terça-feira, 16 de novembro de 2010

Sogno n.1 La miniera d'oro anno 2006


Ho sognato di essere uno scrittore di racconti d’avventura.
Mi trovavo in Portogallo alla ricerca di un’idea per un nuovo racconto.
Avevo noleggiato una Opel Corsa e partendo da Lisbona, mi dirigevo verso l’interno del Portogallo.
Ad ogni città, cittadina o paese, mi fermavo un giorno o due, ma poi ripartivo quando l’idea non mi veniva.
Viaggiando, viaggiando, fui sorpreso di notte tra i monti della Serra da Falperra, quando la macchina si fermò.
Di certo fù per mia distrazione, mi ero scordato di fare rifornimento di benzina; chissà a cosa stavo pensando.
E mó! Dove mi trovavo?
Da molto tempo non avevo incontrato case o macchine.
Che dovevo fare?
Di certo non potevo restare in macchina.
E poi, a far che?
Da vero avventuriero o incoscente, lasciai la macchina e cominciai a camminare.
Per fortuna c’era la luna piena, cosi per lo meno vedevo la strada.
Non so quanto camminai né quanto tempo passò.
Ero stanco di camminare, avevo sonno.
Dissi tra me, ancora cinque minuti di cammino e, se non trovo riparo, mi getto sotto un albero e mi metto a dormire, succedesse quel che succedesse.
Non passarono due minuti che, dietro una curva, mi apparì una luce.
Una luce!
Una luce voleva dire tante cose; tra l’altro, una casa.
Come mi avvicinai alla luce, compresi di trattarsi di una casa; anzi di case ce ne erano diverse, ma ad una si vedeva la luce.
E se c’era la luce, voleva dire che c’era ancora qualcuno sveglio.
Mi avvicinai alla porta d’ingresso e non trovando un campanello, bussai alla porta.
Dopo non sò quanto tempo, sentii, qualcuno avvicinarsi alla porta.
« Chi è »? Chiese.
« Io ». Risposi.
Come risposta, di certo non fu convinciente.
« Non vi conosco».
Certo, come poteva conoscermi, se era la prima volta che mi trovavo da quelle parti.
Dissi di essere un viaggiatore rimasto, con la macchina senza benzina, tra i monti.
Cercavo un alloggio, mi accontentavo di dormire, anche nella stalla.
La porta si aprì e vidi che si trattava di una donna di mezza età.
Evidentemente il mio aspetto dava fiducia, tanto è che, mi fece entrare.
Chiesi, se suo marito mi trovava un luogo per dormire, sarei stato pronto a pagare quello che mi chiedeva.
Disse di essere vedova.
« Mi dispiace » dissi.
Mi domandò se avevo fame.
Non ricordavo, quando avevo mangiato l’ultima volta.
Mi dovevo accontentare di quello che c’era.
Le rispose che per me, andava tutto bene.
E mentre mangiavo: pane e formaggio e bevevo del latte, apparve una bella ragazza.
Si vedeva, si era appena svegliata.
Mi alzai dalla sedia, scusandomi del disturbo, mi presentai.
« Mi chiamo Italo Bianchi, sono uno scrittore italiano e mi trovo in Portogallo per scrivere una storia».
La signora Maria: « Se il signore sta alla ricerca di una storia, si trova nel posto giu-
sto ».
Ma data l’ora tarda, ne avremmo riparlato la mattina dopo.
Mi sistemarono in una stanzetta che, di certo era appartenuta alla ragazza.
La stanza odorava di lavanda.
Come mi misi a letto, mi addormentai subito.
La mattina seguente, dopo aver terminato di mangiare un tazzone di latte col pane, ascoltai la loro storia.
Il signor Domingos Ferreira da Silva e la signora Maria da Felicidade, venivano da Chaves, dove avevano un’impresa.
Dopo tanti anni, stanchi della vita di città, decisero di vendere tutto e trasferirsi in campagna.
L’idea di vivere in campagna, li aveva sempre affascinati.
L’aria pulita, il canto degli uccelli, la gente semplice ma sincera….
Tutto questo li attirava.
Cosi, cercando, cercando erano arrivati a Vila Pouca de Aguiar.
Li seguiva una bambina di nome Serena.
A Vila Pouca de Aguiar cercarono una Agenzia Immobiliaria, dove dissero che cercavano una casa con del terreno attorno.
Sì , ce ne era una fatta apposta per loro; si trovava in un paese  di nome Barrela,
poco distante dalla città.
Ma se erano interessati, dovevano parlarne con il proprietário, il signor  Franz Schneider.
Indicò loro dove stava l’abitazione del signor Schneider.
Il signor Franz Schneider era un ricco proprietario terriero ed abitava in una bellis-
sima fattoria, con tanta gente al suo servizio.
Cominciarono a parlare; tra un bicchiere di vino e altro, fu proposto a loro quello
che doveva essere un buon affare.
Insieme alla casa, c’era un bel campo e una miniera d’oro.
Una miniera d’oro?
Avevano capito bene?
La parola miniera d’oro fece loro un certo effetto.
E perché il signor Franz la voleva vendere?
Il signor Franz disse; aveva tante cose a cui pensare.
C’era forse qualcosa di losco?
Essendo vissuti in città erano consapevoli degli imbrogli a gente inesperta.
Il signor Franz vedendo la loro diffidenza, li invitò a tornare il giorno dopo.
Avrebbe fornito prove della sua sincerità.
Il giorno seguente a casa del signor Franz c’erano altri due uomini.
Uno era un’analista minerario e l’altro un notaio.
L’analista portava una pietra e un certificato cui dichiarava che, dentro la pietra
c’erano tracce di oro.
Il notaio, portava il contratto di vendita.
La somma richiesta era di 25 milioni di Escudos.
Un esagerazione! Dove li trovavano tutti quei soldi?
Ma il signor Franz, da come scoprirono troppo tardi, era un volpone, un imbro-
glione della peggiore specie.
Con vari giri di parole, accettò tutto quello che avevano e in più fece firmare al
signor Domingos vari assegni per un valore (interessi compresi) di 15 milioni di Escudos.
Disse che avrebbero pagato con l’oro estratto.
Il signor Domingos non si intendeva di miniere, aveva sempre fatto altro.
Pensava, basta scavare, magari con l’aiuto di qualche altra persona..
Come ne parlò al paese, tutti risero di lui.
L’oro....era dal tempo dei romani che non se ne trovava più.
E quello che mostrò il signor Franz?
Di certo, non veniva da quella miniera.
Il signor Domingos capì di essere stato imbrogliato.
Non si diede per vinto, andò a casa del signor Franz ma! Non solo non li volle
ricevere, ma li fece anche mettere alla porta.
Andarono alla polizia a far denuncia.
Fu detto loro di far causa al signor Franz.
Fare causa ... con quali soldi avrebbero pagato l’avvocato?
Il signor Domingos cominciò a scavare, a scavare fino a quando morì sepolto
da una frana.
Così rimase sola la vedova con la figlia Serena.
Il signor Franz non pretese subito, il pagamento degli assegni, limitandosi ad
aspettare.
Nel frattempo, la signora Maria dovette andare a lavorare per il signor Franz, per
una miseria, un tozzo di pane.
Il signor Franz aveva un figlio di nome Rudy, degno figlio di tanto padre, buono
solo a far bagordi e dar fastidio alle ragazze.
Rudy s’era incapricciato di Serena, la voleva a tutti i costi; ma lei non lo voleva,
era innamorata di Ricardo, un bravo ragazzo, il quale lavorava come ragioniere per
il signor Franz.
Era mal pagato, come tutti gli altri.
Il signor Franz era il più ricco della regione Trasmontana, aveva un albergo, un risto-rante, una banca e vari negozi, nei d’intorni era proprietario di diversi terreni e fatto-
rie; frutto di chissà quali imbrogli.
Il signor Franz aveva stabilito la data del matrimonio tra Rudy e Serena.
Se si rifiutavano, avrebbe messo in pagamento gli assegni firmati dal signor Domin-
gos; solo con il matrimonio il debito si poteva estinguere.
Per di più, il signor Franz pretendeva anche, che Serena restasse vergine fino al matrimonio.
E quella data era prossima.
Rimasi scioccato con quel racconto.
Come poteva succedere al tempo in cui eravamo?
Non ho mai sopportato le ingiustizie e i prepotenti.
Mi venne un’idea. Ma non rivelai loro qual’era.
Mi limitai a dire: « Vorrei comprare la vostra miniera ».
La signora Maria e Serena non ne vollero sapere.
La miniera non valeva nulla e non potevano accettare il mio aiuto.
Dissi: « Ho dei soldi da parte e un’idea per la testa, la miniera avrebbe ridato l’oro ».
E come era possibile? Dissi di lasciare fare a me.
« Con i mezzi moderni, con le sonde, farò sondare tutta la miniera, farò scavare
con le macchine, a costo di arrivare al centro della terra ».
Come disse il Principe Torlonia: « O riuscerò a prosciugare il lago del Fucino o sarà
il lago a prosciugare le mie tasche! » E riuscì a prosciugare il lago.
« Così, o riuscirò a prosciugare la miniera dall’oro, o la miniera prosciugherà le mie tasche ».
Non avevano sentito parlare del Principe Torlonia ma, rimasero convinte delle mie
parole.
Per prima cosa, con l’aiuto di un paesano, andammo a recuperare la macchina rifornendola di benzina.
Poi ci recammo a Vila Real e alla presenza di un notaio, firmai l’atto di aquisto della miniera con tutto il terreno a volta, per un valore di 300.000 €.
Era quello che dovevano al signor Franz Schneider.
Ponendo una clausola: tutto l’oro estratto sarebbe stato diviso a metà.
Rilasciai un assegno della Banca Caixa Geral de Depósitos.
Concluso l’atto, fummo allo studio di un ottimo avvocato consigliatoci dal notaio.
L’avvocato si sarebbe messo in contatto con il signor Franz informandolo della disponibilità di saldare il debito, portando con sé gli assegni firmati dal signor Do-mingos.
Dovendo far fronte alla mia idea, mi congedai dalla signora Maria e Serena dicendo
che, mi dovevo recare in Italia per motivi personali, sarei stato di ritorno al più pre-
sto possibile.
Feci loro promettere di non parlare con nessuno dell’avvenuta vendita della miniera.
Dopodiché andai all’aereoporto di Lisbona dove presi l’aereo per Roma e da lì un
altro aereo per il Sud Africa e precisamente per Johannesburg.
Il giorno seguente fui a far visita al signor Harry Stride.
Il signor Harry Stride era proprietario di alcune miniere d’oro.
Avevo conosciuto il signor Stride quando ero in Africa per scrivere un libro. Duran-
te un safari, gli salvai la vita da un leone.
Il signor Harry mi voleva ricompensare lautamente ma, non accettai, accettai solo la
sua amicizia.
Harry si fece disponibile per il futuro, se avessi avuto bisogno di lui.
Con l’occasione, dall’Italia, gli portavo una confezione di lusso di Sigari Toscani.
Conoscendo il suo vizio, sapevo, li avrebbe accettati con entusiasmo.
Durante il lauto pasto che mi ofrì, gli raccontai degli ultimi avvenimenti e in special
modo, della miniera portoghese.
Dissi di voler rendere al signor Franz, “ Pan per focaccia “.
Harry fu disposto ad aiutarmi.
Così al mio ritorno in Portogallo, trovai fuori dell’aereoporto: un Land Rover con
una cassa di almeno 200 Kg di minerale proveniente da una delle sue miniere.
Grazie alle sue conoscenze e ai suoi soldi, era riuscìto a far superare il controllo del-
la Dogana portoghese.
Conoscendo il percorso e l’interno della miniera, riuscii ad arrivarci senza farmi ve-
dere da nessuno e con tanta fatica, scaricai il minerale che avevo portato, sisteman-
dolo nei punti studiati con Harry.
Finito il lavoro, mi allontanai dirigendomi a Vila Real dove seguendo le istruzioni di Harry, lasciai il Land Rover e mutandomi per un’altra macchina mi diressi verso l’al-
bergo che avevo prenotato da Roma.
Rimasi due giorni a Vila Real, durante i quali mi riposai a dovere.
Ripartii poco dopo per Barrela, presentandomi a casa della signora Maria, portando
a lei e a Serena, dei regali che avevo comprato a Roma.
Fui accolto come un vecchio amico.
Raccontai del mio viaggio a Roma, ma non dissi nulla dell’altro viaggio.
Chiesi se mi potevano accompagnare alla miniera e li giunti raccolsi una pietra a ca-
so; almeno così feci comprendere.
Domandai se conoscevano un minatore per mostrare quella pietra; non lo conosce-
vano ma, se mi dirigevo verso Alfarela de Jales, essendo zona di miniere, di certo
avrei trovato quello che cercavo.
Così feci.
Alla mia richiesta, molti facevano domande ma nessuno mi sapeva dire la composi-
zione della pietra che mostravo.
Ormai molti sapevano che ero il nuovo proprietario della miniera di Barrela.
La maggior parte ridevano di me, mi davano del pazzo per aver comprato a 300.000 Euro,  una miniera che poteva dare solo pietre senza valore.
Dissi che avrei preso alloggio a Vila Pouca de Aguiar, all’Hotel Califfa (sapevo che apparteneva al signor Franz Schneider), e avrei dato una ricompensa, a chi mi procu-
rava un vero minatore, per quanto vecchio che fosse.
Arrivarono falsi minatori, i quali non mi convincevano sulla composizione della pietra.
Dopo pochi giorni arrivò il vero minatore.
All’accompagnatore, diedi 100 Euro.
Era un vecchio minatore, si chiamava João Martin, poteva avere 80 anni.
Disse di aver sempre lavorato in miniera, un pó dapertutto.
Era stato in Belgio, in Germania, in Francia e in Russia.
Volle vedere la pietra; la guardò, sapevo già la risposta.
Lo vidi dai suoi occhi.
Come aveva guardato la pietra, anche se solo superficialmente, mi disse che conte-
neva dell’oro.
Volle sapere dove l’avevo presa.
Dissi di averla raccolta a caso in un monte di pietre d’avanti alla miniera che era appartenuta al signor Domingos da Silva.
Volle che lo accompagnassi sul luogo.
Prendemmo la strada per Alfarela de Jales, prima  di  arrivarci, deviai  per Vreia
de Jales.
Superato il paese, ci trovammo in una zona piena di miniere abbandonate.
Non mi fermai, ma proseguii verso Barrela.
Arrivati, mi fermai d’avanti alla casa della signora Maria da Felicidade che era la
vedova del signor Domingos.
Essendo di domenica, la signora Maria e Serena, non lavoravano.
Presentai il signor João, facendo loro ripetere quello che aveva detto a me.
Alla parola “ Oro “, chiesero se era uno scherzo.
Dissi, se ci volevano accompagnare alla miniera.
Giunti sul luogo, il signor João cominciò a girare tra i mucchi di pietre e ogni tanto, raccoglieva delle pietre.
Le guardava e alle volte le buttava via.
Ma ne aveva trattenute sei.
Tornò verso di noi e mostrandole, disse che contenevano dell’oro.
A questo punto, la signora Maria e Serena, capirono che, non avevamo scherzato.
Il signor João voleva entrare  nella miniera ma, non avevamo nulla per fare luce;
così tornammo verso casa.
Dopo aver pranzato in un’atmosfera gioiosa, con delle lanterne, tornammo alla mi-
niera.
Entrando, chiesi alla signora Maria di mostrare dove era avvenuta la frana che ave-
va ucciso suo marito.
Lasciai loro andare avanti, non mostrando che, c’ero già stato.
Arrivati sul posto, come era da aspettarsi, il signor João trovò il minerale che avevo lasciato e mostrandolo disse: « La frana ha scoperto un filone d’oro che, se era co-
me sembrava, avrebbe fatto tutti ricchi ».
Uscimmo dalla miniera con molte pietre.
Tanta era la gioia di aver trovato l’oro che, sia la signora Maria che Serena, non smettevano di ridere e baciare sia me, che il signor João.
Tornati a casa, feci promettere a tutti di non parlare con nessuno della scoperta del-
l’oro per non essere derubati.
Prima dovevo assumere una sorveglianza alla miniera.
Chiesi al signor João se voleva lavorare per me, non come minatore, bensì come Direttore ai lavori.
Gli avrei dato uno stipendio di 5.000 Euro al mese.
Disse di non avere l’età, cercò di rifiutare, ma poi, pensando a quello che avrebbe guadagnato, accettò.
Era molto di più di quello che prendeva di pensione.
Riaccompagnai il signor João a casa sua e lasciandolo, gli diedi un assegno di 1.000 Euro, dicendo, era un anticipo del suo stipendio.
Il mattino dopo andai a Vila Real e al posto di polizia per chiedere qualche agente per sorvegliare la miniera; non ne avevano, ma, mi indicaro-no dove avrei trovato un’agen-
zia particolare.
Spegato il motivo, mi assegnarono quattro giovanottoni i quali, mettevano paura, solo
a vederli.
Rimasi d’accordo per il loro salario e furono a mia disposizione, quel giorno stesso.
Il vitto e l’alloggio era a mio carico.
Come tornai a Vila Pouca de Aguiar, andai a casa del signor João, fui ricevuto dalla famiglia come un Principe.
Il signor João non s’era stato zitto, aveva detto loro dell’oro trovato nella miniera e dell’incarico di Direttore ai lavori.
Mi chiesero se avevo lavoro anche per loro?
Dissi, per chi aveva voglia di lavorare, il lavoro c’era.
Per il momento avevo bisogno di uomini per fare una buona recinzione della pro-
prietà.
Li avrei pagati 50 Euro, per otto ore al giorno di lavoro.
Sapevo che, il signor Franz pagava 25 Euro per dodici ore di lavoro.
Il giorno seguente, se ne presentarono più di cento.
Volendo fare le cose in regola, avevo bisogno di un ragioniere.
Ricardo, innamorato di Serena, ragioniere alle dipendenze del signor Franz, lasciò
il posto e venne a lavorare per me; per il doppio dello stipendio.
Come c’era da aspettarsi, ricevetti l’invito di recarmi alla fattoria del signor Franz.
A tale invito rifiutai, dicendo: « Se mi voleva parlare, doveva venire  lui da me ».
Venne all’albergo dove alloggiavo ( che tra l’altro era di sua proprietà ).
Mi chiese, a che gioco giocavo, se era vero delle voci che si sentiva in giro.
Come un giocatore di poker, non mostrai il mio gioco.
Se voleva vedere l’oro, doveva andare alla Caixa Geral de Depositos dove era custo-
dito il minerale trovato; e poteva portarsi anche l’esperto che conosceva bene.
Si lamentò di rubargli tutta la gente che lavorava per lui.
Gli domandai, se aveva dei contratti in regola con loro?
Non rispose, perché non li aveva, andò via pronunciando minacce.
Ma chi era questo signor Franz Schnaider?
Quello che venni a sapere, per lo più erano voci, chiacchiere, ma nulla di concreto.
Il signor Franz Schnaider era di nazionalità tedesca, proveniva dalla Bassa Sassonia,
della città di Breme.
Andò in Portogallo nel 1970 con un capitale in Marchi e fissò la sua dimora nei pres-
si di Vila Pouca de Aguiar dove comprò una grande fattoria.
Si racconta, non si sa bene come, riuscì in pochi anni a comperare tutte le proprietà
che stavano a confine con lui.
E comprando con niente, per non dire con pochi Escudos e vendendo poco dopo,
per molti, riuscì a diventare il più ricco della Regione .
Sposò una bella ragazza, figlia di un proprietario terriero che, non si sa bene come,
si rovinò.
In poche parole, si comprò una moglie.
Per un pò, non ebbero figli.
Poi, la moglie ingravidò ed ebbe un figlio che chiamò Rudy.
Sulla storia del figlio, non si conosce bene la storia.
C’é chi dice, sia figlio di un servo che sparì, chi, di un cittadino tedesco che sparì;
fatto stà che, con tante donne che furono abusate da lui, solo la moglie, ingravidò.
Feci fare un buon lavoro di recinzione; anche se mi costò poco più di 15.000 Euro.
La signora Maria, sapendo di dover ricevere la metà dell’oro estratto, voleva che si cominciasse subito a scavare.
Sapendo che l’oro era solo quello che avevo portato dal Sud Africa, cercai di tem-poreggiare, alludendo alla sicurezza dei lavoratori nelle gallerie, vecchie di centinaia
di anni.
Comunque se avevano bisogno di soldi, non avevano che da chiedermeli, glieli avrei detratti nel futuro.
Ad Alfarela de Jales, c’era un palazzetto in affitto, lo presi e lo adibii a uffici e,  mia abitazione.
Così potei lasciare l’Hotel Califfa trasferendomi ad Alfarela de Jales.
La signora Maria, voleva che, andassi a vivere con loro; rifiutai dicendo, non volerla comprometterla, alludendo alle chiacciere della gente del paese.
La notizia dell’oro riemerso, fece il giro del Portogallo e dell’estero.
Eravamo assediati da giornalisti, fotografi e televisione.
Tutti volevano vedere la miniera e l’oro.
Per vedere la miniera, neanche parlarne; se volevano parlare, potevano chiedere al Direttore dei lavori, se volevano vedere l’oro, potevano vederlo alla Caixa Geral de Depositos di Vila Pouca de Aguiar (che non apparteneva al signor Franz).
La recinzione e le guardie (erano aumentate e avevano anche dei cani), non lasciava-
no entrare nessuno che non fosse autorizzato.
Gli operai e tutti gli addetti ai lavori avevano dei tesserini d’identificazione, sapevano
di rischiare il posto, se facevano entrare degli estranei.
I lavori di sgombro, la costruzione dei capannoni che avrebbero contenuto le mac-
chine per la lavorazione del minerale, quelli delle mense, gli alloggi per le guardie, i
nuovi rinforzi alle gallerie, non avevano tregua.
L’orario stabilito,  di otto ore al giorno, veniva rispettato.
C’erano poi, quelli che volevano entrare in società con noi.
Venivano rifiutati.
Purtroppo i miei soldi stavano finendo.
Avevo bisogno di un finanziamento dallo Stato portoghese.
Avere un finanziamento non fu facile, non ero cittadino portoghese e non ero resi-
dente in Portogallo.
Ero proprietario di una miniera, ma non davo garanzie sufficienti dell’esistenza del-
l’oro in grande quantità.
Inoltre, c’era qualcuno che mi ostacolava.
Poi venne, un Sudafricano, non si sà come, pare, fosse proprietario di miniere d’o-
ro in Sud Africa.
Voleva investire un milione di dollari nella mia miniera.
Ma per far questo, doveva avere l’autorizzazione del governo portoghese.
Come si venne a sapere di questo investitore, tornò a farsi vivo il signor Franz.
Voleva ricomprare la miniera e offriva 500.000 euro.
Lo ricevetti nel mio nuovo ufficio.
Dissi: « Quando la miniera non valeva nulla, avete chiesto 25 Milioni di Escudos al
signor Domingos da Silva per una catapecchia, un campo pieno di sassi e una minie-
ra, mostrando una pietra, gli avete fatto credere che, la miniera era ricca di oro .
Per la vostra bramosia, ne avete provocato la morte.
Ora sapete che, l’oro c’è davvero, mi venite a offrire 500.000 Euro.
Per chi mi avete preso?
Se dovessi...se dovessi vendere la miniera ora, come stà, non la venderei per meno
di un Milione di Euro.
Voi siete ricco, possedete tutto........... ; se volete diventare ancora più ricco, dove-
te pagare un Milione di Euro e non un Centimo in meno.
Cercate di decidervi presto, perché, come ricevo l’investimento di un Milione di dol-
lari, farò iniziare gli scavi, e allora……… non venderò più.»
Alla parola, un Milione di Euro, il signor Franz sbiancò.
Cominciò a balbettare: « Unnn Mimilione didi Euro...anche volendo, dove li trovo? »
« Questo non mi interessa, avete una banca, li prendete da lì ».
Il tempo passava.
Erano già arrivati i macchinari per la lavorazione del minerale.
Dovevano arrivare i tecnici per il montaggio.
Tutti i minatori erano impazienti di cominciare il lavoro di scavo.
Avevo detto: « Come saranno montate le macchine, si comincerà a lavorare e con
il primo oro ottenuto, ci sarà paga doppia per tutti.»
Come me l’aspettavo, tornò a farsi vivo il signor Franz.
Cercò di risparmiare 100.000 Euro; fui irrimovibile alla mia richiesta.
Il signor Franz sudava copiosamente.
Eravamo in autunno, alle porte dell’inverno, eppure, sembrava che faceva caldo,
tanto il signor Franz sudava.
« Mi è stato comunicato che domani arriveranno i tecnici; massimo per Lunedí, si comincerà a scavare. Dopo, non venderò neanche per 5 Milioni di Euro.»
Il pomeriggio dello stesso giorno, il signor Franz mi comunicò di accettare la richie-
sta, se andavo dal suo notaio, avremmo firmato la vendita.
Non fidandomi di lui, dissi di preferire il notaio Doutor Francisco Figueiredo di Vila
Real che aveva fatto l’atto tra me e la signora Maria da Felicidade  vedova di Domin-
gos da Silva.
A malincuore accettò la proposta.
Il mattino seguente; il signor Franz accompagnato dal suo avvocato, si fece  trovare
in Vila Real, d’avanti allo Studio Notarile nell’Avenida Duarte Pacheco n.39, alle ore 9.30.
Il notaio aveva già preparato l’atto di vendita.
Il signor Franz Schnaider avrebbe versato nelle mani del notaio quattro assegni di 250.000 Euro, il quale avrebbe verificato la copertura.
Dopodiché avrei firmato l’atto di vendita e il signor Franz, quello di aquisto.
Le spese erano a carico mio, il signor Franz, doveva garantire la gestione del perso-
nale che lavorava, alle mie condizioni.
Quando tutto fu fatto, misi al sicuro gli assegni e mi misi in contatto con la signora
Maria e Serena.
Diedi loro appuntamento presso il notaio per le ore 17.00.
Alla presenza del notaio diedi loro un assegno di 350.000 Euro.
Non sapendo il significato; raccontai loro tutta la storia.
Con quei soldi, si sarebbero rifatti una vita lontana da lì.
Quando il signor Franz avrebbe scoperto di essere a sua volta, stato ingannato, era meglio stare lontani.
Con i soldi che il signor Franz aveva pagato, sicuramente, si sarebbe rovinato, come
lui aveva rovinato tanti altri.
E poi.....mi sono svegliato.

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