sábado, 7 de setembro de 2013

Sogno n.90 Il tenore sconosciuto anno 2013


Dopo essere tornato (tardi e insoddisfatto) a casa dopo una gita organizzata da una impresa commerciale ad una città del Portogallo chiamata Elvas, me ne andai a dormire e sognai che....
Dopo aver girato tutto il giorno dal Portogallo alla Spagna e dalla Spagna in Portogallo, siamo andati ad un teatro chiamato Coliseu per assistire alla 1ª Grande Gala di quella Impresa, presentata da José Carlos Malato e con la partecipazione del tenore portoghese di nome Toby e di due fadisti.
Cominciarono i fadisti (non male) anche se, mi aspettavo qualcos’altro.
Dopo aver fatto la loro parte e lasciato il palco, il pubblico si aspettava l’arrivo del tenore, ma il tenore non arrivava.
Dopo che il presentatore scusò il ritardo del tenore, tornarono i fadisti.
Con una scusa mi allontanai dal posto accanto a mia moglie e invece di andare dove avevo detto, mi recai all’entrata degli artisti presentandomi come sostituto tenore.
In un camerino trovai un basco nero e un paio di occhiali da sole.
Prima di salire sul palco, mi recai alla sezione musicale dove presentai una lista di brani che avrei cantato, dicendo che tra un brano e l’altro avrei detto qualcosa.
Il tecnico del suono mi disse di fare un cenno, quando volevo che mettessero la musica.
Prima di presentarmi al pubblico feci dire al presentatore di annunciare l’arrivo del tenore.
Alla fine del brano che il fadista stava cantando, lui e gli accompagnanti lasciarono il palco ed entrò il tenore.
Tutti (compreso il presentatore) si aspettavano il tenore indicato nel programma, invece sono apparso io.
Prima che sia il pubblico che il presentatore dicessero qualcosa, feci il cenno combinato e si cominciò a sentire la musica di: O Meo Alentejo di Carlos Guilherme e dopo la musica, la mia voce.
Eu não sei que tenho em Évora.
Que de Elvas me estou lembrando.
Eu não sei que tenho em Évora.
Que de Elvas me estou lembrando.
Quando chego ao rio Tejo as ondas me vão levando.
Quando chego ao rio Tejo as ondas me vão levando.
Abalei do Alentejo olhei para tras chorando.
Alentejo da minh’alma. tão longe me vais ficando.
Abalei do Alentejo olhei para tras chorando.
Alentejo da minh’alma tão longe me vais ficando.
Finito di cantare non fui fischiato ma applaudito.
José Carlos Malato oltre a farmi i complimenti, mi fece notare che non dovevo dire Elvas nella strofa “Que di Elvas me estou lembrando”, ma di dire “Évora”.
« È vero, lo fatto di proposito perché a Évora non ho niente, mentre a Elvas ho le prugne sciroppate. »
Lui si mise a ridere e con lui, anche il pubblico.
Poi mi chiese come mi chiamavo.
Non glielo dissi, ma...
« Prima di venire in Portogallo stavo lavorando in Spagna a Siviglia. »
« Cosa facevi in Siviglia? »
« Il barbiere, » e facendo il cenno si sentì la musica di: Il Barbiere di Siviglia, nella romanza: Largo al Factotum della Città.
Tralalalero, tralalalà!
Ah, che bel vivere, che bel piacere.
Che bel piacere, per un barbiere di qualità.
Di qualità, di qualità.
Taralalalero, tralalalà!
Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono.
Donne, ragazzi, vecchi, fanciulle.
Qua la parrucca! Presto la barba! Qua la sanguigna! Presto il biglietto!
Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono.
Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono.
Figaro qua, Figaro là,  Figaro su, Figaro giù.
« Figaro! »
« Son qua! »
« Figaro! »
« Son qua! »
Di nuovo tanti applausi.
« Sono stato anche in Italia a Roma nel 2011 dove ho debuttato nel Colosseo insieme ad Andrea Boccelli e Placido Domingos in sostituzione di José Carrera i tre tenori dove abbiamo cantato, tra l’altro: O Sole Mio che oggi dedico a mia moglie.
Che bella cosa, na iornata e sole.
L’aria serena, dopo na tempesta.
Quell’aria fresca, pare già na festa.
Che bella cosa, na iornata e sole.
Ma nato sole, più bello né.
O sole mio, sta in fronte a te.
O sole, o sole mio.
Sta in fronte a te.
Sta in fronte a te!
Successe un finimondo, tanto applaudirono.
José Carlos Malato mi riprese di nuovo, chiedendomi: « Scusi un pó signor Figaro, ma lei fa sempre il sostituto e sua moglie è qui presente? »
« Certo! » e indicai qualcuno che stava tra il pubblico sulla destra, mentre in realtà mi stava di fronte.
« Ogni volta che mi capita l’occasione, sostituisco sempre qualcuno. Come quando stavo in Francia a Parigi. Stavo nel Casinò stile Moulin Rouge a giocarmi quache Franco e contemporaneamente assistere allo spettacolo, quando sentii qualcuno dire che Gilbert Bécaud quella sera non avrebbe cantato, chiesi se potevo cantare al posto suo. Così cantai varie sue canzoni tra cui: Et Maintenant che in portoghese significa:
E Agora. »
Feci il solito cenno e quando cominciò la musica, cominciai a cantare.

Et maintenant que vais-je faire
De tout ce temps que sera ma vie
De tous ces gens qui m’indifférent
Maintenant que tu es partie
Toutes ces nuits pour quoi, pour qui
Et ce matin qui revient pour rien
Ce cœur qui bat, pour qui, pour quoi
Qui bat trop fort, trop fort.

Et maintenant que vais-je faire
Vers quel néant glissera ma vie
Tu m’as laissé la terre entière
Mais la Terre sons toi c’est petit
Vous, mes amis, soyez gentils
Vous savez bien que l’on n’y petit rien
Même Paris crève d’ennui
Toutes ses rues me tuent.

Come sempre fui applaudito.
Tornato alle canzoni alentejane cantai:
                                                                  Se Fores ao Alentejo

Se fores ao Alentejo vai, vai, vai, vai, vai.
Não te esqueça dá-lhe um beijo ai, ai, ai.
Se fores ao Alentejo vai, vai, vai, vai, vai.
Não te esqueça dá-lhe um beijo ai, ai, ai.

O mar deixou o Alentejo donde trouxe canção de oiro.
Mas volta a matar saudades nas ondas do trigo loiro.
Mas volta a matar saudades nas ondas do trigo loiro.

Se fores ao Alentejo vai, vai, vai, vai, vai.
Não te esqueça dá-lhe um beijo ai, ai, ai.
Se fores ao Alentejo vai, vai, vai, vai, vai.
Não te esqueça dá-lhe um beijo ai, ai, ai.

Finito di cantare dissi che avrei cantato una canzone spagnola e cantai:

                                                             Granada.

Granada, tierra soñada por mi.
Mi cantar se vuelve gitano cuando es para ti.
Mi cantar, hecho de fantasia, mi cantar,
flor de malancolia, que yo te vengo, a dar.

Granada tierra ensangrentada en tarde de toros.
Mejer que conserva el embrujo de los ojos moros.
De sueño rebelde y gitana cubierta de flores.
Y beso tu boca de grana jugosa manzana que me habla de amores.

Granada manola, cantada en coplas preciosas.
No tengo outra cosa que darte que un ramo de rosas.
De rosas de suave fragância que le dieran marco a la Virgen Morena.

Granada, tu tierra está llena de lindas mujeres, de sangre y de sol.
Granada, tu tierra está llena de lindas mujeres, de sangre y de sol.

Dopo gli applausi tornai a parlare com José Carlos Malato.
« In Italia conoscevo una ragazza e ci innamorammo a prima vista. Ma poi lei mi disse di non amarmi più e di lasciarla. Non ci volevo credere. Una sera passai sutto casa sua accompagnato da due amici con i loro strumenti e così cantai:
                                     
                                     Una Furtiva Lacrima

Una furtiva lacrima negli occhi suoi spuntò...
Quelle festose giovani invidiar sembrò...

Che più cercando io vo?
Che più cercando io vo?
M’ama, si m’ama, lo vedo, lo vedo.

Un solo istante i palpiti, del suo bel cor sentir...
I miei sospir confondere, per poco ai suoi sospir!...
I palpiti, i palpiti sentir, confondere i miei con i suoi sospir!...

Cielo, si può morir, di più non chiedo, non chiedo.
Cielo, si può, si può morir. Di più non chiedo...
Di più non chiedo... Si può morir d’amor...

Dopo gli applausi facendo un cenno tornai a cantare in portoghese.

Eu Ouvi o Passarinho

Alentejo quando canta vê quebrando na solidão;
Traz a alma na garganta e o sonho no coração.

Eu ouvi um passarinho da quatro da madrugada.
Cantando lindas cantigas à porta da sua amada.

Ao ouvir cantar tão bem a sua amada chorou.
Às quatro da madrugada o passarinho cantou.

Alentejo, terra rasa, toda coberta de pão;
a sua espiga doirada lembra mão em oração.

Eu ouvi um passarinho da quatro da madrugada.
Cantando lindas cantigas à porta da sua amada.

Ao ouvir cantar tão bem a sua amada chorou.
Às quatro da madrugada o passarinho cantou.

Finito il pubblico di applaudire, José Carlos Malato tornò a chiedermi: « Non credo che Figaro è il tuo vero nome, quale è il tuo nome e onde mori? »
« Vorrei mantenermi ignoto ma se proprio volete sapere il mio nome; qui in Portogallo sono..., » e preso dal portafoglio un documento d’Identità e glielo diedi.
« Qui dice che ti chiami José Carlos Matado, hai preso il mio nome. »
« È solo per combinazione, non fu di proposito e dove moro, non lo sò, non conosco il mio futuro. Perché tu sai dove mori? »
« Certo moro a Monforte. »
« Mi dispiace per te che sai già dove vai a morire, io preferisco non saperlo, posso
morire uscendo dal teatro o tornando a casa, è meglio non conoscere il nostro futuro. Quando arriva, arriva. »
« Ma cosa hai capito! Vorrei sapere dove abiti. »
« Lo potevi dire più chiaramente! Abito a Lisbona. »
« Perché hai detto: « Qui in Portogallo mi chiamo...»
« Si perché ogni volta che mi sposto da un paese all’altro, cambio nome e documento: in Italia mi chiamo Luigi Rivo, in Francia Eduard Blau, in Germania Friedrich Kind, in Spagna Manuel Manolos. »
« Come è possibile! Hai i documenti falsi. »
« I documenti sono autentici, con il fatto che parlo (male) cinque lingue: il portoghese, lo spagnolo, il francese, il tedesco e l’italiano, basta che vado in un altro paese dicendo che ho perso i documenti, ne chiedo una copia. I nomi sono diversi ma la foto è sempre la mia. »
« Ah! Ora capisco perché parli male portoghese. Facci sentire qualcosa in tedesco. »
« Dall’Opera Il Flauto Magico di Wolfgang Amadeus Mozart. »

Oh, dieser wein ist göttlich! Mir wird ganz wunderlich ums herg.
Ich bin jetzt so vergnügt, dass ich bis zur.
Sonne fliegen wolite wenn ich flügelhätte.
Ich möchte... ich wünsche...
Ia, was möcht ich denn?
Ein mädchen oder weibchen wünscht pagageno sich.
O, se ein sanftes täubchen wär seligkeit für mich!

« Non ho capito nulla, ma, la musica è bella, puoi traderre quello che hai cantato? »
Ricominciando la musica cantai in italiano.

Ah, questo vino è divino! Sento in me qualcosa di meraviglioso scaldarmi il cuore...
Sono così contento che volerei sino al sole se avessi l’ali.
Vorrei... desidererei...
Ebbene, che cosa vorrei?
Una colomba o tortorella vorrebbe il cacciator; sia donna
O, sia donzella, compagna del suo cor, che farei!

« Dall’Opera La Boheme di Giacomo Puccini: Che Gelida Manina. Questa canzone è tratta da un incontro per strada in una notte d’inverno in cui una donna (Mimì) era scivolata e un signore (Rodolfo) l’aiutò a rialzarsi. »
Sempre dopo il cenno e la musica, cominciai a cantare.

Che gelida manina! Se la lasci riscaldar.
Cercar che giova? Al buio non si trova.
Ma per fortuna è una notte di luna, e qui la luna l’abbiamo vicina.
Aspetti signorina, le dirò con due parole chi son, che faccio, come vivo. Vuole?
Chi son? Sono un poeta. Che cosa faccio? Scrivo. E come vivo? Vivo.
In povertà mia lieta scialo da gran signore rime ed inni d’amore.
Per sogni, per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria.
Talor dal mio forziere ruban tutti i gioielli due ladri: gli occhi belli.
V’entrar con voi pur ora, ed i miei sogni usati e i bei sogni miei tosto si dileguar.
Ma il furto non m’accora, poiché v’ha preso stanza la dolce mia speranza!
Or che mi conoscete, parlate voi, deh parlate.
Chi siete?
Vi piaccia dir?

Anche se il pubblico non avrà capito le parole, mi ha applaudito.

« In tutto il mondo ho tanti amici, alcuni veri, altri meno veri. A tutti loro dedico questa canzone:
                                      Amigos Para Siempre

Amigo para siempre
Significa que siempre serás mi amigo
Amigo para siempre
Significa que este amor no acabará
Amigo para toda la vida, no sólo de un verano o una primavera
Amigo para siempre
Te siento cerca de mi… aun cuando estamos separados
Me basta saber que estás en este mundo para animar mi corazón
Amigo para toda la vida, no sólo de un verano o una primavera.
Amigo para siempre.
Amigo para siempre.

E per finire, un ultima canzone alentejana che di certo tutti conoscete, si chiama:
                                     
                                      “ Grândola, Vila Morena! ”

Dopo la musica cominciai a cantare e tutto il pubblico cantò con me.

Grândola, vila morena,
Terra da fraternidade.
O povo é quem mais ordena
Dentro de ti, ó cidade.

Em cada esquina, um amigo
Em cada rosto, igualdade.
Grândola, vila morena,
Terra da fraternidade.

À sombra duma azinheira
Que já não sabia a idade
Jurei ter por companheira
Grândola, a tua vontade.

Grândola, vila morena,
Terra da fraternidade.
O povo é quem mais ordena
Dentro de ti, ó cidade.

Gli applausi non volevano finire, quando lasciai il palco.
Stavo uscendo dal teatro quando fui raggiunto da José Carlos Malato che oltre a farmi i complimenti mi chiese se mi volevo trattenere ad Elvas ospite della Câmara
perché il giorno dopo ci sarebbe stata tutta la città di Elvas a sentirmi.
Rifiutai dicendo che la mattina dopo a Lisbona mi dovevo incontrare con delle persone per un concerto nel Centro Culturale di Belém.
Comunque se mia moglie era d’accordo saremmo tornati la sera prima dello spettacolo.
Malato mi chiese: « Quanto volete di compenso per cantare di nuovo? »
« Niente! Non lo faccio per denaro ma per piacere. »
« Allora a domani, mi raccomando? »
Dopo esserci stretto la mano, lui rientrò in teatro e io tornai al mio posto accanto a mia moglie.
Alle domande: « Cosa hai fatto tutto questo tempo, ti sei perso un bello spettacolo. »
« Oltre ad essere andato al bagno, mi sono trattenuto a parlare con un altro italiano e poi tu sai come vanno le cose: si comincia con una parola e non si finisce più. »
Finito lo spettacolo tornammo al pulman che ci avrebbe ricondotti; ognuno alle proprie case.
Mi svegliò il suono il cigolio del letto, quando mia moglie si alzò.








                                       




















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