Stavo in cucina a fare i biscotti (Ferratelle), ascoltando la radio ad una
stazione locale, quando ad un intervallo della musica, la conduttrice del
programma, annunciò i vincitori del concorso “ Invito al ballo “.
Tanta fu la sorpresa, quando udii il mio nome.
Mi ricordavo di aver telefonato una volta (non ricordavo quando), dando il
mio nominativo e il numero da sorteggiare.
Il ballo si teneva ad una Sala da ballo molto frequentata.
C’era però un problema; non conoscevo nessuna donna da
invitare.
Sapendo il numero telefonico della Stazione Radio Locale, telefonai,
chiedendo alla telefonista, se mi poteva passare la conduttrice del programma,
Signora Maria C.
Una volta messomi in contatto, dissi chi ero, chiedendo scusa di averla
incomodata con la mia telefonata.
Era che, pur avendo vinto l’invito al ballo, non conoscevo nessuna donna da
invitare.
Lei disse che, non sapeva che farci, potevo passare l’invito ad un’altra
coppia.
Fattomi coraggio, sparai la proposta, invitandola a venire con me, al
ballo.
La Signora Maria, rifiutò l’invito, alludendo ad una scusa.
Riattaccai deluso, tornando al fornello.
Ripresi a fare le Ferratelle, ascoltando la radio.
Alla conduttrice arrivarono molte telefonate; da alcune donne che avevano
una certa confidenza con lei.
« Perché non accetta, le farà bene uscire, conoscere gente nuova... »,
eccetera eccetera.
La Signora Maria rispondeva, che non poteva, aveva un figlio piccolo e non
sapeva a chi lasciarlo; al sabato poi...
La richiamai: « Lo porti con lei, vedrà che si divertirà. Il ballo comincia
alle ore 21, la verrò a prendere alle 20 e 30, si faccia trovare pronta. »
« Nò!, non venga, perderà solo il suo tempo, e poi è tanto tempo che non
ballo, le farò fare una brutta figura. »
« Se non vorrà ballare, mi accontenterò della sua compagnia. A proposito
come si chiama suo figlio? »
« Si chiama Michele ed è appassionato di macchine sportive. »
« Michele, un bel nome, mi ricorda un: San Michele Arcangelo. Diventerà un
angelo.»
La signora Maria si mise a ridere dicendo: « Quale Angelo, Michele è un
vero diavoletto, le vuole avere sempre vinte. È una fatica stargli appresso. »
Sentendo odore di bruciato, lasciai la cornetta, correndo alla forma che
avevo lasciato sul fuoco e la Ferratella si stava bruciando.
Una volta messa la forma al sicuro, tornai al telefono, scusandomi
dell’interruzione.
« Mi scusi dell’interruzione, mi si stava bruciando una Ferratella. »
Volle sapere cosa era, una Ferratella.
Spiegai, cosa era: « È un biscotto che si fa, mettendo una pallina di
inpasto, nella forma e facendola cuocere sul fuoco. Non bisogna distrarsi,
altrimenti, l’impasto si brucia. »
Non aveva mai sentito parlare di un biscotto che si chiamava Ferratelle.
Promisi di portargliene un sacchetto, quando l’avrei andata a prendere.
La Signora Maria, tornò a dire di non andarla a prendere, se volevo, potevo
portare i biscotti alla Radio.
Non le detti retta, e la sera del sabato alle ore 20.00, suonavo al
citofono del palazzo dove abitava.
Quando chiese, chi era? Le dissi di fare andare alla finestra suo figlio.
Tornando vicino alla macchina, aspettai che da una delle finestre, si
accendesse la luce e guardasse fuori.
Quando la luce della finestra del terzo piano si accese, non solo vidi due
figure, ma dopo aver aperto la finestra, vidi un bimbo affacciarsi tutto
eccitato.
Dieci minuti dopo, sia la Signora Maria, che suo figlio Michele, uscivano
dal portone e il bimbo tirando per la mano, la madre, venne verso di me,
guardando con gli occhi sgranati la macchina Ferrari (Testa Rossa).
Alla Signora Maria diedi il sacchetto con le Ferratelle, a Michele diedi un
modellino della macchina Ferrari (Testa Rossa).
Fatti salire in macchina, misi in moto e non feci fare troppo rumore al
potente motore della Ferrari.
Una volta partiti, domandai se avevano cenato.
Alla domanda negativa, chiesi se conoscevano un posto dove si mangiava una
buona pizza.
Fu Michele che lo disse.
Facendomi guidare dalle sue indicazioni, mi diressi verso la Pizzeria,
parcheggiando la macchina d’avanti il locale.
Feci scegliere le pizze, e finite le quali, mangiammo un eccellente dolce
della Casa.
Erano le ore 21.15 guando arrivammo alla Sala da ballo.
Lasciai la macchina ad un ragazzo addetto al parcheggio, dicendogli di non
rovinarla.
Mentre entravamo nel locale, sentimmo il potente rumore dei tubi di
scappamento della Ferrari.
Avevamo un tavolo riservato e quando ci sedemmo, la Signora Maria fu
circondata da tante amiche, parlando tutte insieme, come tante galline.
Per non sentire, aldai al bar a bere un caffè.
Quando cominciarono le danze, io e Maria, entrammo nella pista.
Un poco titubante, cominciò a muovere i primi passi.
Dopo il terzo ballo, si era sciolta e dimostrò di essere una maestra del
ballo liscio.
Non fummo la sola coppia a saper danzare, ma fummo molto applauditi.
Michele si era unito insieme ad altri amici, giocando con il modellino che
gli avevo regalato.
Ogni tanto spariva; di certo andava a mostrare agli amici, la vera
macchina.
Verso mezzanotte, smettemmo di ballare, vedendo Michele che stava dormendo
con la testa appoggiata al tavolino.
Salutando gli amici, lasciammo il locale e tornammo a casa sua.
Avevo preso in braccio Michele, che depositai sulle ginocchia di Maria dopo
che lei era già in macchina.
Arrivati sotto casa, volli portare su Michele, in braccio.
Michele non era un peso piuma e Maria non era una donna robusta.
Mentre mettevamo a letto Michele, lui aprì gli occhi, ed io dicendogli: «
Domani vuoi venire a Disneylandia di Parigi? »
Con la voce assonnata, disse: « Si! Si! Mamma mi ci porti? »
« Va bene, però ora dormi. »
Dandogli un bacio in fronte, lo coprì e spense la luce della cameretta.
Una volta in cucina, Maria disse: « Che le è passato in mente, dicendogli
quello, non possiamo andarci e poi...a Parigi. »
Mi diressi verso la porta d’ingresso, dicendole; « Domani alle 9, fatevi
trovare pronti.»
Mentre stava a bocca aperta, salutandola, andai alla macchina e tornai a
casa.
La mattina dopo, alle 8.45, citofonai e alle 9.00 uscirono dal portone.
Quel giorno non avevo la Ferrari, ma una Maserati.
La Maserati aveva quattro posti ed era coperta.
Saliti in macchina, mi diressi verso l’aereoporto e invece di dirigirmi
verso le Partenze, andai verso un cancello e mostrando una tessera al custode,
mi fece entrare e mi diressi verso un Hangar.
Fuori era stazionato un piccolo Jet con il motore già in moto.
Da una scaletta salimmo a bordo e dopo aver agganciato le cinture, l’aereo
decollò da Lisbona e un’ora dopo, atterrammo all’aereoporto De Gaull di Parigi.
Una macchina ci aspettava, e con quella ci dirigemmo verso il Luna park.
Passammo tutta la giornata a Disneylandia.
Non fu solo Michele a divertirsi, ci divertimmo anche noi.
In quel posto, anche i grandi diventano bambini.
Verso sera lasciammo Parigi e tornammo in Portogallo. Alle ore 22.00,
portavo in braccio Michele e dopo averlo svestito Maria lo mise a letto.
Salutandola sulla porta, le dissi: « Ci vediamo Sabato alle ore 20.00. »
Sempre lasciandola a bocca aperta, la salutai, andando via.
Il sabato seguente con un’altra macchina, li andai a prendere e la domenica
tornammo a Disneylandia a completare la nostra visita.
Tornati in Portogallo e a casa di Maria, mettemmo a letto Michele e poi mi
diressi verso la porta per andare via.
Sulla porta d’ingresso, Maria mi, disse: « Come mai sei tanto ricco, che
lavoro fai? »
« Faccio e vendo le Ferratelle. »
Ma era solo un sogno.
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