Non ricordo quando nella Google scrissi: Dove si può
vivere con 1000 Euro al mese.
Mi apparvero vari paesi come: il Belize, il Brasile, la
Cambogia, l’arcipelago di Capo Verde, la Costa Rica, l’Egitto, le Filippine, il
Kenia, il Marocco, Il Santo Domingo, la Thailandia e la Tunisia.
Dopo una ricerca approfondita, scelsi La Costa Rica.
Anche perché trovai un articolo di una ragazza di nome
Giada che viveva dall’età di 8 anni in una zona di Costa Rica che si chiamava
Playa Junquillal de Santa Cruz situata
nella regione del Guanacaste.
Lei descriveva la località dove viveva: una zona tranquilla, una spiaggia
di 6 Km da dove si potevano vedere i delfini e le balene. Un piccolo paradiso.
Un piccolo paradiso era proprio quello che avevo sempre
sognato.
E...una notte lo sognai.
Attraverso una agenzia, avevo comprato i biglietti per il
volo e l’hotel dove avremmo passato una vacanza di quindici giorni.
Qualche giorno prima di partire, avevo fatto le Ferratelli (biscotti di
origine abruzzesi) e confezionato dieci sacchetti.
Prendemmo il volo e partimmo.
Atterrammo nei pressi della capitale San José e da lì con un volo locale
per il Guanacaste atterrando all’aereoporto di Liberia.
Da lì con una macchina arrivammo a Junquillal, nell’Hotel che l’agenzia
aveva prenotato.
Era un hotel a due passi dal mare, tanto che potevamo uscire dall’hotel in
costume, fare il bagno e tornare per il pranzo.
Un giorno Maria era indisposta, così me ne andai a fare
un giro nell’entroterra.
Avevo camminato una mezz’oretta, quando giunsi nei pressi
di un villaggio.
Era un villaggio le cui case erano fatte di palma, di legno o di lamiera
(sopratutto i tetti).
Dei bambini seminudi giocavano in mezzo alla strada.
Presi la macchina fotografica e cominciai a fare delle
fotografie.
Ero preso a fotografare, quando dei bambini mi si
avvicinarono.
Misi via la macchina fotografica e da una tasca del giubbetto, tirai fuori
un sacchetto di Ferratelle.
Aprendolo, ne presi una e la tesi al bambino che mi era
più vicino.
Lui la guardò, ma non la prese.
« Guarda che è buona » e staccandone un pezzo, presi a
masticarla.
Tornando a offrirla al bambino, lui la prese e ne morse
un pezzettino.
Un attimo dopo la Terratella era sparita.
Con una lingua a me sconosciuta, prese a strillare rivolto ai suoi compagni
che si avvicinarono di corsa e tendendo le mani, presero tutte le Ferratelle
che avevo nel sacchetto, fino a svuotarlo.
« Non ce ne sono più, domani ne porto un altro sacchetto. »
Di certo non capirono il mio italiano, ma quando me ne andai agitando la
mano in segno di saluto, le agitarono anche loro.
Tornato all’hotel raccontai a mia moglie quello che mi era accaduto,
domandandogli se l’indomani voleva venire con me.
Lei disse, se si sentiva meglio sarebbe venuta.
Il giorno dopo, non stava ancora bene, così tornai al villaggio da solo.
Come i bambini mi videro, lasciarono i loro giochi e corsero vicino a me
con le mani avanti.
« Bolasce, bolasce » o almeno mi sembrava che dicessero.
Dopo aver distribuito tutte le Ferratelle, presi a fotografarli mentre
mangiavano.
Come il primo giorno, finito di fare le foto, me ne tornai all’hotel
salutato da tutti i bambini.
Il giorno seguente Maria stava meglio e invece di andare al villaggio,
andammo alla ricerca della casa dove abitavano i genitori di Giada.
Stavamo girando per le case lungo la spiaggia, quando vidi una ragazza
condurre due cani al guinzaglio.
Cercando di parlare il più spagnolo possibile le domandai: « Olà muchacha,
onde esta a casa dos Reccardini? »
« Porque? » rispose.
« Porque so affari miei. »
Lei rispondendomi in perfetto italiano disse: « Lo sa lei che è un
maleducato? »
« No! E mi scusi, se avessi saputo che lei era italiana, glielo avrei
chiesto in un altra maniera. »
« Mi chiamo Giada e i miei genitori abitano in quella casa » e mi indicò
una casa.
« La ringrazio, siamo venuti dal Portogallo per vedere lei e i suoi
genitori. »
« Perché? »
« Ho letto il suo articolo e dato che siamo pensionati, abbiamo deciso di
trasferirci in un posto vicino al mare e dove la vita non è molto cara. Ho
visto nella Google che qui in Costa Rica si può vivere con mille euro al mese,
noi ne prendiamo un poco di più; per questo vorremmo parlare con i suoi
genitori e chiedere un consiglio. »
Ci accompagnò a casa sua, presentandoci al signor Giuseppe (suo padre) e
alla signora Maria (sua madre).
I suoi genitori ci risultarono subito simpatici.
Ci fecero accomodare e offrirono qualcosa da bere, poi mentre mia moglie
parlava con la signora Maria, io cominciai a parlare con il signor Giuseppe
mentre bevevamo una birra.
« Sarebbe stato meglio se invece della birra, ci fossimo fatto un bicchiere
di vino, se poi fosse un Sangiovese di Romagna sarebbe ancora meglio. »
Al sentire il nome Sangiovese di Romagna, gli luccicarono
gli occhi.
« Sangiovese è una vita che non ne bevo. »
« Se gli dicessi che nell’hotel dove sto, ho due bottiglie di Sangiovese,
che ne direbbe? »
« Se ha due bottiglie di vino Sangiovese e le volesse
vendere, mi dica il prezzo, gliele compero. »
« Le bottiglie non sono in vendita, sono un regalo per un amico romagnolo
che vive in Costa Rica. »
« In Costa Rica di romagnoli ci siamo solo noi. »
« Allora le bottiglie saranno per voi. »
« Ma noi non siamo vostri amici. »
« Se dovessimo vivere qui, spero lo diventeremo. Ora se non le dispiace,
vado all’hotel a prendere il vino per lei e dei dolcetti per sua moglie e sua
figlia. »
« Se non le dispiace l’accompagno. »
« Va bene, basta che ci diamo del tu, visto che tra l’altro siamo della
stessa età. »
Così tenendoci a braccetto come due vecchi amici andammo all’hotel a
prendere il vino e due sacchetti di Ferratelle.
Tornati a casa, ci invitò a restare a pranzo con loro e noi dato che il
pranzo non era compreso con l’alloggio, accettammo volentieri.
Il pranzo non fu all’italiana con spaghetti e abbacchio scottadito, ma alla
costarichena di italiano c’era solo il vino.
Dopo il caffè promisi che quando tornavamo in Costa Rica, avrei portato la
pasta italiana e il pecorino romano.
Prima di tornare all’hotel il signor Giuseppe ci disse di passare da loro,
prima di ripartire per il Portogallo.
Il giorno dopo andammo insieme al villaggio e mentre distribuivo le
Ferratelle ai bambini, Maria fece le fotografie.
Quando le Ferratelle finirono, stavamo per andare via, quando un signora ci
chiamò, invitandoci ad entrare nella sua casa sua.
Per non offendere accettammo.
La casa anche se povera era pulita.
Ci invitò a mangiare con loro.
Accettammo.
Il loro pasto era un unico piatto, fatto di fagioli neri e riso, che
chiamavano Gaio Pinto, birra, acqua e una macedonia di frutta varia.
Fino a quando non finirono le Ferratelle, venivamo invitati a pranzo o da
uno o da un’altra famiglia.
Anche se non ci capivamo, furono simpatici.
Il giorno prima di ripartire andammo a salutare gli abitanti del villaggio,
portando le magliette dell’Italia e del Portogallo, ricevendo tanti pezzi di
artigianato che non sapevamo dove mettere.
Salutando la famiglia Reccardini, ricevemmo: caffè e dolci di Costa Rica.
Quando lasciammo l’hotel, le nostre valigie pesavano di più di quando
eravamo arrivati.
Andò tutto bene, non pagammo l’eccesso di peso.
Mentre stavamo in attesa che ci chiamassero per l’imbarco, mi addormentai
seduto in una poltroncina.
Mi svegliò...la sveglia sul comodino.
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