Avendo saputo che in Portogallo ci sarebbe stato il raduno di motociclisti
in specialmodo i proprietari delle moto americane, tipo Harley-Davidson,
decidemmo di partecipare.
Giungemmo sul posto io e mia moglie, montando una Harley-Davidson 750 con indosso un completo
argentato con fascie dorate.
Sulla testa portavamo dei caschi regolamentari dello stesso colore e con la
visiera che lasciava vedere l’esterno, ma non l’interno.
Il nostro arrivo non passò inosservato che presto fummo intervistati sia da
altri motociclisti, sia da un programma televisivo.
Alle domande non rispondevamo ma, indicavamo una fune tesa a cinquanta
metri di altezza.
« No! Un momento, non vorrete mica salirci sopra, sarebbe una pazzia, un vero
suicidio. »
Mi diressi verso la base di un traliccio, che qualcuno...aveva montato
prima del nostro arrivo, tastando il cavo d’acciaio.
Portai la moto dove cominciava il cavo dicendo a mia moglie di controllare
che il cavo entrasse nella scanalatura che si trovava al centro della gomma.
Una volta sistemata bene la ruota sul cavo mia moglie tornò a salire sulla
moto e io cominciai a dare gas.
A nulla valsero i tentativi per farci desistere.
Quando qualcuno si avvicinò a noi con l’intenzione di toglierci da sopra la
moto, lasciai la frizione e la moto cominciò a salire sul piano inclinato.
Non potendo più fermarci, rimasero a guardarci salire sempre più in alto,
tenendo il fiato sospeso.
Arrivati alla piattaforma, mi fermai dicendo a mia moglie di prepararsi per
fare le acrobazie; dopodiché cominciai ads andare sul cavo a bassa velocità.
A un quarto del percorso, mia moglie mi momtò sulle spalle e tenendosi in
equilibrio, cominciò a sventolare una piccola bandiera portoghese che aveva
tirato fuori dal giubbino, un attimo prima di salirmi sulle spalle.
A metà percorso poggiò il suo casco al mio, facendo incastrare due giunture
e arcando con la schiena, si sollevò restando in equilibrio con la testa in giù
e le gambe e braccia aperte.
Quando mantenne l’equilibrio, bloccai la marcia e sollevandomi sul sedile,
rimasi in piedi con le braccia aperte e sollevando una gamba.
A trequarti, tornai al modo corretto e lei togliendo il casco dove si
trovava, tornò a sedersi strigendosi a me.
Per la discesa ci lasciammo andare tutto all’indietro e poco dopo eravamo
di nuovo in terra.
Fummo applauditi e quando qualcuno ci disse qualcosa, indicavamo il cavo e
facevamo capire se, se la sentisse di fare come noi.
Andava via dandoci (certamente) del matto.
Quando l’intervistatrice tornava a intervistarci, chiedendoci di toglierci
i caschi da poterci riprendere.
Una volta tolti i caschi, ci poterono vedere; tutti e due con i capelli
biondi e gli occhi azzurri.
Volendo conoscere i nostri nomi rispondemmo alla notra lingua e loro non
capirono niente.
Dopo aver finita l’intervista ci lasciarono in pace e noi proseguimmo il
nostro giro tra i vari motociclisti venuti da ogni parte del mondo.
Un uomo di barba e capelli lunghi ci volle offrire una birra.
Prima di berla controllai la gradazione. 5,3º.
Passando la bottiglia a mia moglie, andai a prendere dalla borsa
frigorifero attaccata al sellino di dietro e tirai fuori una bottiglia di birra che porsi all’uomo.
Quando lui vide la gradazione rimase a bocca aperta per i 180º.
Vedendo che non sapeva cosa fare, gli ridiedi la sua birra e facendo leva
tra il pollice e l’indice, feci saltare il tappo di metallo e dopo averla
alzata a mo di salute, la portai alle labbra e me la bevvi tutta in un fiato.
Vedendolo un pó deluso, andai a prendere un’altra birra e gliela porsi.
Lui con l’apri bottiglia, tolse il tappo e accostatala alla bocca, ne prese
un sorso.
Quando si sentì bruciare la bocca, tirò via la bottiglia e corse ad una
fontanella e spegnere il bruciore con l’acqua.
Facendo un gesto, come per dire « Quello non sa neanche bere una birra
della nostra terra, » rimettendo in moto, andammo via.
La sera vedemmo la televisione in cui si parlava sopratutto di noi, dicendo
che non si sapeve di dove eravamo venuti, la moto aveva la targa americana, ma
i numeri non erano ancora usciti.
Parlarono delle acrobazzie su un cavo posto a cinquanta metri di altezza e
senza rete di protezione.
Loro non potevano vedere il cavo che ci legava ad una navicella spaziale,
mascherata in una nuvola.
Chi diceva di averci visti ad altri raduni, ma poi c’era chi diceva: « Non
erano loro, in Italia portavano i capelli castani, in Giappone,,,in africa...
ecc. ecc.
Eravamo sempre noi, ma, mudavamo la nostra fisionomia, a seconda del paese
dove c’era un raduno di motociclisti.
Quella volta sognai di essere un Alieno.
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