segunda-feira, 2 de setembro de 2013

Sogno n.77 L'allegro cantante anno 2012


Questa notte ho sognato di essere un allegro cantante.
Tutto cominciò quando nella città vicino dove vivo ci fu una festa di un anniversario e alla festa furono invitati tutti quelli che sapevano fare qualcosa.
Mi iscrissi come cantante.
La festa si svolgeva in un verde campo dove erano stati montati dei tavoli per mangiare, tutto a carico dell’organizzazione della festa.
Insieme con mia moglie avevo preso posto in un tavolo dove oltre ai piatti, c’erano i bicchieri e le posate (di plastica),
In un lato del campo era stato montato un palco dove mentre mangiavamo, si esibivano i nuovi talenti, i quali ricevevano applausi o fischi a seconda della loro esibizione.
In attesa del mio turno, aspettavo di essere servito dai vari volontari (scuteiros) del menú che stava nel programma.
I volontari camerieri andavano dalla cucina ai vari tavoli con vasoi di cibo e brocche di vino, acqua o succhi di frutta.
Passavano, passavano, ma nessuno passava al nostro tavolo.
Data l’ora, cominciavo ad avere un pó di fame e mi stavo innervosendo per l’attesa.
I camerieri passavano davanti al nostro tavolo, ma non si fermavano, nonostante le proteste degli occupanti.
« Se entro cinque minuti non mi servono da mangiare, vado a protestare ».
I cinque minuti passarono, poi altri cinque (su insistenza di mia moglie).
Dopo che passarono altri cinque minuti, non ce la feci più.
Mi alzai dal tavolo e andai alla ricerca del Presidente del comitato della festa.
Mi dissero che il presidente stava in cucina.
Stava in cucina, non a cucinare o coordinare il servizio, ma a tavola a mangiare con altre persone.
Dopo avermi presentato dissi: « Sono un partecipante alla festa come cantante, sono venuto con mia moglie e sono due ore che aspettiamo di essere serviti. »
Il presidente disse: « È vero, lei ha ragione, vede sono intervenuti più di cinquemila e nonostante abbiamo molti scuteiros, non riescono a servire tutti in una sola volta. Abbia pazienza, verrà servito anche lei come tutti. »
« Il fatto è, se non mangio non canto. »
« Se ha fretta di mangiare, si segga con sua moglie al nostro tavolo. »
Andai a chiamare mia moglie e poco dopo ci fu servito il pranzo.
Probabilmente, più bevvi, che mangiai e quando mi chiamarono ero un pó allegro.
Salii sul palco e dopo aver sistemato il lettore di musica, cominciai a cantare in plebek.
Non dovevo aver cominciato molto bene perché erano più i fischi che applausi.
Non me la presi a male, fino a quando qualcuno del pubblico se ne uscì con la frase:
« Ambriaco! »
Non me lo avrebbe dovuto dire; umbriaco a me, se ero solo allegro.
Fermando la musica dissi: « A sor coso, sì proprio a te che hai parlato, a te bevilacqua, sì perché più dell’acqua non sai bere altro. »
La solita voce: « Guarda che sto bevendo il vino con moderazione, non come te.»
« Certo che stai beveno il vino, dopo averlo annaquato col novantanove per cento d’acqua. »
A che quello risentito si alzò dal tavolo e venne verso il palco con l’intenzione di litigare.
Invece di accettare il litigio, gli dissi: « Secondo te sono ubbriaco? »
« Certo, non riesci neanche a stare in piedi. »
« Vediamo se riesco a dimostrarti il contrario. »
Guardandomi attorno, vidi un filo d’acciaio su cui erano appesi dei panni ad asciugare.
Dopo aver chiamato la proprietaria del bucato, gli dissi se poteva togliere i panni per fare un esperimento.
Dopo un pó d’insistenza, un pó porbottando, tirò giù i panni e dopo aver constatato le resistenza del filo (appendendomici e facendomi dondolare) dissi al signore inportunista: « Secondo te, sarei ubbriaco, perciò come ubbriaco se salissi su questo filo, cadrei come una pera cotta? »
« Certo! »
« Ci vogliamo fare una scommessa? » aperto il portafoglio, guardai quanto c’era dentro: solo cento euro.
« Ho cento euro, scommettiamo, cento euro contro cinquanta se salgo sul filo e cado prendi i miei cento euro, se non cado, prendo i tuoi cinquanta euro, ci stai?»
Non ci volle stare.
« Non hai cinquanta euro? Voglio perdere cento euro. Ne metto cento contro dieci »
Ancora non ci stette.
Ed il salendo sul filo, mi lsciai cadere in terra senza farmi tanto male.
« Allora hai visto, se avresti scommesso avresti vinto i miei cento euro. »
« È proprio perché ero sicuro di vincere, che non ho scommesso: »
« O perché non eri sicuro di vincere o hai paura di perdere. »
Rivolgendomi al pubblico dissi: « Chi vuole vincere i miei cento euro? »
Punto sul vivo disse: « Se proprio vuoi perdere i cento euro, accetto la scommessa. »
Dopo aver dato i nostri soldi al presidente, salii sul filo e pur dondolando, non caddi, anzi cominciai a cantare: « Amico mio, un favore chiedo a te, se c’incotreremo, non scommetere su di me, non dimenticare i dieci euro che hai perso per una cosa che non sapevi. Per dimostrarti che non sono ancora ubriaco, sempre stando sul filo mi berrò due bottiglie di vino alla tua salute. »
Avutole e passeggiando sul filo, me le scolai.
Fui applaudito, non per sapere cantare, ma per sapere reggere bene il vino.
Meno male che è stato solo un sogno.               

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