domingo, 18 de agosto de 2013

Sogno n.18 Il primo amore anno 2007

 
Non sò come arrivai in Portogallo.
Ero partito dalla Germania diretto per Roma, in aereo; come l’aereo atterrò a Lisbona invece che a Roma, non lo sò.
Dovevo cambiare aereo, ma dato che non conoscevo il Portogallo, decisi di passare la giornata a Lisbona.
Per prima cosa cambiai un pó di Marchi in Scudos, poi uscii.
Dall’aereoporto presi un autobus che mi portò al Centro.
Ero stato al Turismo e ero con tanti foglietti, ma non sapevo da dove cominciare.
Non parlavo portoghese, un pó tedesco, ma pensavo che sarebbe servito poco.
Stavo facendo delle foto alle fontane della Piazza del Rossio, quando gli occhi mi caddero sopra una ragazza.
Era piccolina di statura, ma ben fatta.
Stava guardando delle vetrine e, non sò come, andai verso un gruppo di venditrice di fiori e comprai una rosa.
Con la rosa avvolta in una carta stagnola, mi diressi verso la ragazza.
Giunto al suo fianco, non sapevo cosa dirle; ma poi in italiano dissi: « Posso rendere un omaggio a una bella ragazza? »
Lei girandosi verso di me, prese la rosa e disse: « Grazie.»
Rimasi a guardarla a bocca aperta, poi.
« La signorina è italiana? »
Lei con un sorriso disse: « No, sono portoghese e conosco qualche parola d’italiano ».
Poco dopo stavamo parlando.
Lei in cattivo italiano.
Io in cattivo portoghese (parole che ci scambiavamo).
Mi chiese cosa facevo in Portogallo:
Essendo del segno dei pesci (come lei), ero molto fantasioso, così dissi: « Stavo viaggiando in aereo diretto a Roma, quando una sirena lanciò il suo fluido con un canto e il pilota dell’aereo ne rimaso attratto, tanto che deviò la rotta ed atterrò a Lisbona. Anch’io fui attratto dalla sirena, tanto che come un marinaio mi diressi verso di lei. Così lei è la mia sirena. »
Maria (che era il suo nome) si mise a ridere.
Era un bel riso cristallino, il più bel riso che mai avevo sentito.
Sicuramente non aveva capito molto di quello che avevo detto, ma non lo fece capire.
Mi chiese se conoscevo Lisbona.
Le risposi di nò e le chiesi se mi poteva fare da guida.
Promisi, che se fosse andata a Roma, avrei fatto altrettanto.
Così prima fianco a fianco, poi dandoci la mano, andammo in giro per la città.
Prendemmo dei Tram che a Roma ormai non si usavano più e, su e giù per le colline della città, ci divertimmo un mondo.
A Lisbona c’erano sette colline come a Roma, anche se le colline non si chiamavano Monti o Colli come a Roma.
Monte Sacro, Colle Esquilino, ColleCelio, Colle Palatino, Colle Op-pio, Colle Gianicolo, Campidoglio.
Nell’ora del pranzo ci lasciammo con la promessa di rivederci dopo.
Mi lasciò in un piccolo ristorante dopo aver parlato con un camerie-re.
Mangiai il baccalà, come non avevo mai mangiato.
Una porzione era sufficiente per due o per tre.
In Portogallo quando provai a mangiare la pasta, la trovai molto cotta.
Verso le quattro Maria mi raggiunse e voltammo a visitare i luoghi caratteristici di Lisbona.
Maria disse di aver parlato di me alla sua famiglia e se volevo, prima di partire me l’avrebbe fatta conoscere.
Ero innamorato cotto.
Era bastato quel sorriso in Piazza del Rossio che mi aveva stregato.
La stavo sempre a guardare, anche quando mi indicava qualcosa; dopo un’occhiata, i miei occhi tornavano verso i suoi.
Anche lei lo doveva essere.
Quando i nostri occhi s’incontravano, le fioriva un sorriso sulle labbra e mi stringeva più forte la mano.
Non parlammo dei nostri anni, per me era una ragazzina.
Verso sera prendemmo un tram e ci dirigemmo verso casa sua.
Portavo con me un fascio di fiori, una bottiglia di spumante dolce e una scatola di cioccolatini per la sorella più piccola.
Arrivati, dissi: « Com licenza »; come mi aveva insegnato Maria, ma poi dentro casa scordai tutte le parole imparate e con impaccio, tornai a parlare italiano.
Il padrigno di Maria (la madre si era risposata dopo essere rimasta vedova), mi venne in antipatia, come pure la sorellastra.
Alla madre e alla nonna sono piaciuto.
Vollero sapere molte cose di me.
Dissi di avere 20 anni, di avere un altro fratello e due sorelle e di lavorare in Germania.
Cenai con loro.
La partenza per l’Italia la rimandai ai posteri (con il pensiero).
Finita la cena, domandai tramite Maria se mi indicassero un Hotel per passare la notte.
Maria mi disse che dovevo ripartire, i miei genitori erano in pensiero per il mio ritardo, che mi aspettavano e poi lei il giorno dopo non mi poteva accompagnare perché doveva lavorare.
Così a malincuore la lasciai e con un taxi tornai all’aereoporto per prendere l’aereo della notte che mi avrebbe portato via da Lisbona e da Maria.
Come promesso ci scrivemmo.
Io tutti i giorni le mandavo una cartolina: di Roma o dei luoghi dove passavo e dalla Germania, quando tornai a lavorare.
In una lettera, seppi che Maria aveva 5 anni più di me (non ci credetti), ai miei occhi era una ragazzina, se non di 10 anni, ma non più di 15 o 16.
Mi disse di essere fidanzata e prossima a sposarsi.
A leggere quelle parole, sentii il cuore spezzarsi.
Non volevo crederci, era me che Maria doveva sposare, ero io che l’amavo e che lei amava e non l’altro.
Come poteva farlo, come poteva dimenticare il nostro amore.
Ma poi mi resi conto, che Maria avesse detto il vero per l’età e che ero io il ragazzino.
Nall’amore, l’età non conta.
Pensavo a zi Germano che aveva la moglie di 20 anni più di lui, 5 anni non sono poi tanti.
Per un pó non le scrissi e quando ricevetti l’invito per le nozze non ci andai.
Nonostante tutto, non la dimenticai.
Restammo amici e quando arrivava l’estate e prendevo le ferie, andavo in
Portogallo.
Facevo visita a sua madre e sua nonna e giravo il Portogallo scrivendo dai luoghi che Maria non conosceva.
Una volta il marito mi strillò, disse che dovevo lasciare in pace sua moglie.
In cattivo portoghese gli risposi; non era Maria che andavo a trovare, bensì la nonna che: essendo vedova, mi faceva piacere corteggiare.
Lui non mi credette, e a me (pizza ricotta).
In una lettera Maria mi disse di non scriverle più al suo indirizzo, ma; mi diede due recapiti. Uno della padrona dove lavorava e l’altro di una sua amica.
Gli anni passarono ma, non mi sposai, volevo restare fedele al mio primo amore.
Avevo cambiato lavoro.
Lavoravo a Roma, in un Ministero.
Ai miei genitori e agli amici e colleghi dicevo di avere una fidanzata in Portogallo che non si decideva a fissare la data del nostro matrimonio.
In fin dei conti, giustificavo la mia bugia, ogni volta che andavo in Portogallo, scrivevo o portavo dei pensierini.
A lungo andare, dovetti cambiare sistema.
Mi ero lasciato con la ragazza portoghese e per dimenticarla, dissi di volere fare il prete.
Per fare sì che fosse più veridiero, mi iscrissi ad un Seminario.
Continuai a lavorare al Ministero, il pomeriggio lo passavo al Seminario e la sera, alle volte dormivo lì o tornavo a casa.
Per le ferie, andavo in Portogallo e se non vedevo Maria, mi trattenevo con la madre e la nonna.
Avevo appreso a parlare portoghese e, anche se la pronuncia non era perfetta, capivo e mi facevo capire.
Così potevo raccontare quello che facevo a Roma ma, alla domanda: perché non mi ero ancora sposato... non sapevo cosa rispondere e mi intristivo e loro capivano del perché.
Purtroppo, prima la madre, poi la nonna morirono e non avevo più una scusa che mi portava in Portogallo.
Gli anni passarono.
Non divenni prete, ne mi sposai.
A 48 anni, mi sentii solo, così tramite un giornale particolare, posi un annuncio.
Cercavo una compagna per passare il resto della mia vita.
Le risposte erano sempre le stesse: i soldi.
Le donne pensavano più ai soldi, che all’amore; così un giorno misi un annuncio sul giornale: « Le donne pensano più ai soldi, che all’amore. »
Ricevetti una telefonata.
Una voce disse: « Non è vero, io penso più all’amore vero, che ai soldi. »
Combinammo l’incontro, a Ottaviano. Alla fermata dell’autobus n.6
Al luogo dell’appuntamento non c’era nessuno.     
Conoscendo l’abitudine delle donne; arrivano sempre in ritardo.
Mi preparai ad aspettare, la solita mezza ora.
Mentre aspettavo, vidi due donne.
Una intenta a guardare una vetrina; l’altra vicino ad una pompa di benzina.
Una indossava un mantello nero e una sciarpa rossa; l’altra, un mantello rosso e una sciarpa nera.
L’accordo era: io indossavo un completo azzurro, lei un mantello e una sciarpa di colore....
Pensai: « Di che colore disse: mantello nero e sciarpa rossa o viceversa?»
Non sapendo cosa fare, decisi di aspettare che facessero loro la prima mossa.
Io stavo sul luogo dell’appuntamento, non loro.
Mentre aspettavo, arrivò una macchina, si fermò vicino alla pompa di benzina e la donna salì in macchina.
Restava la donna intenta a guardare la vetrina.
Mi avvicinai e, titubante domandai: « Si chiama Maria? »
Lei si voltò, ed era Maria, la ragazza conosciuta tanti anni prima a Lisbona.
Il mio primo amore.
Fu un bel sogno.























                                     


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