quarta-feira, 17 de novembro de 2010

Sogno n.6 E.......il tempo passò anno 2006

Tornavo da Roma dove ero stato a far visita a mio padre.
Ci ero andato da solo, perché Maria aveva una mostra e non mi accompagnò.
Come dissi prima, tornavo da Roma.
A Fiumicino salii sull’aereo nell’orario previsto e mi sedetti accanto ad una ragazza.
Non era né italiana, né spagnola, né portoghese o brasiliana (l’avrei capita),
parlava con altre due (forse amiche) in una lingua che non capivo (per me, era arabo); non sapevo se era arabo, ma in Italia, tutto quello che non si capisce, è arabo.
L’aereo partì in orario ed in orario arrivò a Lisbona.
Solo che..............avevamo un ritardo di cinque anni.
Come era possibile?
Quando ci fù annunciato, nessuno ci volle credere.
L’aereo una volta atterrato, fu guidato verso un hangar e una volta scesi, fummo sottoposti a delle visite, ci fecero un sacco di domande, che nessuno poteva rispondere.
Per noi era tutto passato nello stesso tempo di tanti altri viaggi.
Avevamo mangiato, avevamo guardato la televisione, parlato (almeno gli altri), letto i giornali (italiani e stranieri).
Insomma per noi era passato tutto normale.
Solo che di anormale, c’erano di mezzo cinque anni.
Che ci era successo?
Venimmo a sapere che; molte donne avevano partorito, come la ragazza che era vicino a me e le altre due (amiche).
Dove?
E i figli dov’erano?
Ci fu una confusione a non finire.
C’era chi piangeva, chi ci scherzava sopra,e chi era preoccupato degli affari persi.
Pensavo a mia moglie, chissà come stava.
Cinque anni.
Era da non crederci; eppure erano passati cinque anni.
Come passa veloce il tempo fuori dagli aerei
In quei cinque anni mi erano successe varie cose:
La tessera multibanco era scaduta (così con potevo prelevare);
la Carta d’Identità italiana era scaduta;
Tornato a casa, mia moglie mi aveva sostituito con un ucraniano; la pensione era
stata sospesa; mio padre era morto e la parte mia dell’eredità era stata divisa tra
i miei figli.
Per fortuna, a mia moglie, dopo la mia presunta morte, mio padre le aveva deposi-
tato, sul suo conto, 50.000 €.
Mia moglie, si trovava bene con l’ucraniano e non lo avrebbe lasciato per me; così
in quella che una volta era la mia casa, ero un ospite un pò scomodo.
Non è che m’importava molto, quello che avevo sempre voluto, era, la felicità di
mia moglie.
Solo che, per vivere, avevo bisogno della mia pensione.
Andai a Lisbona, all’Ambasciata italiana per dimostrare che non ero morto nel (disa-stro aereo, come ne avevano parlato i giornali e la televisione), ma ero vivo, anzi vivissimo.
L’impiegata dell’ufficio Consolare non era Simonetta ma, una nuova che non mi conosceva e anche se dimostravo con il documento, la mia identità, disse che, per la Legge ero morto e se rivolevo la pensione, dovevo andare a Roma e farmi riconoscere.
Bel pasticcio mi avevano messo quei misteriosi cinque anni.
Tornai a casa e chiesi 1.000 Euro per andare in Italia; Maria disse che mi avrebbe dato quello che restava dei 50.000 Euro datogli da mio padre.
Dissi che a me sarebbero bastati solo 1.000 euro; a Roma sarei stato, a casa: di mio fratello o da mia sorella Lidia.
Andammo a Santarém alla banca dove prelevò 1.000 Euro e me li diede.
Il giorno seguente andai alla stazione e presi il treno per Lisbona e da lì per l’aereoporto.
Mentre stavo facendo la fila al bancone dell’Alitalia, mi si avvicinò uno sconosciuto che, in perfetto italiano mi disse: «Vorresti sapere cosa successe durante i cinque anni?»
Risposi che, anche se lo avessi saputo, non sarebbe cambiato nulla.
Il tempo..............non torna indietro.
Poi mi svegliai.  

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