quarta-feira, 17 de novembro de 2010

Sogno n.9 La lettera del notaio anno 2006

Una mattina nella cassetta della posta trovai una lettera indirizzata a me.
La guardai un pó; non era la solita lettera di vendita per corrispondenza.
La busta era bianca, il mio nome, scritto a macchina e in alto a sinistra, il mittente: Studio Legale Ferrarin, Avenida da Liberdade 123 – Lisboa.
La mostrai a mia moglie Maria.
Che voleva lo Studio Legale Ferrarin, da me?
Per saperlo bastava aprire la busta e vedere cosa voleva da me lo Studio Legale Ferrarin.
La lettera non diceva nulla di particolare, salvo un’invito a presentarmi al più presto possibile nello Studio Legale sopra indicato, per una comunicazione che mi riguar-
dava.
Le domande nella testa erano tante, le risposte..........era solo, andare a Lisbona.
Ci andammo il giorno seguente.
Il Notaio Luis Ferrarin era un signore di giovane età, come mi presentai, volle che
gli morstrassi un documento d’identità; assicurandosi della mia identità.
Volli sapere cosa voleva da me (se voleva soldi, cascava male).
Mi disse che, per trovarmi, la ricerca era stata lunga; volle sapere se conoscevo un
certo Italo Di Nardo.
Dissi: « Dal cognome dovrebbe essere un mio parente da parte di mia madre; però,
non mi pare di conoscerlo ».
Disse viveva in America e che morendo, mi aveva lasciato una eredità.
A sentire la parola “ Eredità “, mi ricordò di un certo film che avevo visto in Italia
e se non erro, si intitolava “ I magliari “ o qualcosa del genere.
Presi da parte mia moglie e gli dissi del film e delle truffe che facevano, con delle
eredità fasulle.
Tornai dal notaio e chiesi, cosa dovevo fare per accedere all’eredità.
Mi disse, di firmare il foglio che mi presentava, per l’accettazione dell’eredità e
 pagare 5.000 Euro per le spese.
Rivolgendomi a Maria le dissi: « Che t’avevo detto? ».
E al notaio: « Chi mi assicura, che non è una fregatura? ».
Il notaio fece l’offeso, disse: « Per chi mi prendete? ».
Proprio come nel film.
Disse « Se volete accedere all’eredità, dovete firmare e pagare, se nò, firmate di rinunciare all’eredità ».
Che dovevo fare?
E se fosse vero?
Sinceramente, perdere 5.000 Euro non mi andava; ma non mi andava neanche
perdere l’erdità.
E poi a chissà quanto ammontava.
E se era un’eredità di solo debiti?
Dissi non avere i soldi che mi chiedeva e nessuno a cui chiederli; alla banca, nean-
che a pensarci, già li avevo chiesti e per dieci anni, dovevo solo pagare.
Il notaio vedendomi angosciato, mi venne incontro facendomi una proposta.
Al momento non avrei pagato niente, avrei firmato “ un pagherò “ e se l’eredità fos-
se superiore a 5.000 Euro, avrei pagato 10.000 Euro; se fosse inferiore, avrei pagato solo il 10%.
Concluso l’accordo, firmai l’accettazione dell’eredità e il notaio mi consegnò una bu-
sta che veniva dall’Ambasciata d’Italia in New York.
Nell’interno c’era la copia del testamento redatto dal signor Italo Di Nardo.
Italo Di Nardo lasciava tutti i suoi beni a tutti i nipoti che si chiamavano Italo.
Per avere la mia parte, dovevo andare in America presso lo Studio Notarile....... di
New York ....................................... non più tardi del ......................................
Con i soldi che avevamo, decidemmo che in America, ci andassi da solo.
Mi restavano solo dieci giorni alla scadenza del termine fissato; mi dovevo dare da
fare, non potevo perdere tempo.
Dovevo chiedere il Visto d’entrata, comprare il biglietto di viaggio.
Conseguii il tutto in sette giorni.
Meno male che c’erano gli aerei; se ci dovevo andare con la nave.........te saluto
eredità.
Andò tutto bene, con il mio cattivo inglese mischiato con lo spagnolo, il portoghese
e italiano, riuscii a farmi capire.
In America scoprii che allo studio notarile, alla lettura del testamento eravamo in die-
ci a chiamarci Italo; così l’eredità fu divisa per dieci.
Lo zio d’America era immensamento ricco, più di un marajà.
La mia parte fu di 18.748.230.421.684.870 dollari; una somma che mi diete il giramen-
to di testa.
Era tutta mia, perché era al saldo di tutte le spese.
Non potendola portare in Portogallo, aprii un conto presso: la Banca d’America e del Portogallo.
Portai con me solo mille dollari per le mie piccole spese.
Tornando a casa lasciai indovinare a Maria, di quanto ammontava l’eredità.
Cominciò con mille dollari.
« Le prime due cifre cominciano per 18 ».
Lei disse: « 18.000 dollari ».
« Di più, di più ».
Più di 18.000.000 di dollari non poteva crederci.
Le mostrai il libretto di deposito e lei non riuscì a leggere l’intera somma.
E mò! Che ci faccio con tutti quei soldi?
Pensa, che te ripensa; mi venne un’idea: Avrei creato “ Il mio impero “.
Ho sempre desiderato aiutare i lavoratori delle imprese fallite.
Le avrei ricomprate e riassunti alle mie dipendenze.
Ma per prima cosa mi occorreva una Sede e precisamente un palazzo.
Cercai una Agenzia Immobiliaria, la più grande e la più costosa; dove feci sapere
quello che mi serviva.
Poi, per gestire l’Impero avevo bisogno di Avvocati, Consulenti Finanziari e una
o più di una, impresa di pubblicità.
Con i soldi si ottiene tutto o quasi.
Comunque data la fretta di cominciare e non badando a spese, in un mese, avevo
il mio palazzone; nuovo di zecca.
L’ultimo piano era destnato alla Presidenza e salone riunioni.
Essendo molto pignolo su certe cose, assunsi tutta gente referenziata; le cui referen-
ze, facevo controllare dai miei investigatori.
Quando tutti gli uffici erano al completo; diedi il via ai Ricercatori di Fabbriche in fallimento e dei prodotti commerciali.
Così riaprii le fabbriche di cemento e derivati, di mattoni e derivati, tessili e lavora-
zione di pellami.
Dove non c’erano, le creavo.
Con i soldi che avevo, e come in Italia, ungendo gli ingranaggi certi, comprai nel-l’Alentejo un territorio agricolo, dove mandai a costruire una piccola città che chia-
mai Roma.
La feci costruire con tutto quello che producevano le mie fabbriche, dando lavoro
a tanta gente: portoghese o straniera, purché avesse voglia di lavorare.
Feci costruire case che vendetti a un prezzo accessibile a tutti, scuole, case di cure
e case di riposo per anziani; tutto senza l’aiuto dello Stato, che facevo usare gradui-tamente a tutti i redidenti.
C’era un’ospedale e il personale era tutto pagato da me e le cure venivano pagate a seconda del reddito di ognuno.
C’erano, fabbriche alimentari e non; il cui nome era: Bianchi o Ital Portugal se era
in Portogallo. Ital Spagna o Ital di altri Stati europei.
Una catena di Centri Commerciali dove: gli affitti erano bassi e si vendevano tra l’al-
tro, i miei prodotti a prezzi competitivi (meno di quelli spagnoli o cinesi).
Gli impiegati o lavoratori salariati, avevano dei contratti annuali, che venivano rinnova-
ti secondo la loro produttività.
A gestire tutto questo, c’erano i miei amici o conoscenti, di cui mi potevo fidare come me stesso, come Direttori Generali.
Sapendo di non poter vivere in eterno; ai dipendenti delle varie fabbriche, avevo fatto
un accordo scritto: alla mia morte, gli stessi diventavano proprietari del loro posto di lavoro, così scaricavo il mio futuro sulle loro spalle.
Sinceramente, la Lettera del Notaio mi aveva dato la possibilità di aiutare tanta gente disoccupata che grazie a me, tornava a produrre e stare meglio di come stavano prima.
Se da una parte ero felice, dall’altra non avevo tregua; avevo alle spalle tante persone,
le quali dipendevano da me e dai miei soldi.
Pensandoci bene, stavo più tranquillo prima di ricevere, la lettera del notaio.
Meno male che...era solo un sogno.

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