Nella mia vita, fino ad oggi non mi è ancora capitato di provare paura.
Questo non vuole dire che un giorno mi potrebbe capitare di aver paura di
morire.
Un mio desiderio subconscio sarebbe di...un giorno entrare in una gabbia di
leoni.
Quando si desidera qualcosa; alle volte il desiderio si realizza.
Nei pressi dove abitavo con la mia famiglia era arrivato: il Circo
Amrticano.
Dopo essere stato montato, un gruppo di personaggi del circo sfilò per le
vie del quartiere dove abitavo, invitando tutti ad assistere agli spettacoli,
annunciando i vari numeri.
I bambini (in particolare) facevano pressione presso i genitori per
portarli a vedere gli spettacoli.
Così come fecero i miei figli.
Tanto insisterono, tanto insisterono che...due erano le cose: o punirli o
portarli al circo.
Vinsero loro con l’appoggio della loro madre.
Il primo spettacolo era di domenica pomeriggio alle ore 16.30.
Dopo aver fatto la fila alla biglietteria entrammo.
Purtroppo i primi posti erano già occupati, ci dovemmo accontentare della
quinta fila.
Seguimmo come tutti agli spettacoli e come tutti trattenemmo il fiato
vedendo i trapezzisti volare da un lato all’altro.
Ad un certo punto cominciarono a montare una grande gabbia (Sapevamo dal
programma che ci sarebbero stati leoni e tigri).
Finito di montare la grande gabbia e messe le cose che servivano per lo
spettacolo, da un tunnel (di gabbia) cominciarono ad arrivare i leoni.
In realtà di leone ce ne era solo uno, ma c’erano tre leonesse di varie
età.
Dopodiché entrò nella gabbia un uomo con una frusta, era...il domatore.
Cominciò a suon di frusta a far sì che gli animali facessero quello che lui
voleva; fino a quando, uscito dalla gabbia e facendo il giro di essa, invitò
qualche coraggioso a entrare (con lui) nella gabbia.
Aveva finito il giro e nessuno si era offerto, quando (pressionato dai miei
figli) mi alzai in piedi.
« Ecco lì un uomo coraggioso, un applauso per lui. »
Ci fu uno scroscio di applausi mentre scendevo la scalinata che mi avrebbe
portato dove era stata montata la gabbia.
Sentivo le gambe tremare, meno male che avevo i pantaloni, così non si
notavano.
Arrivato vicino al domatore, lui si presentò e poi mi chiese come mi
chiamavo, glielo dissi e quando mi chiese chi avevo portato al circo, dissi: «
I miei figli: Giovanni e Stefano. » volle sapere dove stavano, li indicai e lui
(parlando al microfono) disse loro che dovevano essere fieri di avere un padre
coragioso.
Entrammo nella gabbia e lui mi presentò le sue bestie, cominciando dal
leone: « Questo si chiama Romeo, segue la compagna Giulietta e le due figlie
Beatrice e Monalisa. »
Ogni volta che diceva un nome, dovevo rispondere: « Piacere » e dare la
mano destra all’animale che alzava la sua.
« Sei mai stato a contatto con questi animali? Non aver paura, sono solo
dei grossi gatti, l’importante non far capire di aver paura, devi far sentire
loro che sei tu che comandi e nel bisogno devi usare la frusta, loro hanno
paura della frusta. Prendi la frusta e fammi vedere cosa sai fare. »
Fino a quando c’era lui
con me, le bestie ubbidivano,
poi quando uno dei inservienti lo chiamò dicendo che lo voleva il direttore
nel suo ufficio, mi chiese di sostituirlo un momento.
Mettendomi al collo il microfono, uscì dalla gabbia e andò via.
Come fu uscito, mi rivolsi a Romeo dicendo di saltare da uno sgabello
all’altro.
Romeo invece di ubbidire mi ringhiò contro.
Sapevo (almeno pensavo) che i leoni erano addomesticati e che non mi
avrebbero fatto del male, così mi avvicinai dicendo: « Romeo ti ho dato un
ordine; salta! » e il leone non si mosse.
« Vuoi fare il cattivo, guarda che ti frusto? » facendo capire che non
scherzavo, feci scoccare la frusta (non a lui, ma al centro della gabbia,
strillando: « Salta! » e lui oltre a ruggire non si mosse.
Che potevo fare?
Quando c’era il domatore andava tutto bene, e ora...
Avvicinandomi al leone dissi: «Se non ti muovi, mi farò portare un
coltello, prima ti uccido e poi ti mangio.» facendo la voce cattiva dissi: «
Sai quanti leoni ho mangiato finora? Quattro! » e rivolgendomi al pubblico
dissi: « Erano di cioccolata. Allora salta o vuoi che ti mangi. »
Un pó facendo scoccare la frusta, un pó spingendolo da dietro; gli feci
saltare lo sgabbello.
Rivolgendomi alle leonesse dissi: « Ora a voi tre; Giulietta salta e voi
Beatrice e Monalisa seguite l’esempio. »
Anche loro non mi diedero retta, nonostante facessi scoccare la frusta.
Che dovevo fare, dovevo chiedere aiuto? Ma facendo questo, dimostravo di
aver paura (anche se ce l’avevo) non potevo farlo; non alla presenza dei miei
figli.
Così come avevo fatto con il leone, minacciando di mangiarle dicendo: «
Sapete quante leonesse ho mangiato finora? » e rivogendomi al pubblico dissi
loro: « Dite alle leonesse quante ne ho mangiate? » mostrando le quattro dita,
tutti i bambini del pubblico dissero: « Quattro! »
Come il leone: un pó con la frusta, un pó a spintoni riuscii a farle
saltare.
Quando mi rivolsi al pubblico per ricevere gli applausi, una leonessa,
riconobbi trattarsi di Monalisa, mise le due zampe anteriori sulle mie spalle,
tra gli strilli spaventati del pubblico.
« Non dovete spaventarvi, Monalisa vuole solo dirmi qualcosa » e girando la
testa dissi: « Monalisa, mia bella miciona, cosa vuoi? » e lei come se volesse
dirmi qualcosa, avvicinò la bocca al mio orecchio e...invece di mangiarlo disse
(ruggendo silenziosamente). « Ho capito, vuoi che ti porto a fare un giro? » e
prendendo le zampe posteriori, a cavalluccio, le feci fare un giro attorno alla
gabbia, tra gli applausi del pubblico.
Quando la riportai al suo sgabello, come ringraziamento, mi diede una
leccata alla guancia destra.
Poi fu la volta di Beatrice e Giulietta.
Se Monalisa e Beatrice pesavano all’incirca cento chili, Giulietta (doveva chiamarsi
Giulia) pesava almeno il doppio.
Per portarla fu una faticaccia, tanto che non finii il giro che...mi si
piegarono le ginocchia e caddi a terra.
Comunque sia anche Giulietta mi ringraziò.
Stavo facendo il giro per ricevere gli applausi quando ci fu il ruggito di
Romeo.
« Per te non c’è niente da fare, sei troppo pesante, è inutile che strilli,
se vuoi che ti porti a cavalluccio devi prima dimagrire di almeno cento chili,
non sei d’accordo di fare la dieta? Allora come disse Giggi Proietti: « Devi
fare una “sáuna” », non sei d’accordo? Fai una reclamazione al sindacato dei
leoni. Smettila di strillare (volevo dire ruggire) guarda se mi ci metto;
strillo più di te. Ci vuoi scommettere? Un consiglio per voi uomini; non fate
come me, è meglio aver paura che fare questa fatica. »
Lui continuò a ruggire (di malcontento), io a ruggire (per non cedere),
finì la gara con l’arrivo del domatore che battendomi la mano sulla spalla mi
disse: « Bravo! Mi hai sostituito veramente bene, se vuoi lavorare come mio
sostituto parlerò con il direttore del circo. »
« Non posso accettare, ho già un lavoro. » e lui: « Che orario fai? »
« Lavoro fino alle 14 »
« Allora quando finisci puoi venire da noi, oltre a divertirti guadagnerai
qualcosa. »
« Ci devo pensare, ve lo farò sapere domani. »
Dandoci una stretta di mano, tornai dai miei figli.
Non ci fu nessun domani, mi svegliai prima.
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