Mi era sempre piaciuto fare l’imitatore, ma non imitatore
di voci, bensì di suoni.
Quando sentivo uno strumento suonare, cercavo di imitarlo
registrando il risultato.
Mi piaceva suonare l’armonica a bocca, così quando viaggiavo in treno o in
autobus mettevo due dita nel taschino della giacca e tiravo fuori la minuscola
armonica (che non c’era) e mettendo le mani vicino alla bocca, cominciavo a
suonare, applaudito da chi mi ascoltava.
Così anche con la chitarra, il flauto, la tromba e il sassofono.
Come ci fu un concorso dedicato alla ricerca di nuovi talenti, feci la
domanda (non come imitatore) ma come suonatore di vari strumenti.
Quando venne il mio turno, mi presentai portando quattro custodie; della
chitarra, del flauto, del sassofono e della tromba.
Prima di cominciare l’esecuzione, raccontai, alla giuria e al pubblico una
favola.
La favola del vestito invisibile.
La favola diceva così: « C’era una volta un re che amava cambiare vestito
tutti i giorni, non indossava mai il vestito già una volta. I sarti di tutto il
mondo, non sapevano più che inventare. Fino a quando si presentarono al re due
personaggi che dissero al re: « Noi abbiamo un tessuto straordinario, invidiato
da molti re, solo che... costa molto, tanto che...pochi lo possono comprare. »
il re disse: « Sono molto ricco e se non bastano le mie ricchezze, aumenterò le
tasse. » « Se così è possiamo confezionare il vostro vestito. » cominciarono a
prendere le misure, poi si richiusero in una stanza e non lasciavano entrare
nessuno, fosse anche il re. Ogni tanto chiedevano soldi, sempre più soldi,
avevano sempre scuse per chiedere soldi. Alla fine quando il re non riuscì più
a pagare, i due personaggi dissero che il vestito era pronto. Il vestito era fatto
con una stoffa, tanto speciale che, solo i sciocchi non riuscivano a vedere.
Dopo aver fatto spogliare il re, lo rivestirono. Il re non vedeva nulla, ma non
poteva dirlo per non passare da sciocco. Quando i due lestofanti completarono
di vestirlo, il re si presentò alla corte. Potete immaginare la reazione. I due
lestofanti dissero al re: « Se il tuo regno è pieno di sciocchi, non è un buon
regno, ai sciocchi è meglio tagliare la testa che avere un popolo di sciocchi.
» Presto fatto i due lestofanti sparirono prima che il re capisse di essere
stato imbrogliato.
I miei strumenti sono fatti di un materiale che...solo i sciocchi non
riescono a vederli.
Aperta la custodia della chitarra, feci come se ci fosse veramente e come
se la vedessi e toccassi, feci passare la cinghia dietro le spalle e cominciai
pizzicare le corde. Quando la chitarra fu ben accordata, cominciai con una
sivigliana degna di Paco de Lucia, seguendo poi con un fado di Carlos Parede.
Terminato, fui applaudito, chi fischiò era uno sciocco.
Seguii con il flauto.
Al quale molti applaudirono e pochi fischiarono.
Facendo una pausa dissi: « Se pensate che abbia indosso un registratore,
potete controllarmi.
Presentandomi alla giuria, presi a spogliarmi passando loro i vestiti per
controllarli, quando rimasi solo con gli slip, poterono vedere che non portavo
nessun apparecchio che producessi suoni.
Dopo essermi rivestito, presi il sassofono e suonai “Torna a Sorrento”.
Ancora una volta; fui applaudito e fischiato.
Rivolgendomi al pubblico dissi: « Conoscete la storia del piffero magico?
Per chi non la sapesse gliela racconto. Nel paese di Nonsódove c’era una
invasione di topi; più ne ammazzavano, più ne apparivano. I topi erano
dapertutto. Persino nei letti. La gente non ne poteva più di questi topi. Si
rivolsero al Re e lui dopo aver consultato i suoi maghi, gli fu consigliato di
rivolgersi ad un certo pifferaio famoso per guarire tutti i mali al suono nel
suo piffero. Fu mandato a chiamare e quando il pifferaio si presentò alla corte
il Re gli domandò se il suo piffero sarebbe stato capace di debellare il
flagello dei topi. Il pifferaio disse di poterlo fare ad una condizione: Se il
Re e tutti gli abitanti del paese gli avrebbero dato uno Scudo (moneta locale)
ciascuno. Il Re e tutti gli abitanti accettarono. Il pifferaio cominciò a
suonare il suo piffero e tutti i topi furono attratti da quel suono. Il
pifferaio cominciò a camminare e tutti i topi lo seguirono. Arrivato presso un
burrone, il pifferaio mise un gancio ad una fune tesa tra una sponda e l’altra
del baratro e mentre lui si faceva trasportare, i topi caddero nel baratro e
morirono schiacciati in fondo al burrone e chi non morì schiacciato, morì
affogato nel fiume che scorreva lì in fondo. Tornato al paese si recò dal Re
per riscuotere il suo dovuto. Il Re rifiutò di dargli lo Scudo e così fecero
tutti gli abitanti. I pifferaio non se la prese a male, lasciò il paese e
riprese la sua strada suonando il piffero. Ma la musica era diversa; non era
quella che aveva attratto i topi. Al suon di quella musica tutti i bambini del
paese e della reggia uscirono dalle loro case e seguirono il pifferaio; il
quale camminando, camminando entrò in una grotta e quando l’ultimo bambino
entrò; un grande masso cadde ostruendo l’entrada. Non tutti i bambini entrarono
nella grotta, si salvò solo uno che zoppicava. Quando arrivò alla grotta e la
trovò chiusa, tornò al paese e raccontò a tutti quello che era accaduto e
quando tutti corsero alla grotta, non riuscirono a spostare il masso e persero
tutti i figli e presero a lamentarsi l’un l’altro per non aver dato lo Scudo al
pifferaio avevano perso tutti i figli. Morale della storia: vale più un figlio
che uno Scudo. Questo, cosa vuol dire in rapporto di quello che ho suonato
finora? Ora suonerò: non il piffero ma la tromba. A tutti quelli che mi hanno
applaudito non succederà niente, a quelli che mi hanno fischiato succederà
qualcosa. Non ve lo dico, lo vedrete da voi stessi.
Dopo aver annunciato che avrei suonato della musica capoverdiana.
Cominciai a suonare la “ Danza de la Chiva.
L’avevo sentita e vista ballare; era una musica che una volta che si era
presi, faceva muovere persino i sassi.
Prima uno del pubblico, poi un altro, finì che tutti si cominciarono ad
agitare, dal pubblico alla giuria e da tutti quelli che si trovavano dietro le
quinte.
Come il famoso flauto magico, la musica della mia invisibile tromba aveva
incantato tutti.
Ad un certo punto dalle gradinate alcune persone (sempre muovendosi
seguendo il ritmo) si alzarono e sempre muovendosi, scesero e salirono nel
palco e sul palco continuarono a muoversi sempre più velocemente e quando (con
la mente) dissi loro: « Non avete caldo? » Cominciarono a togliersi tutto
quello che provocava loro calore.
In poche parole cominciarono a fare lo spogliarello.
Non fu integrale perché tra loro c’erano anche delle donne.
Quando smisi di imitare il suono, quelli della giuria e quelli del pubblico
applaudirono.
Chi non lo fece, furono quelli che avevano fischiato e che avevano dato
spettacolo gratuito; contro la loro volontà.
Peccato fosse stato solo un sogno, sarei diventato famoso e avrei
guadagnato un sacco di soldi.
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