
mangiava.
Prima di andare via, gli diedi un fagotto di
biscotti fatti da me, con la forma che mi ero portato dall’Italia.
Qualche giorno dopo lo vedemmo insieme ad altri
due indiani a cavallo.
Uno di loro si fece avanti e dopo aver fatto il
segno di Pace, fermò il cavallo e dalla groppa prese qualcosa che tese a Maria.
Come la srotolò, apparve una coperta di tenera
pelle, tutta ricamata con vari disegni.
Maria accettò il dono, sorridendo e facendo segno
di entrare.
Poco dopo riuniti alla nostra tavola a mangiare la
Lasagna, c’erano i genitori di Piccolo Castoro.
Gli indiani per mangiare non usavano le posate
(come noi), ma le mani e non usavano il tovagliolo per pulirle, ma le
strofinavano sui pantaloni.
A quanto pareva, la Lasagna piaceva loro; tanto ne
mangiarono.
Al momento di ripartire, Maria diede a Luna
Pallida un sacchetto (di tela), piena dei miei biscotti.
Venivamo spesso invitati a pranzo dai nostri amici
(indiani); ogni volta portavamo i miei biscotti, che facevano la felicità di
tutti i bambini del villaggio.
Come succedeva spesso; quando gli uomini di una
fattoria si allontanavano con il bestiame, la fattoria era assaltata; sia dai
bianchi che, dagli indiani, i quali dopo aver violentato tutte le donne,
rubavano quello che c’era da rubare e poi davano fuoco alla casa.
Un giorno successe anche alla nostra fattoria.
Mi ero allontanato con i due mandriani e le
bestie, quando a detta di Maria, apparvero tre uomini.
Quando Maria uscì sulla soglia, pensando che
eravamo noi che eravamo tornato, per non sapeva cosa, si trovò d’avanti tre
brutte facce e dalle loro impressioni, capì cosa volevano.
« Se fai la brava con noi, non ti uccideremo. »
« E con che cosa dovrei fare la brava. » disse
Maria.
« Con questo. » disse uno, tirando fuori dai
pantaloni, il pene.
Maria senza pensarci due volte, tirò fuori la
pisola e glielo fece saltare.
L’uomo tenendosi le mani nella parte bassa,
cominciò a trillare come un maiale al macello.
Puntando la pistola verso gli altri due, disse: «
Se non volete un buco in fronte, prendete il porco e filate via. In questa casa
non c’è da divertirsi, si puó solo morire. »
I due non se lo fecero ripetere e fatto salire sul
cavallo il loro compagno, fuggirono al galoppo, sparendo in un batter d’occhi.
Quando tornammo alla fattoria e Maria ci raccontò
quello che era avvenuto, l’abbracciai dicendo: « E brava la mia pistolera. » e
le diedi un bacio.
Maria non lasciava mai la pistola in casa.
Non la lasciava neanche quando andava in chiesa.
Dopo le varie proteste del prete, la nascondeva
sotto la gonna.
Una domenica durante la funzione religiosa, fummo
interrotti da una forte voce.
« Se state buoni e ci darete tutto quello che avete,
non vi faremo del male. »
Maria uscendo dalla fila dell’inginocchiatoio, si
portò al centro della navata.
« Io non ho niente da darvi, ho solo questa. » e
prese a sbottonare i bottoni che univano la gonna.
I tre banditi (erano quelli che volevano assaltare
la nostra fattoria), tenendo le pistole mal puntate, guardavano Maria
sbottonarsi la gonna.
Invece di vedere quello che pensavano di vedere,
videro la pistola e non fecero a tempo di fuggire, che; la pistola sparò tre
volte e tutti e tre caddero a terra.
I banditi non erano stati uccisi, Maria li aveva
solo feriti.
Quando arrivò lo sceriffo con i suoi aiutanti,
presero i tre banditi e dopo averli medicati, li mise in prigione in attesa del
processo.
Il processo si ebbe una settimana dopo e la
condanna fu: l’impiccaggione.
Furono portati alla collina degli impiccati e alla
presenza di tutto il paese, furono impiccati.
Quando lo sceriffo morì
in una imboscata, l’intera città voleva Maria come nuovo sceriffo, Maria dopo
aver ringraziato, rifiutò dicendo che aveva troppo lavoro da fare (alla
sartoria e alla fattoria) e poi senza che lo sapessi, disse di aspettare un
figlio.
Quando tornammo alla
fattoria, la coprii di coccole, ma lei allontanandomi disse: « Non è ancora
arrivata l’ora e ho tanto da fare, togliti di torno che ho molto da fare. » e
messo il grembiule andò ai fornelli a preparare da mangiare.
Mi tolsi di torno
uscendo, non ricordo dove inciampai; fatto sta che cadei...dal letto
svegliandomi.
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