terça-feira, 16 de novembro de 2010

Sogno n.3 L'abito non fa il monaco anno 2006

Stavo a sonnecchiare sotto una pianta, al bordo di una strada, quando qualcuno battè nella mia scarpa.
Aprii gli occhi e vidi un signore.
Più che vederlo, lo intravedevo.
Il sole mi stava d’avanti, e quel signore pure.
Fu una mia suggestione o vedevo il sole attraverso di lui?
Quel signore mi parlò: « Italo, che fai lì sdraiato, lo sai che ti aspettano? »
Non riuscivo a capire: chi mi stava aspettando? come sapeva il mio nome? pensai.
Come se mi avesse letto il pensiero, disse: « Al  Paese, non hanno  un  parroco, sono come delle pecorelle smarrite; tu sarai il loro pastore ».
« Ma io non sono un prete, come posso fare il parroco? », dissi.
« A me, nulla è possibile, da adesso in poi, sarai il mio pastore; và e raccogli le mie pecore ».
Chiusi gli occhi e quando li riaprii, non c’era nessuno.
Mi guardai attorno, non c’era nessuno e dato che stavo in una pianura, non c’era modo di nascondersi.
Mi incamminai, non sò quanto, fino a che giunsi in un luogo abitato.
Era una piccola Frazione, c’era gente, passai tra loro, nessuno mi notò, come se non mi vedessero.
I miei passi mi portarono in un luogo dove, chissà  da  quanto tempo, stava  una piccola chiesa.
Ora c’erano solo quattro pareti, mezzo diroccate, una torre, forse  un   campanile e..... sassi tanti sassi.
Era    che  dovevo  fare  il  parroco,  era    che  dovevo raccogliere le pecorelle smarrite.
Come fare? Sapevo di un detto: « Aiutati che, Dio ti aiuta ».
Speriamo bene.
Che giorno era?  Strano, avevo perso la nozione del tempo.
Mi avvicinai a una signora chiedendo: « Che giorno è oggi? »
Mi guardò in modo strano, e poi disse: « È sabato ».
Ringraziai e tornai alla “ chiesa “.
Cominciai a liberare l’interno dalle pietre, alcune erano pesanti, le feci rotolare.
Stavo così assorto al lavoro che non mi accorsi di essere osservato.
Quando  me  ne  avvidi,  chiesi:  « Qualcuno  mi aiuti, domani è domenica e se non facciamo largo, non si può celebrare la Messa ».
Per un pò, mi guardarono, poi senza dire una parola, tutti si diedero da fare e in breve era tutto sgombro e vidi, c’era un bel pavimento.
Ringraziai tutti, e  dopo un pò, non c’era più nessuno.
Pensai: « Se devo celebrare la Messa, dovrei conoscere le parole, almeno avessi un Messale, anche piccolo che sia ».
Non sò se fosse una certa sensazione, misi una mano in tasca della giacca e non ci crederete; c’era qualcosa, come lo tirai fuori, vidi, si trattava di un Messale.
Aprii la prima pagina e oltre l’intestazione, c’era scritto a mano: « A Italo, purché ne faccia buon uso. 6 M.... 19.. ». La data non si leggeva bene.
Chi ce l’aveva messo? Ero sicuro di non averlo prima.
Avevo il Messale, mi dovevo procurare: del pane, dell’acqua e del vino.
Andai in cerca di un negozio, lo trovai, era piccolo e buio, era pieno fino all'invero-
simile, c’era un pò di tutto.
Mi presentai; ero il nuovo parroco e precisavo del pane e del vino, poi un piatto e un bicchiere.
Chiesi, il conto e quando fui per prendere i soldi;  non li avevo, il portafoglio era vuoto, così pure il portamonete.
Rimasi meravigliato; non avevo soldi, come mai?  Non ricordavo da dove venivo, ma strano, di solito portavo sempre i soldi con me, pochi, ma sempre; e ora, come potevo pagare?
Senza quella roba, non potevo celebrare la Messa.
Il padrone del negozio vedendo la mia espressione desolata disse: « Non si preoccupi, mi pagherà quando avrà i soldi ».
Lo ringraziai e tornai là dove sarebbe stata la mia chiesa.
Era già buio, mi raggomitolai in un angolino e mi addormentai.
Fui svegliato dal canto di un gallo.
Andai alla ricerca di una fonte dove mi lavai, le mani e la faccia, poi andai alla ricerca di quello che mi serviva.
Avevo una serie di scatole di cartone, con quelle, costruii un altare, due legni furono sufficienti e legati tra loro, formarono una croce.
Una vecchia pentola e un ferro, sostituirono, la campana.
Alle ore 11 cominciai a girare per il paese, battendo la pentola e chi mi guardava, dicevo: « È domenica, alle ore 12 c’è la Messa, venite in chiesa mi raccomando ».
Alle ore 12 in chiesa c’erano si e nò dieci persone.
Non mi lasciai prendere dallo sconforto, facendo finta che la chiesa fosse piena,chiesi ad un ragazzo, se mi poteva assistere;  ottenuto tale aiuto, cominciai: « Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo ». I presenti risposero: « Amen ».
E così via, fino a quando si arrivò al Gloria.
Secondo la prassi si canta l’inno.
« Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà, eccetera, eccetera. 
Mentre si cantava il Gloria, avvenne un miracolo.
Non eravamo solo noi a cantare; c’era una musica, una musica celestiale e un coro, (di certo di angeli), uniti a noi.
Sulle prime le persone si guardarono tra loro, parlottarono, e si convinsero, di un regi-stratore nascosto.
Dopo l’inno unendo le mani, dissi: « Preghiamo », dopo una breve pausa: tutti giunti pregano in silenzio per pochi minuti.
Poi la Messa continuò.
Prendendo una lettura a seconda del tempo, una persona si accinse a leggere:
« Lettura del Primo Libro dei Re ».
Terminata la lettura, il lettore dice: « Parola di Dio ».
E i fedeli rispondono: « Rendiamo grazie a Dio ».
Un’altra donna legge il Salmo Responsoriale.
A seguire si ha una seconda lettura prima del Vangelo.
Un’altra persona legge:« Lettura da Epístola dell’Apostolo San Paolo ai Romani ».
Terminato di leggere la seconda lettura, il lettore dice: « Parola di Dio ».
E i fedeli ripetono: « Rendiamo grazie a Dio ».
Segue il canto de: Alleluia.
Prima di leggere il Vangelo, dico: « Il Signore sia con voi ».
E i fedeli rispondono: « E con il tuo spirito ».
Dpodiché dico: « Dal Vangelo secondo S. Marco ».
E nel medesimo tempo, faccio il segnale della croce sopra il Messale e poi sopra me stesso, nella fronte, nella bocca e nel petto.
E lo stesso fanno i fedeli, dicendo: « Gloria a te, o Signore ».
Terminato di leggere il Vangelo, dico: « Parola del Signore ».
E i fedeli rispondono: « Lode a te, o Cristo ».
Seguendo, bacio il Messale, dicendo in silenzio: « Per questo santo Vangelo, perdonaci, Signore ».
Poi comincio, per prima cosa, a parlare di quello che avevo letto, dopo, racconto quello che mi è accaduto, del perché sono giunto al loro paese.
Finita la predica, dopo una breve pausa, dico: « Credo ».
Terminata la professione della fede, prendo il piatto con il pane e sollevandolo un poco dico con voce alta: « Benedetto sia, Signore, Dio dell’universo, per il pane che riceviamo dalla vostra bontà, frutto della terra e del lavoro dell’uomo che oggi ve lo presentiamo e che per noi si va trasformando Pane della vita ».
In seguito, ponendolo sull’improvvisato altare.
I fedeli rispondono: « Benedetto sia Dio per sempre ».
Poi il mio aiutante, mi versa nel bicchiere, del vino e poca acqua.
Dicendo a voce alta: « Benedetto sii, Signore, Dio dell’universo, per il vino che ricevia-
mo dalla vostra bontà, frutto della vite e del lavoro dell’uomo che oggi ve lo presentiamo e
che per noi si và trasformando in vino della salvezza ».
In seguito, lo poso sull’altare.
Poi stando di lato dell’altare mi lavo le mani dicendo in silenzio: «  Mi lavai, Signore, della mia iniquità e mi purificai del mio peccato ».
Poi, stando nel mezzo dell’altare e voltandomi verso i fedeli, aprendo e unendo le mani, dico: « Pregate, fratelli, perché il mio e il vostro sacrifício sia accettato per Dio Padre ».
E i fedeli rispondono: « Ricevi o Signore per le tue mani questo sacrifício, per la gloria
del tuo nome, per il nostro bene e di tutta la santa Chiesa ».
Aprendo le braccia dico: «  Il Signore sia con voi ».
E i fedeli rispondono: « E con il tuo spirito ».
Alzando le mani, continuo: « In alto i nostri cuori ».
E i fedeli rispondono: « Sono rivolti al Signore ».
Di braccia aperte, aggiungo: « Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio ».
E i fedeli rispondono: « È cosa buona e giusta ».
Continuo Il Prefácio di braccia aperte, finendo per dire: « Per questo mistero di salvezza, uniti ai cori degli angeli cantiamo esultanti la tua lode ».
Poi tutti insieme cantiamo: « Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli ».
E quando dissi: « Uniti ai cori degli angeli ». Ancora una volta, insieme a noi, si udirono altre voci cantare.
Poi aprendo le braccia, dico : « Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura ».
Tracciando il segno della croce, una sola volta, simultaneamente sopra il pane e il bicchie-re dicendo: « Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.»  
Unendo le mani pronuncio ben chiaro le seguenti parole: « Nella notte in cui fu tradito...».
Prendendo il pane e sollevandolo un poco dall’altare, continuo.  
Mostrando ai fedeli il pane consagrato, lo poggio sul piatto, chinandomi.
Poi continuo dicendo: « Dopo la cena, allo stesso modo ».
Prendendo il bicchiere e sollevandolo un poco, continuo...
Mostrando ai fedeli il vino, lo poggio sul piano, inginocchiandomi.
In seguito dico: « Mistero della fede ».
E i fedeli rispondono: « Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta ».
Aprendo le braccia, dico: « Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della tua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio vivo e Santo...».
Unendo le mani dico: « Per questo sacrificio di riconcigliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero...per sempre della tua gloria, in Cristo nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene ».  
Prendendo il bicchiere e il piatto con il pane e, sollevandolo, dico: « Per Cristo, con Cri-sto e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli ».
I fedeli rispondono: « Amen ».
Avendo collocato il bicchiere e il piatto sopra l’altare, con le mani giunte dico: « Prima di partecipare al banchetto dell’Eucaristia, segno di riconciliazione e vincolo di unione fraterna, preghiamo insieme come il Signore ci ha insegnato ».
E tutt’insieme diciamo: « Padre nostro, che sei nei cieli.....rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,ma liberaci dal male ».  
Di braccia aperte, dico da solo: « Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo ».
Dopo unisco le mani.
I fedeli conclusa la mia orazione, acclamando rispondono: « Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli ».
Di seguito, con le braccia aperte e con voce alta dico: « Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli; « Vi lascio la pace, vi dò la mia pace » non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli, dei secoli ».
E i fedeli rispondono: « Amen ».
Stendendo e unendo le mani, dico: « La pace del Signore sia sempre con voi ».
I fedeli rispondono: « E con il tuo spirito ».
Dicendo: « Come figli di Dio della pace, scambiatevi un gesto di pace ».
E voltandomi verso il mio aiutante, lo abbraccio dicendo: « Pace di Cristo ».
Così pure con tutti i fedeli che, a loro volta, si scambiano il segno di pace.
Di seguido, prendo il pane, lo spezzo e ne lascio cadere un pezzo nel bicchiere dicendo in silenzio: « Questa unione del corpo e do sangue di nostro  Signore Gesù Cristo, che andiamo recevere, ci serva per la vita eterna ».
Poi dicendo: « Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi ».
E i fedeli rispondono: « Abbi pietà di noi ».
Continuo dicendo: « Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi  ».
E i fedeli ripedono: « Abbi pietà di noi ».
Termino dicendo: « Agnollo di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace ».
E i fedeli ripetono: « Dai a noi la pace ».
Inginocchiandomi, prendo il pane, lo alzo un poco sopra il piatto dico a voce alta: « Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco l’Agnelo di Dio, che toglie i peccati del mondo ».
E insieme con i fedeli, aggiungo: « O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato ».
E in silenzio dico: « Il Corpo di Cristo mi guardi per la vita eterna ».
Mangio un pezzetto di pane.
Di seguito prendo il bicchiere e in silenzio dico: « Il Sangue di Cristo mi guardi per la vita eterna ».
E bevo un sorso di vino.
Poi al mio aiutante, lo comunico dicendo: « Il Corpo di Cristo ».
Gli do un pezzetto di pane intinto nel vino.
Lui risponde: « Amen ».
Così faccio con tutti i fedeli presenti.
Terminata la comunione, torno all’altare e termino il pane, bevendo il resto del vino, pulendo con il fazzoletto (pulito), sia il piatto che, il bicchiere.
Poi non avendo una sedia, mi rivolgo ai fedeli dicendo: « Preghiamo ».
Ad ogni intervallo, i fedeli rispondono: « Amen ».
Dopodiché dico ai fedeli le seguenti parole: « Quando si udí il canto, non era un apparecchio nascosto come voi avete pensato, quando sono arrivato non portavo nulla, solo quello che indosso, senza neanche un soldo, dovete credermi, come disse il Signore Gesù Cristo: « Beati quelli che credono senza vedere, che quello che credono solo dopo aver visto ».
Aprendo le braccio dico: « Il Signore sia con voi  ».
E i fedeli rispondono: « E con il tuo spirito ».
E benedicendoli dico: « Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo ».
E i fedeli rispondono: « Amen ».
Di seguido con le mano giunte dico: « La Messa è finita, andate in pace ».
E i fedeli rispondono: « Rendiamo grazie a Dio ».
Poco prima che i fedeli se ne vanno via, chiamo il mio aiutante, approssimatosi, gli domando: « Come ti chiami »?
E lui con difficoltà risponde: « Pietro ».
E aggiungo: « Come disse il Signore: Pietro, su questa pietra, edificherò la mia chiesa ».
Tenendogli la mano sul capo dico: « Pietro se tu vorrai, d’ora in avanti, sarai il mio aiutante ».
E Pietro rispose: « Si, grazie ».
Poi seguì gli altri.
Finita la celebrazione, riponendo un una busta sia il piatto, che il bicchiere, uscii dalla chiesa e cominciai a camminare.
Avevo un pò di fame, dovevo trovare qualcuno che mi invitasse a pranzo.
Dopo un poco, giunsi ad una misera casa.
Bussai, mi venne aperto; mi presentai e fui invitato ad entrare.
Erano a tavola, non avevano cominciato, mi fecero accomodare.
La famiglia riunita era composta de: un uomo, una donna e tre bambini; il più grande aveva cinque anni.
Il pranzo domenicale era composto solo da zuppa di verdura.
Non era sufficiente per sfamare quella famiglia, eppure, vollero dividerlo con me.
Ero commosso, gli occhi erano gonfi di lacrime.
Feci il segno della croce e recitai dicendo: « Ti ringraziamo Signore del cibo che stiamo per prendere, fate che non manchi a nessuna persona nel mondo ».
Mentalmente pregai il Signore di aiutare quella famiglia.
Mentre mangiavamo, vidi l’uomo, aveva difficoltà ad usare la mano destra, domandai cosa aveva, rispose: « Ero muratore, lavoravo, poi mi ammalai, e con me, si ammalò pure la mano, da quel giorno non potei più lavorare e per sfamare la famiglia, chiedo le elemosina e raccolgo erba per i campi ».
Finito di mangiare, gli presi la mano e con una crema che trovai nella mia tasca (prima non c’era, ne sono sicuro), cominciai a massaggiargliela.
Gli lasciai il vasetto di crema dicendogli, di massaggiare la mano, ogni volta, ne sentisse il bisogno, poi ringraziandoli per il pranzo, uscii.
Proseguendo il mio giro, visitando con il permesso, i bisognosi e gli ammalati dando loro un pó di conforto e alle volte (come per miracolo), quello che trovavo nelle mie tasche.
Verso sera, i miei passi mi portarono ad un antico palazzetto; bussai alla porta, mi venne aperto.
La ragazza che mi aprì mi chiese chi ero, dissi che ero atteso; mi fece accomodare, fui ricevuto da una signora di mezza età.
Mi disse del miracolo che avevo compiuto.
Miracolo, che avevo compiuto? Quale miracolo?
Mi disse di Pietro, del ragazzo andicappato che avevo guarito.
Dissi, se c’era stato un miracolo, di certo non era per opera mia, ma della volontà del Signore.
Disse, con le lacrime agli occhi, di avere un figlio ammalato, l’ultimo dei cinque figli che erano morti per una malattia, a detta dei dottori, incurabile.
Anche il marito era morto, per la stessa malattia.
Aveva tanto pregato il Signore, che alla fine aveva perso la fede, dopo tante morti; mi pregò di salvare suo figlio.
Chiesi di portarmi da suo figlio.
Era al letto e come lo toccai, sentii che scottava.
Misi automaticamente la mano in una tasca, non trovai nulla, cercai nelle altre tasche; nulla di nulla, allora presi il Messale per pregare il Signore di venirmi in aiuto; e, come per miracolo, il Messale, si era trasformato in un libro di suggerimenti.
Chiesi alla signora di dirmi, il male che i dottori avevano diagnosticato, mi mostrò il risultato delle analisi fatte.
Vidi il nome della malattia, guardai nel Messale e trovai il rimedio per tale male.
Chiesi, il permesso di poter utilizzare la sua cucina e ottenendolo, mi ci recai.
Chiesi alla domestica di procurarmi ciò che avevo bisogno e dopo un pò, avevo quello che mi serviva.
Per abbassare la febbre, affettai una cipolla e cosparsi per terra le fette; feci calpestare la cipolla a piedi scalzi il ragazzo malato, e restarci sopra almeno mezz’ora.
Per l’altra malattia, preparai un cataplasma d’uovo e camomilla fatto così:
due cucchiaini di olio di ricino, una manciata di fiori di camomilla  e  un uovo.
Preparato in questa maniera: in una padella versai l’olio di ricino e i fiori di camomilla che feci dorare a fuoco basso, poi aggiunsi un uovo intero e feci cuocere come se stes-si a preparare una frittata; poi rovesciai la frittata in un panno pulito e strofinai con vigo-re sulla schiena il cataplasma ben caldo  dalle spalle alla cintura, e per finire, gli feci indossare  un pigiama rosso.
Tutto questo, seguendo le istruzioni riportate nel Messale.
Finito il trattamento, feci per andare via ma la signora il cui nome era Clotilde, mi pregò di restare, con la scusa di stare vicino a suo figlio.
Il giorno successivo, il ragazzo stava meglio, la febbre era scomparsa e i dolori che sentiva, si erano alleviati.
Per sapere se era guarito da quel cattivo male; bisognava aspettare, ripetere il massaggio per una settimana e avere fede nel Signore.
Mi diressi verso la chiesa; ad aspettarmi, c’era mezzo paese.
Tra loro c’era la famiglia di Pietro (il ragazzo deficiente), non faceva che ringraziarmi del miracolo.
Dissi di non aver fatto alcun miracolo, se c’era stato un miracolo, dovevano ringraziare il Signore, non me che ero solo un umile servo al suo cospetto.
In ogni modo se volevano ringraziare il Signore, potevano farlo in due maniere: aiutarmi alla ricostruzione della chiesa, venire in chiesa tutte le domeniche e pregare.
C’era pure la moglie del muratore con la mano destra anchilosata; mi disse che, quella mattina erano venuti a chiamare il marito per lavorare e dopo che ero stato da loro, ave-vano ricevuto diverse visite, ricevendo ogni volta, cibo e vestiario; era molto contenta.
Dissi anche a lei, quello che avevo detto agli altri; li aspettavo in chiesa tutte le domeni-che.
Cominciarono i lavori; chi portava una cosa, chi ne portava un’altra.
Una impresa di una cava di pietra, portò un camion di scarti di pietra e disse, ne avrebbe portato altri, quando ne avremmo avuto bisogno.
La domenica successiva, la chiesa era piena.
Si stava in piedi perché non c’erano panche, ma nessuno si lamentava.
Quella domenica all’offertorio, mi portarono un cesto di pane, così potei comunicare tutti e ne avanzò per i bisognosi.
Durante la predica, parlai del Signore: dissi che era contento di loro e che lo sarebbe stato di più, se tutti avessero dato una mano a chi ne avesse di bisogno, di non pensare solo a loro stessi; dissi: chi avrebbe dato una mano ne avrebbe ricevute due.
Così fù per i negozianti; mai fino ad allora, i loro affari andarono bene, dopo aver aiutato chi ne aveva bisogno.
La domenica successiva, c’era tanta gente, si poteva pensare che tutto il paese voleva entrare in chiesa; ma non c’era posto.
Capii che volendo ricostruire la chiesa come l’originale, era molto piccola per tanta gente.
Non essendo stato fatto il tetto, si smantellarono due pareti e si ricostruirono più in là.
Vedere come stava venendo la nuova chiesa, ci sarebbe entrato di certo, tutto il paese, comodamente seduto.
Il tempo passò; stavo in casa della signora Clotilde ormai fisso.
La signora Clotilde, dopo la guarigione, inspiegabile (a detta dei dottori) di suo figlio, non volle lasciarmi andare via, mettendomi a disposizione tutto quello che era appar-tenuto al marito.
Ringraziai, anche perché non avevo un luogo dove dormire, e all’aperto non era con-sigliabile.
Quello che facevo con i metodi naturali per curare i malati; per loro, una volta guariti, erano stati miracolati; per me era solo il metodo, che faceva bene.
Comunque la notizia si sparse da per tutto, che cominciarono ad arrivare ammalati da vari siti.
Non ebbi un attimo di pace, mi dovevo occupare dei malati del paesino e di quelli che venivano da fuori.
La gente del paesino, prese  a chiamarmi Padre-dottore.
Anche perché in quel posto, non c’era né un Centro  Medico, né una Farmacia.
Il mio metodo di cura non fu apprezzato da tutti; specie dai medici del paese maggiore, né dalla città vicina.
Fui chiamato dal Sindaco del paese maggiore per essere messo a posto, ma poi non fece nulla; anche lui stava male, e aveva un famigliare da curare.
Così fu dal Sindaco della città.
Poi avvenne una cosa inspiegabile.
Cominciò a piovere dal lunedì e tutti i giorni che seguirono; ero preoccupato, la do-menica si avvicinava e nella chiesa non c’era ancora il tetto.
Che avrei fatto?
Fino a quel giorno non aveva mai piovuto.
Ma! Avevo fede nel Signore, di certo non mi avrebbe abbandonato.
Arrivò la domenica e la pioggia non parò.
Mi recai alla chiesa, riparato con un ombrello.
Quando entrai........rimasi bloccato; mi trovavo sotto l’arco di quella che doveva diventare una porta d’ingresso, al di fuori pioveva a catinelle, nell’interno, era asciutto, non cadeva una goccia d’acqua; se quella non era Opera del Signore, di chi era?
Mi inginocchiai e lo ringraziai; poi corsi alla torre campanaria e cominciai a tirare la corda che comandava la campana.
Continuai a tirare, fino a quando non cominciò ad arrivare gente per vedere cosa suc-cedeva in chiesa; potete immagginare come restarono nell’entrare in chiesa.
Mentre mi preparavo per celebrare la Messa, qualcuno continuò a suonare la campana, qualcuno tornò indietro per avvertire gli altri e tra quelli che sentirono la campana e quelli che furono chiamati con il passa-parola, poco dopo la chiesa era piena di gente del paese e di quelli vicini.
Celebrando la Messa, chiesi a tutti di unirsi a me, per ringraziare il Signore con queste parole: « Il Signore é il mio pastore: nulla mi mancherá ».
« Il Signore é il mio pastore: nulla mi mancherà. Mi porta a riposare in  verdi prati, mi conduce alle acque rifrescanti e riconforta la mia anima ».
« Lui mi guida per sentieri dritti per amore del suo nome. Anche se devo andare per valli tenebrose, non temerei nessun male, perché Voi state con me: il vostro bastone e il vostro pastorale mi riempie di confidensa ».
« Per me prepari una tavola allo sguardo dei miei avversari; con olio mi profumerai la testa e il mio calice transborda ».
« La bondà e la grazia mi  acompanharà  tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per sempre ».
Ripetendo ogni volta: « Il Signore é il mio pastore: nulla mi mancherà ».
Ancora una volta comunicai con il pane e con il vino.
Arrivò Dicembre e con Dicembre il Natale, la chiesa era coperta e per innaugurarla, ce-lebrai cinque matrimoni e otto battesimi.
Le cose andavano bene, ai miei fedeli non chiedevo nulla se non fosse di  loro volontà per: i matrimoni, battesimi, funerali e messe per defunti.
Il 24 ci fù la messa di mezzanotte e dopo aver dato la benedizione, prima di mandare via i fedeli, annunciai la buona notizia.
« In questo momento in una casa fuori del paese è nato un bambino, anche lui come Gesù, figlio di povera gente. Come Gesù ricevette i doni dai pastori, questo bambino riceverà i doni da tutti noi. Domani dopo la messa, andremo a fargli visita e ognuno porti quel che può ».
Il giorno seguente, avevo una coperta che avevo chiesto alla Signora Clotilde e dopo la funzione, come promesso, ci dirigemmo verso il luogo che non conoscevo ma che il Signore guidava i miei passi.
Dopo aver lasciato la strada comunale, prendemmo un sentiero di campagna e poco dopo arrivammo presso una casa, non si poteva chiamare casa tanto era malandata, era fatta con tutte le parti rimediate sicuramente nelle discariche.
Bussai alla porta e dopo aver detto chi ero, mi fu aperto.
Aveva una sola stanza che faceva da cucina, sala e camera da letto.
Il pavimento era di terra battuta, coperta con dell’erba secca.
In un lato sopra un letto coperto di stracci, c’era una giovane donna che teneva tra le braccia il suo bambino.
Distesi la coperta su di loro e inchinandomi, baciai il piedino del piccolo che sembrava la rincarnazione di Gesù Bambino, poi uscii per lasciare il posto agli altri venuti.
C’era tanta gente, più di quella che conteneva il lugar, tra tanta gente, c’era anche il  Sindaco del paese.
Il suo dono fù, la promessa di far costruire una nuova casa al posto della baracca.
Fù un Natale felice.
Poi un giorno arrivò una macchina. Alla guida c’era un prete, con tanto di abito.
Chiese di me e, trovandomi, disse che il Vescovo mi voleva vedere subito.
Non avendo la macchina, salii accanto a lui.
Giunti all’Arcivescovato, fui fatto accomodare in una sala di attesa.
L’attesa fu lunga, passai il tempo a leggere il Messale.
Nell’interno, vi trovai tanti consigli; di come mi dovevo comportare e di quello che dovevo dire.
Dopo una lunga attesa, fui introdotto alla presenza del Vescovo.
Il Vescovo mi porse la mano con l’anello; invece di baciarla, gliela strinsi.
Mi dissero di inginocchiarmi, risposi, lo facevo quando pregavo il Signore.
Volle sapere a quale Seminario avevo studiato e chi mi aveva fatto Padre.
Raccontai quello che mi era accaduto, dell’incontro con il Signore.
Il Vescovo si mise a ridere e gli altri Preti presenti, con lui.
Mi disse, anzi mi ordinò di abbandonare il paese, di non celebrare più Messe.
Chiesi, chi mi avrebbe sostituito?
Disse, erano cose che non mi riguardavano.
Non mi riaccompagnarono al paese e così dovetti tornarci a piedi.
Il Signore era con me, e dopo un paio di chilometri, si fermò una macchina.
Era un mio parrocchiano che mi diede un passaggio e dato che le cose che accadono in un paese, si spargono in un baleno, volle sapere, cosa voleva il vescovo da me.
Gli dissi quello che mi aveva ordinato; rimase male e dopo avermi lasciato  alla casa della signora Clotilde, andò a raccontarlo a tutti.
Ero nella mia stanza e mi confortavo, leggendo il Messale, quando sentii giù nella strada un gran chiasso.
Mi affacciai alla finestra e vidi radunata d’avanti alla casa una grande moltitudine.
Come mi videro, mi chiesero di scendere giù.
Poi cominciarono a parlare tutt’insieme.
Volevano sapere..........chiedevano.............non sapevano neanche loro cosa. Dissi, di non mettersi a fare questo o quello, il Signore ci avrebbe aiutati.
Aspettammo, giunse la domenica e non arrivò nessun sostituto.
Alle ore 12 come era di costume, mi recai alla chiesa seguito dalla gente del paese.
Entrammo in chiesa, celebrai la Messa, terminai, dopo la benedizione e la frase:
« La Messa è finita, andate in pace ».
Solo allora, le porte della chiesa si aprirono.
Indovinate chi c’era fuori?
Un Prete mandato dal Vescovo.
Era arrivato, ma non poté intrare in chiesa, perché le porte erano chiuse.
Mostrai le porte, non avevano serrature, se erano chiuse, il Signore doveva saperne qualcosa; di certo, non voleva che si disturbasse la funzione.
Andó via; di certo per riferirlo al Vescovo.
La domenica successiva, il prede, Padre Francesco si presentò di mattina presto e alle ore 11 andó in chiesa.
Alle ore 11,30, cominciò a suonare la campana.
La suonava da solo, non c’era andato il campanaro.
La gente era radunata in piazza, non si muoveva per andare in chiesa, voleva me, al posto del Padre  ma io non potevo; erano gli ordini del vescovo, non potevo celebrare.
Dissero, se non celebravo, non sarebbero andati più in chiesa .
Che potevo fare? Chiesi aiuto (come al solito) al Messale e: trovai la soluzione.
Mi recai nel monte degli ulivi.
Monte degli ulivi; non era altro che, una collina, dove in cima, c’erano due piante seco-lari di olive.
Come un gregge di pecore, tutti i paesani, mi seguirono.
Arrivato in cima, mi accinsi a celebrare la Messa.
Il Padre, non vedendo arrivare i fedeli, uscì dalla chiesa e non vedendo nessuno, salì in macchina e si mise a girare per il paese.
Gira, che te rigira, alla fine arrivò al Monte degli ulivi, dove vide una gran moltitudine di persone inginocchiate per terra, ad assistere alla Messa.
Cominciò a suonare il clacson, tanto che, fui obbligato ad interrompere la funzione re-ligiosa.
Avvicinandomi alla macchina, domandai: perché disturbava la funzione?
Lui disse: non dovevo celebrare, erano gli ordini del Vescovo.
Dissi:«Il Vescovo mi ha proibito di celebrare la Messa in chiesa, non nel monte ».
Lui andò via, lasciandomi continuare la funzione.
Qualche giorno dopo, fui di nuovo richiamato dal Vescovo.
Non era per aver trasgredito ai suoi ordini; era più grave.
Come giunsi all’Arcivescovato, fui accompagnato subito dal Vescovo e come mi vide, mi mostrò un foglio dove c’era scritto: « Che diavoleria hai fatto, perché non posso più parlare? ».
Risposi che  non avevo fatto nessuna diavoleria, quello che gli era successo, lo doveva al Signore.
Dissi: « Il Signore è il nostro padrone, Lui comanda la vita e la morte; se ha voluto la vostra voce, se l’era presa. Non posso farci nulla ».
Il Vescovo andò su tutte le furie, scaraventò per terra, tutto quello che stava sulla scrivania e non solo; mi afferrò per il bavero della giacca e cominciò a scuotermi come fossi un fuscello.
Lasciai che si sfogasse e, quando gli altri Padri riuscirono a calmarlo, dissi al Vescovo, doveva umilmente chiedere al Signore che gli facesse la grazia di ridargli la voce.
Stava solo a Lui, il potere di accontentarlo, non a me.
Salutai rispettosamente e me ne tornai al paese.
Passata più o meno una settimana, fui, un’altra volta richiamato dal Vescovo.
Come entrai nell’Arcivescovato, vidi che i Padri erano felici e quando fui alla presenza del Vescovo; il Vescovo mi venne incontro ed abbracciarmi, dicendomi: « Grazie, gra-zie, grazie per avermi aperto gli occhi; grazie a voi, ho potuto provare la potenza del Signore, non sò come ringraziarvi ».
« È semplice »; dissi. « Ordinandomi Padre ».
« Ci penserò »; disse.
Tornai contento al paese e quando arrivai, chi mi incontrava, vedendomi in quello stato di spirito, si congratulava con me.
Avvicinandosi la Domenica, arrivò una macchina con un Padre e come scese,
cominciò a spargere la voce, dicendo che nella domenica, sarebbe venuto il Vescovo e ci sarebbe stata una grande cerimonia.
Sapevo già di che si trattava; non ne avevo parlato, perché non sapevo cosa avrebbe deciso il Vescovo sulla mia proposta.
La domenica, arrivarono varie automobili, oltre al Vescovo, era presente: la Stampa e la Televisione.
Per il paesino era un avvenimento.
La chiesa era gremita di gente; stavo con i miei parrocchiani, pronto per assistere alla Messa, quando da un altoparlante, mi sentii chiamare.
Era il Vescovo a chiamarmi.
Mi volle vicino a Lui; poi sempre tramite il microfono, annunciò a tutti, che quel giorno ci sarebbe stato un Padre in più.
Fui mandato nella sacrestia dove gli altri Padri mi prepararono e quando fui pronto, entrammo in chiesa.
La cerimonia fu bellissima e alla fine, il mio nome si era arricchito con il nome di Padre Italo di Gesù.
Così finì il sogno.

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