sábado, 7 de setembro de 2013

Sogno n.92 India Misteriosa anno 2013



In un volantino pubblicitario che avevamo ricevuto da una conoscente trovammo una offerta irrifiutabile.
sette giorni in India per cinquecento Euro tutto compreso: viaggio in aereo (andata e ritorno), albergo di quattro stelle con alimentazione completa e pulman con guida che parlava portoghese che ci avrebbe condotto in giro per Nuova Dely e d’intorni.
Ci prenotammo e ci occupammo per il visto tramite l’Ambasciata Indiana di Lisbona.
Nel giorno fissato eravamo riuniti all’aereoporto insieme ai partecipanti ed alcuni amici di Lisbona e Queluz due ore prima della partenza ovvero alle ore 10,15.
Dopo 14 ore e due scali siamo arrivati a Nova Dely alle ore 02,30.
Ci aspettava il pulman dell’hotel  che ci accompagnò al Maestik.
Dopo aver svolto tutte le formalità ci ritirammo nelle nostre stanze.
Alle ore 8,20 ci diedero la sveglia e un’ora dopo eravamo nel salone a fare colazione.
Finita la colazione (all’indiana), lavati i denti, uscimmo dall’hotel e un pulman ci condusse a visitare la città e i luoghi sacri.
Dely è bella; solo che...ci sono troppi mendicanti che non ti lasciano in pace fino a quando non gli dai qualcosa.
Solo che...sembrava che quasi tutti gli indiani vivevano di elemosine.
Pur di levarci i (ragazzini) di torno, davamo le monetine da 5, 10, 20 e 25 paisas.
All’interno dei templi i (ragazzini) non potevano entrare, c’erano sacerdoti (bramini) a fare le loro veci, solo che non accettano le monetine (paisas) ma le rupie.
È vero che è tutto compreso, ma a forza di dare, ci accorgiamo che il viaggio in India ci verrà a costare ben caro.
Per non parlare dei souvenir indiani; la maggior parte sono: Made in China.
La nostra permanenza in India è di cinque giorni.
Due li abbiamo passati nella capitale, gli altri tre per le altre località più indicate; tra cui: il tempio di Fatehpour, il tempio di Khajuraho e il Tal Majal.
Fu a Kajuraho che mi successe una cosa strana.
Eravamo nell’interno del tempio quando sono stato avvicinato da un santone il quale mi chiese dei soldi.
Da principio non capivo quello che voleva, ma poi grazie all’interprete portoghese capii che il santone voleva dei soldi.
Cominciai per dargli delle monetine, che lui non accettò.
Dal segno delle dita (pollice e indice), voleva delle banconote, gli diedi 10 rupie che non accettò.
Pensando al cambio: rupia-euro era più o meno di 12,900 centesimi.
Continuai ad aumentare tutte le banconote che avevo in rupie; ne avevo circa mille e duecento trenta.
Il santone continuava a scuotere la testa in segno di negazione.
Allora rivolgendomi all’interprete chiesi: « Non vuole le rupie, ma che vuole? »
Al che la guida disse: « Vuole euro o dollari. »
A parte il fatto che mi stava importunando impedendomi di seguire il gruppo alla visita del tempio, pur di levarmelo di torno, gli diedi 10 euro.
Lui li prese ma continuò a volerne degli altri.
A quel punto persi la pazienza e strattonando la mano che mi prendeva per la giacca gli dissi in buon romanaccio: « Ma che vuoi, non basta il governo a derubarci, mo ce se mettono pure i santoni; ma va a quel paese a te e a chi non te ce ha già mandato. »
Mi allontanai, senza dare retta a quello che stava strillando (tanto non capivo neanche una parola).
Tornati in hotel, tutto quello che mangiavo sapeva di rancito.
Sulle prime reclamai, ma poi quando mia moglie assaggiando il cibo che a me sapeva
di rancito, disse: « Guarda che ti sbagli; il cibo è veramente buono. »
Sarà per lei, a me continuava a saper di rancito come anche l’acqua minerale.
Per non morire di fame dovetti fare buon viso a cattivo gioco (termine di un giocatore di carte), mangiai, pur facendo fatica a mandarlo giù.
Per fortuna il tempo passò e arrivò il giorno per tornare in Portogallo.
Il cibo che sapeva di rancito mi seguì anche sull’aereo e in Portogallo una volta tornati a casa.
Non sapevo che fare.
Il nostro dottore non sapeva che rimedi darmi; dopo tutti quelli che avevo provato.
Alla fine mi consigliò di parlare con un dottore indiano.
Non ne conoscevo nessuno; poi tramite l’internet trovammo il dottor Nassana Cossorò.
Dopo aver marcato una consulta, volle sapere yutto quello che avevo fatto prima di avere quei strani sintomi.
Gli raccontai del viaggio in India, ma quando arrivai a parlare del santone che voleva i soldi, mi interruppe dicendomi che non avendogli dato tutto quello che lui voleva, mi aveva lanciato una maledizione.
Che potevo fare? gli chiesi.
Dovevo tornare in India, cercare il santone e dargli tutto quello che lui voleva e non in cattivo modo; perché il santone lo avrebbe capito e pur prendendo i soldi, non mi avrebbe liberato dalla maledizione.
Tornare in India non era mica facile; se non c’era una proposta commerciale, la spesa sarebbe stata alta.
Avevo dei risparmi in banca, ne presi un pó e con quelli mi pagai il viaggio in India.
Non sapendo quando avrei trovato il santone, facemmo il biglietto di sola andata.
Nel precedente viaggio avevamo chiesto il visto turistico che ce lo avevano concesso per sei mesi.
Non avendo una guida che parlava portoghese ci fu indicato di rivolgerci all’agenzia indiana di Jaipur, di Karni Singh dandoci il suo numero telefonico.
Dopo esserci messi in contatto con l’agenzia di Karni e fatto sapere quando saremmo partiti, ci fu detto che al nostro arrivo a Nova Delj avremmo trovato un suo incaricato ad attenderci.
Il 7 settembre (il nostro giorno) salimmo sull’aereo e dopo 14 ore arrivammo a Nova Delj.
La consegna dei bagagli è lenta; già ci è capitato quando siamo arrivati con il gruppo. Circa mezz’ora di attesa arriva la nostra grande valigia.
Fuori in attesa in una doppia fila c’era tanta gente che strilla o agita i cartelli con i nomi dei passeggeri in attesa.
Dopo aver cercato a lungo lo vediamo lo regge un uomo vestito di bianco con i nostri cognomi sul suo cartello.
È l’incaricato dell’agenzia Karni. Dice di chiamarsi Dinesh ed è il nostro autista che, ci accompagnerà durante la nostra permanenza in India.
Prende la valigia e ci guida verso un parcheggio buio, verso una grande macchina bianca: una Toyota.
Ci accompagna all’hotel Siddhart che avevamo prenotato.
Siamo talmente stanchi che non facciamo caso all’odore di smog che c’è in tutta Delj.
Una volta a letto ci addormentiamo subito.
Il mattino dopo alle 9,30 puntualissimo, ecco Dinesh che ci aspetta davanti all’hotel, con la sua divisa bianca e una elegante giacca blu.
Una volta in macchina metto subito le carte in tavola (è un modo di dire) gli parlai di quello che mi è capitato al tempio di Khajuraho.
Maria in quell’occasione aveva fatto diverse foto e una di queste raffigurava il santone.
Mostrai la foto a Dinesh e lui dopo averla guardata a lungo disse di conoscerlo.
Si chiama Mipiah Celafik ed è un santone dedicato a Prithivi Mata (la divinità della Terra).
Senza perdere tempo andiamo a Khajuraho che dista a 620 chilometri da Delj.
Ci vogliono sette ore (se tutto va bene).
Dinesh è un uomo tranquillo, durante il viaggio non l’ho mai visto irritarsi per via del traffico caotico. L’ho visto schivare di tutto: mucche, cani, capre, biciclette, risciò, camion, tutto con la stessa disinvoltura e pazienza.
Dopo otto lunghissime ore arriviamo a Khajuraho.
A Khajuraho c’è il più grande numero di templi medievali, induisti e giainisti dell’India.
Seguendo Dinesh cominciamo dal tempio dove siamo stati con il gruppo.
Dinesh domanda del santone, poi rivolgendodi a noi dice: « Qui non c’è, nessuno l’ha visto oggi. »
« Dove lo possiamo trovare? »
« Bisognerebbe andare negli altri templi, ma potrebbe essere una cosa lunga. Vi consiglio di trasferirvi da Nova Delj a qui. »
Così facemmo.
Il giorno dopo lasciammo l’hotel di Siddhart e ci trasferimmo al Radisson Jass Hotel di Khajuraho.
La ricerca del santone Mipiah Celafik ci prese una settimana.
Dopo averlo trovato combinammo il prezzo per togliere la maledizione.
Mipiah faceva l’offeso tanto da tirare su il prezzo, alla fine dopo tanti raggiri sparò: voleva 500 euro al mese.
Dissi tramite Dinesh che non potevo dargli quella somma mensili perché non guadagnavo molto, se accettava gli avrei dato 1.000 euro.
Lui dopo tante parole (incomprensibili) scese a 400 euro al mese.
Al che...mi arrabiai (avevo promesso a Dinesh di non farlo).
Presi il santone del cavolo per la tunica e guardandolo negli occhi gli dissi: « Io italiano mafioso, se non mi levi la maledizione, invece di mille euro riceverai mille pallottole calibro 38 e di te non rimarrà neanche una piccola parte intera. Ci siamo capiti??? »
Dal viso il santone aveva capito l’italiano e disse di tornare l’indomani con i mille euro e lui avrebbe tolto la maledizione.
Il giorno dopo non gli portai i mille euro perché; mi svegliai a casa mia in Portogallo e capii che era stato solo un sogno.

P.S. Comunque sia...non andrò in India e non lo consiglio anche a vo

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