Una notte sognai di essere...il Barone Pinco Pallino di Vattelapesca ero un
nobile, sì perché se non fossi di discendenza nobile non potevo essere Barone.
C’era anche chi era Barone senza essere nobile, ma quello era chiamato
Barone perché rubava al gioco.
Ero proprietario di un castello, situato sul colle di Vattelapesca oltre
che terre e case date in affitto.
Per me, il tempo non era passato.
Amavo vestire alla moda antica e obbligavo tutti: moglie e figli a vestire
alla moda medievale.
Così pure tutti quelli che lavoravano alle mie dipendenze.
Anche se amavo vivere allo stile medievale, non disdegnavo dei mezzi
moderni.
Non si poteva essere amico del Barone Pinco Pallino se non si era Barone.
Come Il Barone Marco Ndino Ndino Ndello di Rocca Bruna.
Ogni anno in occasione delle Fiere Medievali, amavo parteciparvi come
ospite pagante e con me, se volevano mantenere la mia amicizia; altri Baroni..
Quando andavo ad una Fiera mi facevo precedere da un TIR che trasportava la
mia tenda e quella dei miei servitori, poi a seconda della distanza, o prendevo
l’aereo, il treno o la mia carrozza.
Una volta sul posto, occupavo la mia tenda e dopo essermi riposato del
lungo viaggio, mi preparavo per andare a cena da uno o altro Barone.
Oppure ero io che ricevevo gli altri Baroni.
In occasione della fiera, ogni Barone aveva il suo Cavaliere, il quale
dietro il suo ordine, sfidava gli altri Cavalieri in un torneo.
Alla fiera oltre a saltimbanchi, giocolieri, cuochi, panettieri e venditori
di vino, partecipavano anche: guerrieri (attori e non) contrattati o
partecipanti volontari.
Sì perché ad ogni Fiera, il Barone Pinco Pallino e gli altri Baroni,
mettevano in palio una somma di denaro a chi vinceva più tornei.
C’era lo scontro con la lancia, con la spada, il tiro con l’arco, il lancio
del sasso (una pietra di cinque chili) e la lotta corpo a corpo.
Durante i tornei, nessuno moriva, anche se rimaneva un pó acciaccato.
Il mio Cavaliere si chiamava Lancillotto, quello di Marco, Ettore
Pieramosca e cosÍ via.
Il loro compito era di vincere, a loro i soldi, ai Baroni la gloria.
Fuori di ogni tenda, oltre allo scudo con lo stemma del Casato, c’éra
un’asta a cui appesa c’erano i vari simboli di tornei vinti.
Ai nostri pranzi o cene, erano invitati anche i vari rappresentanti del
potere locale.
Spesso c’era chi si faceva fotografare vicino a noi, a noi non c’importava,
basta che non disturbassero quello che nel momento stavamo facendo.
Ogni barone aveva il suo hobby e un anno si e un altro no, ci si rincotrava
alla Fiera, non con gli abiti lussuosi, ma con quelli che inpersonava.
Il mio hobby era fare i biscotti chiamati Ferratelle.
Questi biscotti venivano offerti o venduti.
In occasione della Fiera, venivano preparati tanti sacchetti di tela bianca
su cui era ricamato: Fiera Medievale di.... e Ferratelle Medievali.
In quell’occasione insieme con la famiglia (chi voleva venire), affittavamo
una casa e quando la fiera non era aperta, preparavamo i biscotti che mettevamo
nei sacchetti e gli ingredienti per i biscotti da fare alla Fiera.
Il posto che mi era stato assegnato era un gazebo, trasformato in una
cucina medievale dove tutti gli utensili erano di legno o di coccio.
Poco prima dell’apertura, portavo tutti gli ingredienti nel gazebo e
all’apertura, con il
mio camicione bianco e un grembiule (bianco), mi preparavo ad impastare la
farina per fare i biscotti.
Era stato preparato tutto come se invece di stare nel secolo XXº eravamo
nel secoli XIIº.
La farina era prima impastata in una bacinella di coccio a cui veniva
aggiunto lo zucchero (grezzo) preso da un sacchetto di tela (fuori e plastica
dentro) con un cucchiaio di legno, il latte era in una brocca e versato in un
bicchiere di coccio, le uova stavano in un cesto con la paglia, (per quelli che
non credevano che le uova erano fresche, c’era una gallina su un altro cesto,
seduta su otto uova che venivano sostituite ogni volta che finivano).
Il fornello a gas era mascherato da piccoli tronchi (di cemento) su cui
veviva poggiata la forma (di ferro fuso).
Le Ferratelle appena fatte venivano vendute a mezzo torrione (uguale a 50
cent. di euro) un sacchetto costava 5 torrione (uguale a 5 euro).
Le Ferratelle appena fatte, si potevano mangiare così come erano o spalmate
di burro o marmellata (casareccia).
Non c’erano lamentele da parte dell’Ufficio di Igiene, perché nel medioevo
non era stato ancora inventato.
Peccato fosse stato solo un sogno.
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